La crisi catalana continua e sta già arrivando il conto all’economia in Spagna. Mentre l’ex presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, insiste nel fare politica (da Bruxelles), gli spagnoli fanno i conti su quanto hanno fatto perdere alle casse dello Stato e al settore privato i deliri d’indipendenza della regione.
L’ANNUNCIO DEL MINISTRO
Il ministro dell’Economia spagnolo, Industria e Competitività, Luis de Guindos, ha detto martedì che il Pil della Spagna potrebbe raggiungere il 2,8 per cento di fronte al 2,3 per cento che il governo calcola in questo momento. A contribuire alla crescita dell’indice è la normalizzazione della crisi con la Catalogna e il rientro della minaccia di secessione. Tuttavia, De Guindos ha detto che il governo ha registrato un impatto di circa 5 miliardi di euro. “Si tratta di una proiezione abbastanza conservativa – ha spiegato – ma spero, perché sono ottimista sulle elezioni del 21 dicembre, che le perdite saranno inferiori. Speriamo di poter arrivare al 2,7 per cento o al 2,8 per cento, che erano quelli che ci aspettavamo”. Inoltre, il ministro ha detto che bisogna ricordare che quando si è in una congiuntura negativa, ma in fondo la realtà è migliore di quanto ci si aspetta, il rimbalzo è più intenso di quanto è previsto.
Ma purtroppo il dossier catalano non è ancora chiuso. Sul quotidiano spagnolo Republica si legge che a De Guindos “quasi nessuno” ha chiesto della situazione con la Catalogna durante l’incontro di Ecofin a Bruxelles, “ovviamente ci sono stati alcuni commenti, ma si è parlato molto di più di altri temi”. Il ministro spagnolo è consapevole che “se la situazione di incertezza si dilata, l’impatto sulla crescita del Pil spagnolo nel 2018 sarà più grave, ma per l’esecutivo quest’ipotesi non è realistica.
IL PESSIMISMO DELL’AUTORITÀ FISCALE
L’autorità fiscale è stata molto più dura. Ha detto che la crescita perderà circa 1,2 punti e che il risultato finale dipenderà da quanto continuerà “lo scenario di stress generale”. La perdita economica provocata dalla crisi in Catalogna può tradursi, secondo l’ente fiscale, in 14 miliardi di euro di perdite: “L’incertezza disturba il processo decisionale e aggrava la complessità al momento di realizzare previsioni”. La dichiarazione d’indipendenza della Catalogna ha diminuito i consumi, ha aumentato il risparmio preventivo e fermato gli acquisti rilevanti. I grandi investimenti sono fermi in attesa di più stabilità politica, economica, giuridica e sociale.
Negli ultimi anni la crescita spagnola era del 3 per cento e generava circa 500mila posti di lavoro. Nel 2018, con il Pil del 1,5 per cento, ce ne saranno meno di 250mila. Per colpa – soprattutto – della crisi catalana.
INDICATORI IN ROSSO
In un programma trasmesso da Cope, il giornalista Carlos Herrera sostiene invece che la crisi catalana costerà circa 12 miliardi di euro. Gli effetti negativi, secondo l’analista, si faranno sentire non solo sulla crescita del Pil ma anche sulla fluidità dell’economia: “Ci sono cinque indici che sono in rosso. L’industria consuma meno elettricità. Ci sono meno matricole di macchine, anche industriali, meno vendita di grandi navi e minori investimenti stranieri”. Herrera ricorda che l’autorità fiscale spagnola ha avvertito che, in caso che continui l’incertezza, il Pil potrebbe diminuire un punto e mezzo con il successivo aumento del deficit. “Così sarà colpito il consumo – spiega Herrera -. Chi vende pesche, venderà meno pesche. Il credito, i finanziamenti, se lei ha bisogno di un finanziamento per imbiancare casa, o fare qualsiasi cosa, gli costerà di più. Per questo influisce su tutti questo gioco di pochi catalani indipendentisti. Sono tanti, ma molti meno di tutti gli altri catalani e meno del resto degli spagnoli che devono subire questo. Intanto le imprese continuano a fuggire. I notai stanno impazzendo”.