“Le idee viaggiano sulle gambe degli uomini, sulla loro credibilità e sulla libertà di prendere iniziative. Noi siamo un partito di centro moderato, di chi vuole rimboccarsi le maniche e risolvere i problemi. Forza Italia appartiene al Ppe, la forza del Pdl era di poter fare alleanze anche con i leghisti di Bossi che volevano la secessione. Oggi però la coalizione di centro destra non ha un grande pilastro moderato, ma ne ha uno molto forte che si chiama Lega e che prima non c’era. Il primo compito, secondo noi, è di ricostruire questo grande pilastro moderato”. È quanto ha affermato Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera dei deputati di Area Popolare nonché coordinatore nazionale di Alternativa Popolare, parlando con i giornalisti a margine della conferenza programmatica del partito che si è tenuta sabato 11 novembre a Fiumicino.
IL FUTURO DI ALTERNATIVA POPOLARE
Certo, ha ammesso Lupi, se ci fosse un partito moderato come lo era Forza Italia o il Popolo della Libertà, che cioè possa viaggiare tra il venti e il venticinque per cento, le cose cambierebbero. Perché in quel caso si potrebbe discutere di programmi, trainando tutto il polo di centro destra sui temi moderati. Ma “oggi non sembra questa la realtà”, ha ammesso Lupi. Perciò “crediamo che a noi spetti il compito di testimoniare per un partito moderato di centro e responsabile”. E rimbrotta chi li dà per sconfitti: “Si è celebrato dappertutto il funerale di Alternativa Popolare, ma qui c’è un popolo di oltre 1700 delegati che ha voglia di riaffermare la propria identità e giocare la propria partita. Noi non siamo un partito personale, abbiamo sempre avuto le nostre idee e il coraggio di rimetterci in gioco. E i cittadini non votano le coalizioni, ma una proposta politica”.
IL TEMA DELLE ALLEANZE
Tutti però parlano principalmente di un tema, fisso: le alleanze. “Non devono essere costrizioni”, ha replicato Lupi. “Nessuno ha già fatto un’alleanza col centrosinistra”, e in caso ci fosse “non sarebbe una costrizione ma eventualmente una scelta”. Ma “la decideremo, se la decideremo, il 24 novembre alla direzione nazionale”. L’ombra maggiore resta quella che viene dall’elezione siciliana, ultimo test prima delle nazionali. “Non facciamo processi a nessuno: la Sicilia, come la Liguria, la Lombardia, e tutte le altre regioni, ha fatto la sua scelta autonoma e i cittadini hanno dato il loro risultato”, ha replicato il capogruppo. Certo, “in Sicilia è una sconfitta, ma comunque ottanta mila voti ce li hanno dati”. Ma l’errore della politica italiana, per Lupi, oggi è quello “di affrontare sfide nuove con strumenti politici vecchi”. “Cosa succederà nei prossimi giorni non lo so, né nel Pd e né nel centro-destra”, ha ribattuto: “Quali saranno le aggregazioni, i programmi, i contenuti. La cosa certa è che noi ci siamo, se abbiamo il coraggio di andare da soli e di affermare la nostra autonomia e la nostra proposta. Che ha portato fino ad oggi a salvare l’Italia, che è diversa dal 2015”.
LA SOGLIA DEL TRE PER CENTO
La sfida rimane così quella del tre per cento. Su questa Lupi è ottimista: “L’abbiamo vinta nel 2014 con il 4,4 per centro, 1 milione e 250 mila voti. Poi ora in Sicilia, alle scorse amministrative in Lombardia, col 10 per cento in Calabria. Oggi abbiamo qui più di mille delegati da tutta Italia, e a questo partito si deve dare una risposta”. Le alleanze si decidono cioè alla fine. “Ma se non prendi il tre per cento non sarai rappresentato in parlamento”, perciò “continuare a preoccuparsi delle alleanze è una sciocchezza. Servono solo a volere una poltrona , che con i collegi uninominali è possibile anche sotto il tre per cento. A noi questo non interessa. Se a qualche minuscolo gruppo politico invece interessa, faccia le alleanze che vuole”.
IL NODO DELLO IUS SOLI
C’è persino chi si domanda se, in fondo, Ap potrebbe persino reclamare una qualche riconoscenza da Renzi. “Ci aspettiamo solo che si concluda la legislatura in maniera dignitosa”, ha risposto Lupi. “Ma basta stupidate sulla legge di stabilità: o rimettono il bonus bebè o se la votano loro”. E poi “si scordino lo Ius Soli, lo diciamo con franchezza, su questo non abbiamo mai cambiato idea: bisogna fare una legge buona. Siamo convinti che il bambino che nasce nel territorio viene educato da una famiglia, e ho il diritto di sapere come quel bambino viene educato. Nella legge questo non c’è scritto, e quindi non si vota. Se il Pd se la vuole votare lo faccia”. Mentre se invece si riuscisse a raggiungere un’intesa con il Pd su questo tema, potrebbe rappresentare l’inizio di un accordo pre-elettorale? “Se non ci siamo nell’alleanza del Pd è un problema del Pd. L’importante è che non si metta la fiducia, perché appartiene al dibattito parlamentare. Se il Pd vuole andare in parlamento deve dirci quando, e dovrà avere una maggioranza per votarlo. Il mio partito non la voterà, e non metterà nemmeno la fiducia”.
LA LEGGE DI STABILITÀ E LA SINISTRA
Oltre a questo, ha continuato Lupi, “ci aspettiamo che nella legge di stabilità si dia un futuro non solo ai giovani ma anche a chi dopo i cinquantanni ha perso il lavoro”. La domanda è quindi se, assieme alle rivendicazioni, ci sono anche delle autocritiche. “Un errore che abbiamo fatto è stato cedere al ricatto della sinistra e dei comunisti quando c’è stata l’abolizione dei voucher. Abbiamo ricacciato nel nero tantissimi giovani che avevano la possibilità di avere una retribuzione in bianco. È un tema che dovevamo affrontare con un referendum”. Però se si volge lo sguardo a sinistra, e all’eventualità di una sua ricomposizione nelle prossime settimane, si intravede un’identità che di fatto non è sovrapponibile. “Fratoianni, la sinistra italiana, Sel, Mdp vogliono fare un nuovo partito che si identifica per essere di sinistra. Uno che vuole togliere i voucher pensa che il lavoro lo dia lo stato, non le imprese: ma questo lo teorizza Marx. Mentre che il lavoro lo danno le imprese lo teorizza la Dottrina sociale della Chiesa, o il liberismo. Noi siamo da questa parte”.