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I Diari di Carmen Hernández Barrera

Scritti crudi, grezzi, grida di dolore, vere e proprie denunce di un malessere mai lasciato trapelare a chi le stesse attorno, invocazioni al cielo che non dimenticano mai il soggetto a cui si rivolgono, Gesù. La testimonianza quindi di una fede cristiana essenziale e profonda, oltre che granitica, che tocca il nervo scoperto del dolore primigenio dell’uomo e della sua miseria, della sua mancanza e della sua povertà di fronte al Creatore. È quanto emerge leggendo i diari – dall’anno 1979 al 1981 – di Carmen Hernández Barrera, coiniziatrice del del Cammino Neocatecumenale insieme a Kiko Argüello. I diari sono editi da Cantagalli e sono stati presentati giovedì 15 novembre presso l’auditorium del Centro congressi della Cei.

Fogli attraverso i quali, scrive Papa Francesco in una nota pubblicata tra le prime pagine del libro, “si rende tangibile la testimonianza di un grande amore a Gesù, la cui luce trasforma la sofferenza in offerta, la stanchezza in allegria, la vita in un tempo per evangelizzare”. I testi infatti, rinvenuti solamente dopo la sua morte e dopo essere stati gelosamente custoditi per tutto il corso della sua vita, sono stati redatti giorno dopo giorno, notte dopo notte, per tanti anni della vita di Carmen. Questi appena messi in stampa ne rappresentano soltanto una piccola parte: le altre verranno pubblicate, forse, nel tempo. “Quelle pubblicabili, perché ce ne sono alcune di cui veramente non riuscirei”, ha ammesso Kiko Argüello, emotivamente provato dalla scoperta di questi scritti, che donano un immagine di Carmen che nemmeno lui stesso, che ha passato quasi tutta la sua vita vicino a lei nel Cammino, aveva mai conosciuto.

Brani in cui si raccontano episodi, persone, viaggi, e che mettono in luce tutta la devozione e la relazione personale di Carmen con Gesù, in un dialogo costante e mai interrotto. Lungo cinquant’anni, con visite continue alle tante comunità sparse in tutta Europa, e di conseguenza a tanti fratelli, ascoltati uno per uno, con tutti i loro problemi, sofferenze, storie. “Esclamazioni, grida di aiuto, invocazioni, raramente frasi più lunghe. Niente trattati teologici ma esplicazioni di stati dell’anima”, ha spiegato il Card. Christoph Schönborn, Arcivescovo Metropolita di Vienna e Presidente Conferenza Episcopale dell’Austria, spesso alle cronache come relatore di Amoris Laetitia e figura indicata dal Papa come espressione della giusta lettura dell’esortazione apostolica. Che è arrivato a chiedersi: “È lecito pubblicare un diario così personale?”. Per avere una risposta basta guardare indietro nel tempo, nelle altre grandi figure della Chiesa e della fede.

“Pensiamo alle confessioni di sant’Agostino, che scrive la sua vita come un lungo canto di lode a Dio, e che intendeva farle conoscere possibilmente a molti uomini”, ha spiegato. “Diversa è la condizione di sant’Ignazio di Loyola, la cui grazia ricevuta da Dio era espressione di gratitudine personale, e il suo diario era uno strumento importante per lasciarsi guidare da Dio, ma di estremamente personale. Per questo ne distrusse una gran quantità, eccetto alcune piccole parti ritrovate. Anche Giovanni III scrisse il suo giornale dell’anima, e lo consegnò al suo segretario col permesso di pubblicare gli scritti dopo la sua morte. Mentre le notizie personali di Giovanni Paolo II, che durano quarant’anni, lui stesso indicò di bruciarle, ma il suo segretario non ebbe il coraggio di farlo, perché contenevano informazioni importanti sul suo pontificato. Stessa cosa per Madre Teresa di Calcutta, che non voleva si rivelasse al pubblico la vita intima della sua anima, questa partecipazione all’agonia di Cristo da cui derivavano i frutti della sua opera”.

È infatti “importante”, ha continuato il cardinale, “essere coscienti del fatto che non è ovvio guardare così a fondo nell’anima di una persona: si entra in un terreno sacro, e bisogna togliersi le scarpe perché qui c’è il roveto ardente della sacra presenza di Dio”. Nei testi ritorna poi spesso il tema del Concilio Vaticano II, e di “ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa”, ha precisato Schönborn: “mi commuove quando parla del popolo di Dio e della realizzazione del Concilio. Lei vede quanto il Concilio ha detto”. “Vedo un popolo che cammina verso la libertà”, scriveva infatti Carmen, aggiungendo: “Gesù mio come sono contenta”. “Nella sua kenosis e nella sua passione ha certamente contribuito al fatto che oggi in tutto il mondo un popolo cammina verso la libertà, verso Gesù”, ha concluso il porporato: “Come non essere riconoscenti a Dio per questo dono, e grati a Carmen per aver detto il suo sì?”.

“Penso che avete diritto di conoscere il cuore di Carmen, il suo immenso amore a Gesù Cristo. Conservate questi scritti con venerazione. Nessuno di noi merita una sorella come lei”, scrive Kiko nell’introduzione. “Carmen non avrebbe accettato questa pubblicazione”, ha poi continuato il discorso durante la presentazione. “È stata una violenza che io ho fatto per amore dei fratelli nel Cammino. Quando li ho trovati sono stati per me una bomba, perché mostrano cinquant’anni di sofferenza che mi ha nascosto, sempre, senza dubbio. Io non conoscevo questa donna, ed è stato tutto sorprendente ed emozionante, perché a Carmen non interessava niente di questo mondo, solo dell’amore di Cristo”.

“Mi sento menefreghista, qualunquista, non mi importa di nulla, solo fumare e fumare drogatamente, stupidamente”, annotava infatti Carmen nei suoi diari, con un fare che potrebbe ricordare i testi ribelli della Beat Generation o l’irrequietezza dei movimenti sessantottini, assieme ad altre frasi che passano dallo sconforto alla pace, dalla rabbia alla grazia, e che cambiano completamente di tono da prima a dopo le catechesi, gli incontri del Cammino. Con la differenza, perciò, che Carmen la grazia aveva ben compreso dove trovarla. “Sembra che il Signore le abbia fatto il vuoto intorno per amare Cristo”, ha commentato ancora Kiko. “Dicono i padri del deserto che amare Cristo è l’unica verità, e che il resto è tutto vanità. San Paolo dice: chi non lo ama sia maledetto. Allora ho capito: ma la gente del cammino viene per me? No, viene per Cristo”.

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