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Brexit, tutte le prossime tappe

Brexit

Il discorso a Firenze del 22 settembre del primo ministro britannico, Theresa May, aveva dato un segnale d’incoraggiamento nel relativo stallo creato nei tre round negoziali tra Regno Unito e Unione europea. Aveva fissato alcuni obiettivi condivisibili, mostrato uno sforzo di analisi, che occorrevano soluzioni nuove e creative per risolvere diversi problemi: come fare la frontiera con l’UE senza farla in Irlanda del Nord, come fare commercio libero senza stare nel mercato unico, come proteggere i diritti dei cittadini dell’UE e del Regno nei rispettivi territori senza avere una cittadinanza condivisa e Corti di giustizia comuni. Gli incontri delle delegazioni a ottobre sono state l’occasione per un bagno di realtà, e il Consiglio europeo del 20 ottobre ne ha preso atto. La Brexit può essere raccontata per scorciatoie, ma è un grosso problema: diventa evidente che per il Regno Unito, e proporzionalmente per l’Unione europea: uscire dal mercato unico porrà problemi di gestione, di costi e di sviluppo.

IL CALENDARIO 

Ci si prepara adesso per le prossime tappe della Brexit. In un comunicato congiunto, Michel Barnier e David Davis, negoziatori dell’Unione europea e del Regno Unito, hanno concordato di ritrovarsi, con le rispettive squadre, i prossimi 9 e 10 novembre. Il governo di Theresa May ha informato che si terrà un dibattito in parlamento il 14 e 15 novembre, e sarà da seguire. Il Comitato per l’Irlanda del Nord della Camera dei Comuni sta studiando come funzionano i confini dell’Unione europea con la Svizzera e la Norvegia (che sembrano tra quelli “più morbidi”). Il 31 ottobre Michel Barnier era a Bratislava a incontrare il primo ministro Robert Fico, dopo aver visto il 30 ottobre la nuova ministra norvegese per gli affari europei, Marit Berger Røsland.

LA GRANA DEI DOSSIER NON PUBBLICATI 

Il governo britannico sarà costretto a rendere noti i 58 studi che analizzano gli impatti della Brexit in vari ambiti, il cui elenco è stato reso noto in una lettera che David Davis ha indirizzato alla Camera dei Lord il 30 ottobre: dal turismo alle assicurazioni, dall’aviazione ai servizi di pagamento, dall’abbigliamento all’architettura. Il 1° novembre i laburisti hanno ottenuto che sia votata una mozione per renderli pubblici, mentre il governo ritiene preferibile la riservatezza sui contenuti per “non compromettere la posizione britannica nel negoziato”. L’impressione è che gli studi facciano emergere l’importanza dei costi su vari settori dell’economia.

VA PIUTTOSTO MALE 

Dopo le riunioni di ottobre, nel Regno Unito si sta consolidando l’idea che la situazione si sia fatta difficile. Le spese per la Brexit impressionano l’opinione pubblica: Davis ha parlato di nuove assunzioni entro il 2017, che porterebbero i 3 mila già assunti a 6 o 8 mila, mentre gli impegni di spesa ammontano finora a 660 milioni di sterline (740 milioni di euro). I giornali pro-Brexit analizzano le possibilità di un ritorno alla casella di partenza, con nuovi referendum, cambiamenti di governo, oppure nuove elezioni.

Bob Posner, direttore presso la Electoral Commission (organo indipendente sulle elezioni e sui finanziamenti alla politica), ha chiesto a Facebook e a Twitter notizie sulle pubblicità in occasione del referendum Brexit del 23 giugno 2016 e delle elezioni politiche che ne sono seguite. Il milionario Arron Banks è sotto indagine, non tanto per i contenuti della propaganda, ma per verificare se sia stato il tramite di finanziamenti stranieri. Ci sono varie inchieste, anche parlamentari, sull’influenza russa in entrambe le competizioni elettorali.

David Allen Green, sul Financial Times del 1° novembre, ha scritto che “le nostre elite politiche ci hanno detto che le cose complesse erano facili, e sia gli elettori che gli esperti si sono cascati”. Trump, Brexit, forse Catalogna: “L’Età delle Risposte Facili, The Age of Easy Answers”.



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