Non esiste una soluzione univoca per superare i problemi generati dalla globalizzazione. Serve invece un approccio sperimentale che coniughi “un nazionalismo responsabile e i benefici dell’interdipendenza nazionale”. Questa la tesi di Michael Spence, professore alla New York University e premio Nobel per l’economia nel 2001, ospite a Torino del Collegio Carlo Alberto.
L’occasione era il convegno Vision Europe Summit, promosso dalla Compagnia di San Paolo e quest’anno intitolato “Winners and losers of globalization”. Spence era l’ospite d’onore della conferenza, introdotta dal presidente della Compagnia Francesco Profumo.
IL COMPROMESSO PER LA CRESCITA
L’economista americano ha portato a Torino la sua idea per una crescita dell’Europa, che passa da una compromesso fra le pulsioni globaliste e le spinte nazionaliste dei singoli Stati. Da un lato si assiste a “un nazionalismo responsabile”, che mira a soddisfare i bisogni di insiemi distinti di cittadini. “Ma, ancorché responsabile, quest’approccio non permette di gestire fenomeni globali, come ad esempio il cambiamento climatico”, ha spiegato il premio Nobel. Poi c’è la tentazione della governance globale, che tuttavia “è contraria al trend a cui in questo momento assistiamo nel mondo, dove dominano i localismi”. La soluzione, ammesso che esista, per Spence sta fra i due estremi. “Le persone desiderano crescita, sovranità, sicurezza, autodeterminazione – ha esordito il premio Nobel – Per ottenerle, occorre concentrarsi sulla cooperazione internazionale, laddove i benefici sono superiori dei costi della non cooperazione”.
LE ORIGINI DELLA CRISI
Spence ha rilevato come “per la prima volta, dopo la crisi, assistiamo a una sincronizzazione della crescita. C’è sicuramente un vento che ci sostiene”. E, tuttavia “problemi di distribuzione della ricchezza esistono da troppo tempo, almeno dagli anni ’70. Analizzando i dati, scopriamo che la perdita del settore manifatturiero e il tasso di disoccupazione hanno subito un’accelerazione nel 2000, e cioè prima della crisi vera e propria”. Segno quindi che i segnali di squilibrio del sistema c’erano già quando ancora si pensava che tutto andasse a gonfie vele. È quello il momento in cui è iniziata “la spirale negativa” che ha poi portato alla situazione attuale.
“IN EUROPA MANCA LA FIDUCIA”
Per Pence, oggi, l’elemento mancante è la fiducia. “Molti cittadini sono disillusi e arrabbiati e reagiscono alla mancanza di risposte dell’elite convincendosi che il sistema non funziona più. Questo porta a una polarizzazione del contesto politico, che certo non è la situazione migliore per risolvere i problemi”. La soluzione sarebbe ripristinare la fiducia nei leader. Ma c’è un problema di classe politica. “Da un lato abbiamo i riformatori autentici, dall’altro i falsi riformatori che in realtà puntano a mantenere lo status quo. Gli elettori quindi non riescono a capire la differenza fra gli uni e gli altri”. Secondo l’economista, occorre costruire un sistema che porti reali benefici ai veri riformatori. Significa stravolgere il sistema democratico? No, perché la scelta, per Spence, non è fra un il sistema democratico o quello autocratico, perché “ci sono esempi di entrambi i tipi che funzionano”
L’ESEMPIO DELLA CINA
Uno di questi ultimi è la Cina. “Nel periodo che ha portato al 2010 ha compiuto una performance economica straordinaria, ma parlando con le persone si aveva l’impressione di essere in un periodo disastroso, soprattutto per la crescita della corruzione. Xi Jinping ha affrontato questo crollo della fiducia, avviando una grande campagna contro la corruzione che ha portato a un crescita della fiducia”. E il modello cinese sembra funzionare, dimostrandosi attrattivo e anche capace di fare nascere nuove opportunità. Spence ha citato ad esempio Alibaba, il colosso dell’ecommerce.
ALL’EUROPA SERVONO LE PIATTAFORME
E a proposito di piattaforme digitali e social media, Spence lancia un campanello d’allarme. “In Europa non ce ne sono, e servirebbero moltissimo. “Il mercato ormai è lì – ha detto – Diventa vitale portare le piattaforme in Europa, perché da lì passeranno le nuove opportunità. È lì che l’intelligenza artificiale viene elaborata, ed è lì che nasceranno nuove aziende e si accederà a molti più mercati”. La rete diventa quindi cruciale perché la tecnologia “risolve il gap delle informazioni. Prendiamo l’esempio di Airbnb: non affitteremmo mai una casa a uno sconosciuto, eppure la concediamo tramite Airbnb. Perché esiste un sistema di referenze e di feedback a cui fare affidamento”.