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Che cosa sta combinando Puigdemont all’estero

Ieri, 17 novembre, l’ex-presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont, insieme ai quattro “ministri regionali”, si è presentato all’udienza del tribunale belga per sentire che il procuratore ha chiesto l’estradizione in Spagna, ma con un reato in meno, e che se ne sarebbe riparlato il 4 dicembre.

Una notizia interlocutoria e tutto sommato di poco conto, se il tema non avesse anche altri riflessi, europei e occidentali.

La lista per le elezioni

Il procedimento giudiziario sarà lungo, con una conclusione sicuramente oltre la data delle elezioni in Catalogna, fissate per il 21 dicembre prossimo. Puigdemont ha diffuso con un tweet ieri sera, dopo l’udienza, la lista elettorale già pronta, Junts Per Catalunya, che comprende i nomi di tre consellers incarcerati, di due che lo affiancano a Bruxelles, e di Jordi Sànchez, anche lui in carcere e presidente di ANC, una delle associazioni che animarono le grandi manifestazioni indipendentiste a Barcellona. Junts Per Catalunya è il nome di coalizione che sostituisce il precedente Junts pel Sì (all’indipendenza) delle elezioni del 2015, anche per la differente composizione: questa volta Esquerra repubblicana (ERC) si presenterà da sola, così come aveva già fatto allora l’estrema sinistra del CUP. Dunque, il tema resta importante in Spagna, mentre le polemiche e lo scontro politico si concentrano ora sullo scampato rischio di violenze (da parte statale) in occasione della dichiarazione di indipendenza.

Puigdemont Parys N_VA  twitter

Il Belgio a trazione fiamminga

Alla vigilia dell’udienza di ieri, Puigdemont e i quattro suoi (ex) ministri erano a cena a casa di Lorin Parys, deputato della N-VA, il partito indipendentista fiammingo. Anche se nel tweet d’annuncio di Parys e nei commenti la dimensione è stata circoscritta all’amicizia e al carattere privato, nei media belgi il messaggio politico è stato chiaro. È la conferma della posizione già espressa dalla N-VA nei primi giorni: non facciamo pressioni esplicite, i catalani sono nostri amici e la solidità della coalizione di governo belga dipende da come viene trattata la faccenda, da tenere strettamente nell’ambito giudiziario.

Il Belgio ha poi anche altri problemi, e quindi non drammatizza: i giornali dovevano anche seguire il dibattito sulle violenze  di domenica  in centro a Bruxelles dopo la notizia della qualificazione del Marocco ai mondiali di calcio e quelle di mercoledì, esplose su iniziative spontanee di rapper e personaggi di strada.

La Scozia filorussa?

Puigdemont ha raccolto buona attenzione anche nel Regno Unito: è stato intervistato da Alex Salmond, storico leader scozzese, First Minister a Edimburgo dal 2007 al 2014, quando si dimise a seguito della sconfitta al referendum indipendentista. La polemica che ne è sorta non ha tanto riguardato i contenuti dell’intervista, ma la sede, cioè RT, la versione britannica di Russia Today, finanziata dal governo russo. L’attuale presidente scozzese, Nicola Sturgeon, “l’avrebbe sconsigliato”, ma ormai la frittata era fatta.

Il ruolo russo nella disinformazione anche sul tema catalano è noto e sottolineato anche dal governo spagnolo. L’associazione dell’indipendentismo catalano alla Russia e alle azioni di destabilizzazione non giova alla causa di Puigdemont, che dovrebbe ricordare il tweet filo-spagnolo del segretario della Nato, Jens Stoltenberg, il 27 ottobre, e il freddo posizionamento di tutta l’Unione europea.

Jens Stoltenberg catalogna Twitter



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