Era il 6 maggio 2016 quando a Papa Francesco fu conferito il premio Carlo Magno per mano del presidente dell’Associazione tedesca delle banche cooperative (Volksbanken e Raffeisenbanken) Uwe Fröhlich. Il tutto nella cornice della Sala Regia, in Vaticano, alla presenza di un parterre degno dell’occasione: la cancelliera Angela Merkel, l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, il governatore della Bce Mario Draghi, non nuovo a un evento organizzato dal mondo bancario cooperativo germanico. Al Pontefice anche gli auguri della cooperativa FinanzGruppe Volksbanken Raffeisenbanken. Il Karlspreis è un’onorificenza – conferita ogni anno dalla città di Aquisgrana, scelta da Carlo Magno come capitale del Sacro Romano Impero – a personalità che vantano meriti particolari a favore dell’integrazione e dell’unione europea: nella lista dei premiati anche Alcide de Gasperi, Konrad Adenauer, George Marshall, la Commissione europea, Simone Veil e Vaclav Havel.
Durante i dibattiti organizzati a Roma a margine del premio – in cui prese la parola anche Renzi – Fröhlich ha più volte sottolineato come sia arrivato il tempo di superare i sentimenti sempre più diffusi di frustrazione e stanchezza nei riguardi dell’Europa. “Passi verso un’integrazione europea più profonda hanno maggiore successo se si riesce a trovare il giusto equilibrio tra decentramento e integrazione – ha affermato -. Questo però richiede anche una decisa assunzione in proprio di responsabilità da parte dei singoli Stati. Solo se l’Europa agisce secondo il binomio ‘integrazione quanto serve-decentramento quanto più possibile’ si riuscirà anche a rafforzare l’Eurozona”.
In precedenza, in occasione del Forum Karlspreis-Europa – svoltosi nel municipio di Aquisgrana alla presenza di numerosi politici europei (fra cui il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz e il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis) – Fröhlich ha chiesto più affidabilità per quanto riguarda il tema dell’unione bancaria. Negli anni passati, ha ricordato, alla Bce si è conferito il compito di sorveglianza e ci si è accordati sulle linee guida per la dismissione di un istituto di credito e per l’armonizzazione della normativa relativa alla tutela del risparmiatore.
“Peccato che a tutt’oggi – ha evidenziato – ci siano numerosi Paesi europei che non hanno ancora ottemperato, o che lo hanno fatto in parte, a queste direttive di tutela, entrate in vigore già nell’estate 2015. Anzi, molti Paesi europei spingono ora per un passo ulteriore nel processo che ha appena visto introdotte linee di tutela, auspicandone la trasformazione e di fatto la creazione di una comunità di responsabilità collettiva coatta. Le banche cooperative tedesche, in assoluta sintonia con tutto il settore del credito nazionale, rifiutano però decisamente un simile sviluppo. La stabilità si ottiene solo se responsabilità e controllo vanno di pari passo”.
Morale: tutti ad applaudire la bontà delle banche cooperative tedesche non vigilate dalla BCE. Ovvero: le Banche cooperative italiane vanno massacrate quelle tedesche esaltate.