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Ecco cosa chiedono Auchan, Conad, Coop e Leroy Merlin a Gentiloni su Amazon (e non solo)

La guerra del commercio moderno va combattuta ad armi pari, senza concedere ad Amazon e agli altri colossi dell’e-commerce vantaggi impropri. È questo, in sintesi, quanto chiede l’Associazione Distribuzione Moderna (Adm), che raggruppa le principali aziende del settore della distribuzione, in un manifesto in cinque punti presentato al governo.

CHI BATTE I PUGNI

L’elenco di soci dell’Adm è nutrito. Al vertice dell’associazione siede il presidente Piergiorgio Santambrogio (Vegè Retail), mentre la lista dei consiglieri include rappresentanti delle principali aziende di settore, a partire da Massimo Viviani e Giovanni Cobolli Gigli (nella foto, Federdistribuzione), passando per Stefano Bassi (Ancc Coop), Luca D’Alba (Autogrill), Francesco Del Prete (Distribuzione Italiana), Roberto Fagnani (Penny Market), Luigi Forgione (Bennet), Lucio Fochesato (Despar), Claudio Gradara (Pam), Eleonora Graffione (Consorzio Coralis), Luca Guerrieri (Metro), Christophe Guiniot (Iper Montebello), Giangiacomo Ibba (Crai), Sergio Imolesi (Ancd Conad), Grègoire Kaufman (Carrefour), Marco Pedroni (Coop Italia), Francesco Pugliese (Conad), Stefano Rango (Sun), Ugo Silva (Consorzio C3), Maniele Tasca (Selex), Wilson Trezzi (Leroy Merlin), Gabriele Villa (Esselunga) e Eduardo Galardi (Studio Legale Lexalia).

Alla base del board, ci sono poi oltre 900 imprese di distribuzione che operano in Italia.

LA BATTAGLIA CON IL DIGITALE

Le richieste avanzate all’esecutivo, che hanno l’obiettivo di “contribuire al rilancio del Paese”, sono raggruppate su cinque temi: concorrenza, legalità, rilancio dei consumi, spinta agli investimenti e semplificazione del quadro normativo.

La più grave fra le preoccupazioni del settore della distribuzione riguarda il boom dell’e-commerce, che sta erodendo una significativa fetta di mercato. Fra le righe, si legge il nome del “nemico numero uno”: il colosso dell’e-commerce Amazon, che tuttavia non è l’unico dei “bersagli” scelti dalle catene di distribuzione.

“La sfida del digitale riguarda tutti e l’industria del commercio l’ha già accettata – afferma l’Adm – Ma servono una politica per la crescita e incentivi allo sviluppo”. L’associazione stimmatizza i “divieti ingiustificati che bloccano la crescita di tutta la società. Non si giustifica una disparità di trattamento tra operatori che agiscono nello stesso mercato”. Per esempio, lamenta l’Adm, i negozi online, “sono sempre aperti e non devono sottostare a vincoli di promozioni, saldi e sottocosto”. Per questo servirebbero “le stesse regole, semplificate, per chi è presente nel mercato con punti vendita fisici e per chi opera solo via e-commerce”. L’introduzione di una Web tax al 6% sui ricavi dell’attività digitale, di cui si sta discutendo in Parlamento, non convince il presidente Santambrogio perché “è una misura insufficiente e non riequilibra il peso fiscale con i player fisici”. Secondo i dati forniti dal vicepresidente Maniele Tasca l’incidenza fiscale, per i negozi fisici, oscilla fra il 30 e il 40%, per una contribuzione totale allo stato di 7 miliardi, nel 2016.

NO ALL’AUMENTO DELL’IVA

Nell’ottica dell’incentivo alla concorrenza, l’Adm chiede di “eliminare i monopoli per la vendita di farmaci e carburanti”. Inoltre andrebbe imposta “la coerenza delle regole locali con le leggi nazionali”, soprattutto in merito alle limitazione delle aperture e all’imposizione di categorie merceologiche da mettere in vendita.

Fra i desiderata, anche una più efficace lotta all’illegalità su temi come la contraffazione e l’evasione fiscale, e l’armonizzazione di controlli di Asl, Nas, Polizie locali eccetera.

Nel memorandum si chiedono poi politiche che favoriscano il rilancio dei consumi, “un’azione strutturale di sostegno ai redditi bassi” e, soprattutto, rassicurazioni “che scongiurino definitivamente l’ipotesi dell’aumento dell’Iva”.

Parallelamente si auspica una spinta agli investimenti. Qui la richiesta passa per incentivi agli interventi finalizzati a ristrutturazione e risparmio energetico (i costi dell’energia incidono sul fatturato in percentuale fra l’1 e il 2%), taglio dell’Irap, aiuti fiscali che incidano sul costo del lavoro e stabilizzazione degli incentivi per chi assume in forma stabile, soprattutto giovani e donne. Adm, che rivendica come il 91% dei dipendenti abbia un lavoro a tempo indeterminato, vorrebbe però anche “un mercato del lavoro flessibile”.

IL RUOLO “SOCIALE” DEI PUNTI VENDITA

A sostegno delle richieste, l’Adm rivendica il ruolo “sociale” della distribuzione. “Ogni giorno comprano in un punto vendita della Dmo (Dettaglio moderno organizzato, ndr) almeno 10 milioni di italiani e i punti vendita della distribuzione moderna sono oggi le infrastrutture sociali più presenti e più efficienti sul territorio”. Sottolinea come il settore “crea occupazione e lavoro nei territori, eppure non è sufficientemente considerato dalle istituzioni e dagli opinion leader, che privilegiano chi opera attraverso l’e-commerce e le piccole strutture che si ritiene debbano essere difese ad ogni costo”. Rimarca infine i sacrifici imposti dalla crisi che hanno ridotto il margine di profitto “ai minimi termini”.

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