Il ruolo della Cina per la sopravvivenza della Corea del Nord negli scorsi decenni è stato determinante: Pechino è tuttora il principale fornitore di cibo e materie prime, soprattutto energia.
Le ragioni alla base del continuo supporto nei confronti di Pyongyang sono molteplici. Non c’è solo il sentimento filiale che sia il governo cinese sia la popolazione hanno sempre provato nei confronti del popolo nordcoreano, ma principalmente la volontà di evitare una crisi politica in un Paese confinante. In particolare, un eventuale esodo di profughi lungo un confine terrestre di quasi 1500 chilometri costituirebbe una vera e propria calamità per Pechino.
Già dal 2006, la Cina – appoggiando nel Consiglio di sicurezza dell’Onu la risoluzione 1717 che prevedeva sanzioni a seguito di un test nucleare -, mostra una sempre maggiore insofferenza nei confronti della politica nordcoreana, pur mantenendo una distanza rispetto all’interpretazione occidentale. L’atteggiamento di Pechino è stato tuttavia ambivalente. Come nel 2014 e nel 2015, quando ha criticato una dettagliata relazione di abusi dei diritti umani nel Paese vicino: documento che arrivava a delineare dei veri e propri crimini contro l’umanità in Corea del Nord. O nel 2017, quando la risoluzione 2375 delle Nazioni Unite è stata modificata eliminando l’embargo petrolifero e altre misure proprio dietro esplicite pressioni cinesi.
MISURE DI FACCIATA?
Molti analisti sostengono che anche le restrizioni commerciali approvate da Pechino siano in realtà state aggirate in tutti questi anni. La reale capacità delle sanzioni economiche è stata messa più volte in discussione, nel caso nordcoreano un eventuale inasprimento dei blocchi economici avrebbe innanzitutto una forte ripercussione sulla popolazione civile, ma potrebbe non bastare per piegare il regime di Pyongyang.
Negli ultimi mesi l’imbarazzo del Paese del Dragone nei confronti dello scomodo vicino è stato palese; e i riferimenti statunitensi alla presunta incapacità cinese di gestire l’alleato costituiscono un grave affronto per l’immagine che la Cina sta cercando di proiettare nel mondo. Le prove nucleari e i lanci missilistici di Pyongyang intaccano gli equilibri della regione ma soprattutto il ruolo della Cina nell’area Asia-Pacifico.
Lo stop alle importazioni cinesi di carbone dalla Corea del Nord rappresenta un grave colpo per Pyongyang, trattandosi della principale modalità di entrate in valuta straniera per il Paese eremita, mentre anche le esportazioni di carburante da Pechino sono decisamente rallentate nelle ultime settimane. Nonostante tutto, i principali analisti rimangono scettici sulla reale volontà cinese di colpire duramente il regime di Kim Jong-un.
VENTI DI GUERRA E TIMORI DI UN ESODO
La stampa cinese sta criticando le scelte nordcoreane e anche i blogger, ormai negli ultimi anni veri e propri termometri dell’opinione pubblica del Paese più popoloso del mondo, mostrano sempre più fastidio nei confronti di Pyongyang.
Un eventuale conflitto militare nella penisola coreana rappresenterebbe un pericolo ancora maggiore per Pechino. Fra i problemi, come detto, ci sarebbe anche l’afflusso di profughi nordcoreani che inevitabilmente cercherebbero rifugio in Cina. Già centinaia di sudditi di Kim riescono a valicare il confine ogni mese, per essere tuttavia puntualmente rimandati al Paese d’origine tra le proteste degli attivisti per i diritti umani. La prospettiva di centinaia di migliaia di persone in fuga da un conflitto preoccupa però seriamente Pechino.
Tutti i possibili scenari legati ad un evento bellico presuppongo un alto numero di vittime civili e un pericolo enorme per la popolazione sudcoreana. La dotazione balistica della Corea del Nord è una vera e propria spina nel fianco per tutti gli attori coinvolti. I sistemi di difesa non garantiscono la sicurezza totale in caso di una deflagrazione del conflitto e le conseguenze potrebbero essere fatali per molti cittadini della Corea del Sud.
FRA MOSCA E PECHINO
Anche l’immagine di potenza benevola, ma in grado di mantenere un equilibrio armonico, che la Cina sta cercando di proiettare nella regione verrebbe notevolmente scalfita da una escalation del conflitto.
Un possibile canale di comunicazione della Corea del Nord con la Russia, evocato più volte dalla stampa, non può costituire una via d’uscita dall’intricata vicenda. Anche se i rapporti con Mosca si intensificano naturalmente di fronte al raffreddamento con Pechino e all’inasprirsi delle sanzioni internazionali, i sentimenti che tutto il popolo nordcoreano prova nei confronti della Russia rimangono incentrati sulla sfiducia.
Pyongyang non metterebbe mai il suo destino nelle mani della Russia o della Cina e giudica entrambe le potenze colpevoli di aver fatto mancare il proprio appoggio in molte occasioni, prima tra tutte la guerra di Corea del 1952-1955.
Va ricordato che la dimensione storica in Corea del Nord è sostanzialmente diversa a quella occidentale: il regime di Pyongyang è stato costruito e viene alimentato proprio da categorie storiche che altrove verrebbero considerate non determinanti o quantomeno superate. Quindi eventi storici che risalgono a più di sessant’anni fa costituiscono delle variabili importanti per comprendere l’atteggiamento e l’orientamento della politica nordcoreana odierna.
GOLPE IMPROBABILE, RIUNIFICAZIONE IMPENSABILE
In caso di deflagrazione del conflitto, una eventuale vittoria di Stati Uniti e Corea del Sud nei confronti della Corea del Nord non è affatto scontata; le ostilità potrebbe arrivare ad una situazione di stallo militare a meno che non si decida di adottare decisioni drastiche. Anche in caso di vittoria, la gestione post-conflitto porrebbe molti interrogativi, e tutti gli analisti escludono la possibilità che gli Stati Uniti vengano accolti come “liberatori”. Il massiccio lavoro di propaganda portato avanti dal regime negli anni ha fortemente influenzato l’intera popolazione e la possibilità di una vera e propria resistenza armata è molto probabile.
Tra l’altro, tutti i nordcoreani, di entrambi i sessi, hanno ricevuto una adeguata preparazione militare mentre una riunificazione, sulla scia di quanto avvenuto in Germania, è assolutamente impensabile in quanto sarebbe vissuta nel Nord come un’annessione da parte del Sud.
La possibilità di un’insurrezione interna appare invece improbabile: se non è possibile conoscere la reale situazione nei palazzi di Pyongyang, un golpe è un’opzione veramente lontana.
La vicenda nordcoreana è innanzitutto una parte, ad oggi probabilmente la più importante, della contesa tra Usa e Cina. Entrambi gli attori sono interamente focalizzati sulle ripercussioni di ogni singola azione sugli equilibri della regione, visto che nessuna soluzione può garantire ad alcune delle parti un successo o un vantaggio sul contendente la probabilità che l’impasse in Nord Corea rimanga in uno stato di emergenza permanente è l’opzione più plausibile al momento.
(Articolo tratto dal sito AffarInternazionali)