Giuseppe Lupo è uno scrittore “aggregante”, favorisce una coesione sociale sulla “piazza” dei ricordi. I suoi libri sono collezioni di istanti catturati per non perderli e per trasformarli in memoria. Il lettore, accompagnato dall’autore, si ritrova in questi istanti e li vive intensamente, ripercorrendo segretamente l’itinerario della propria vita. E ne parla a casa, nelle presentazioni e soprattutto sui social. In questo senso Lupo genera un naturale dibattito frutto del confronto e la vicenda del singolo diviene collettiva.
Nel suo ultimo lavoro ” Gli anni del nostro incanto” (Marsilio), l’autore “mette in scena” un romanzo dal sapore teatrale e al tempo stesso cinematografico. Un dialogo a più voci riempie la “stanza” e le pagine di una storia italiana, partendo dalla fotografia in copertina. Attraverso questa immagine Lupo è abilissimo a narrare un contesto privato con la sua consueta sensibilità; e quel privato si trasforma magicamente nelle esistenze di ciascuno di noi. In lontananza è possibile avvertire sottofondi musicali che decantano un’epoca lontana e rimpianta. Quelle canzoni capaci di raccontare, di evocare la vita italiana nel tragitto dagli anni sessanta agli anni ottanta.
Si avverte la voglia di prendersi tutto il vento nuovo possibile a bordo della Vespa, simbolo di questo libro e al tempo stesso nazionale. Quel vento di libertà che accarezza e scompiglia. Due ruote come due gambe ben piantate a terra per viaggiare sicuri, ma con il desiderio di accelerare, superando gli ostacoli del “traffico” esistenziale. Per tanti motivi le pagine rappresentano una sceneggiatura perfetta tra dimenticanze e rimembranze, tra ribellioni e inquietudini, tra sogni e speranze. Anni ruggenti e al tempo stesso contraddittori, di pomeriggi non sempre azzurri di una città all’alba delle sue periferie. Anche in questo caso l’autore è bravissimo nel riferimento al lavoro, alle fabbriche, agli “amori difficili” raccontati da Calvino. Insomma, ci sono gli anonimi che tornano a casa con aria stanca , ma con il germe del riscatto contenuto in quel periodo nel quale, a bordo di una Vespa, vi era la convinzione di avere una marcia in più liberi dalle “prigioni ” quotidiane delle abitudini per guardare l’orizzonte colorato del futuro. I personaggi del libro sono al tempo stesso attori e spettatori di una vita vissuta e sognata. Sono gli stessi in quell’immagine di copertina, ma a pensarci bene, siamo noi, i nostri genitori e i nostri nonni. Questo è un libro sulla memoria, nell’ombra di un sogno o di una fotografia. E’ l’incanto perduto o da ritrovare. Come il nostro Paese ormai smarrito tra le nubi dell’amnesia.
E allora mettetevi comodi e assaporate questo libro, immaginando di vederlo al cinema. E rimanete seduti fino ai titoli di coda : una lacrimuccia potrebbe scendere mentre la musica di sottofondo ricorda “gli attimi che chiedono di diventare infiniti solo per aver avuto la forza di uscire dal pulviscolo del tempo e non essere scordati”
Attimi che chiedono di diventare infiniti. Il romanzo di una vita italiana.
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