Resta alta l’attenzione degli investitori istituzionali per l’aumento di capitale di Banca Carige. Sarebbe stato questo il messaggio trasmesso ieri dall’amministratore delegato Paolo Fiorentino (in foto) ai consiglieri durante la riunione del board. Sembra peraltro che un solo investitore estero abbia messo nel mirino una quota vicina al 10% del capitale e possa presto prendere contatti con le banche del consorzio di garanzia (Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays) per assumere impegni di primo accollo sull’inoptato. Non è del resto questa l’unica strategia per investire sulla banca ligure: nei primi cinque giorni di aumento di capitale è stato scambiato quasi il 70% dei diritti di opzione, la cui negoziazione terminerà con la seduta di domani. Solo ieri sono passati di mano 201,2 milioni di diritti, pari al 24% del totale.
I PICCOLI AZIONISTI
Una spiegazione possibile è che molti piccoli azionisti abbiano scelto di non aderire all’offerta, liquidando i titoli sul mercato e spianando così la strada ai nuovi investitori. Come prevedibile il prezzo del diritto (pari alla differenza tra il prezzo pre-aumento e il terp) si è rapidamente sgonfiato a 0,0101 euro, appena sopra il prezzo di emissione delle nuove azioni (0,01 euro). L’operazione da 560 milioni allestita da Fiorentino è del resto abbastanza un unicum nel panorama finanziario italiano: gli istituzionali si sono in gran parte sostituiti al consorzio di garanzia con impegni di primo accollo, trasformando un’emissione di diritti in un private placement. A questi soggetti si somma l’impegno degli azionisti storici come la famiglia Malacalza che si è impegnata ad aderire pro-quota e ha chiesto l’autorizzazione per salire al 28%, appena sotto la soglia di opa. Gabriele Volpi invece dovrebbe attestarsi sotto il 10%, mentre gli ex bondholder Intesa Vita, Unipol e Generali convertiranno parte delle obbligazioni in equity dando un contributo significativo al rafforzamento patrimoniale.
LE OFFERTE
Ieri intanto il cda ha analizzato con attenzione le offerte arrivate per la controllata Creditis, rinviando però la decisione definitiva ai prossimi giorni. Le tre proposte sul tavolo (Christofferson Robb & Company, York Capital e Chenevard) sono state giudicate molto interessanti, soprattutto dopo i ritocchi apportati nelle ultime ore. Proprio l’alta qualità delle offerte ha reso però necessario un’ulteriore approfondimento e dunque il cda dovrebbe essere riconvocato in tempi brevissimi, forse tra venerdì e sabato. L’intenzione di Fiorentino è comunque quella di chiudere il deal con una significativa plusvalenza che già emergeva dalle proposte analizzate ieri.
LO SCENARIO
La cessione di Creditis rientra nel piano di rafforzamento patrimoniale approvato a cavallo dell’estate. Già nelle scorse settimana la banca ha archiviato la dismissione della sede di Milano, ceduta per 110 milioni ad Antirion Sgr, mentre il restante pacchetto immobiliare sarà venduto con tempi più distesi nei prossimi mesi. Positivamente si è conclusa anche l’operazione di liability management exercise (lme) che ha previsto la conversione dei bond subordinati in strumenti senior, dando la possibilità ad alcuni investitori di entrare nell’equity della banca. L’aumento di capitale rappresenta insomma la tappa finale del rafforzamento patrimoniale e permetterà alla banca di assorbire la perdita che emergerà dalla cessione dei non performing loan. L’intera manovra, approvata dalla Bce, consentirà a Carige di ripulire l’attivo, rafforzare il capitale e voltare pagina dopo i problemi del passato.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)