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Libano, tutte le ultime mosse di Hariri con Arabia Saudita e Francia

Oggi o domani, il premier dimissionario libanese Saad Hariri potrebbe fare ritorno in patria dopo un soggiorno di dieci giorni in Arabia Saudita che ha suscitato numerosi sospetti e provocato l’ennesima crisi in un Paese dove gli equilibri politici e settari sono sempre appesi ad un filo. Hariri ha fatto ricorso a Twitter per annunciare il suo ritorno, specificando che la sua famiglia rimarrà in Arabia Saudita, di cui i suoi membri, così come lui stesso, possiedono la cittadinanza.

I dieci giorni trascorsi dal clamoroso annuncio televisivo, da Riad, della sua rinuncia alla carica di premier – motivate, a suo dire, dalle ingerenze iraniane e dai ricatti di Hezbollah, oltre che da non meglio precisate minacce di morte – hanno provocato una ridda di speculazioni. Oltre a gettare nello sconforto uno Stato oltremodo travagliato, le dimissioni sono state commentate nel Paese dei cedri con un misto di sconcerto, scetticismo, diffidenza e ostilità. Numerosi esponenti politici libanesi, a partire da Hezbollah, presente nel governo di Hariri in posizione di forza, hanno avanzato il sospetto che il gesto fosse stato tutt’altro che autonomo, e fosse in realtà estorto dai sauditi per via della volontà di Riad di colpire gli interessi sciiti, che hanno in Hezbollah – che i sauditi accusano di partecipare alla guerra in corso in Yemen a sostegno dei ribelli sciiti Houthi – la massima espressione.

Il sospetto si è fatto certezza, poi, alla luce della permanenza di Hariri in Arabia Saudita, che molti libanesi hanno interpretato come una forma di detenzione. Il presidente libanese Michel Aoun ha infatti dichiarato di non accettare le dimissioni di Hariri se non quando le avesse manifestate in sua presenza. In un discorso tenuto venerdì, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha formulato la convinzione che il mancato ritorno di Hariri fosse causato dalla sua condizione di ristretto, aggiungendo che le sue dimissioni “forzate” sono incostituzionali perché fatte “dietro pressioni”. Per Nasrallah, Hariri è stato costretto a dimettersi a causa dell’intenzione saudita di alimentare le tensioni settarie in Libano.

In questi dieci giorni Hariri ha fatto però il possibile per sottrarsi al dubbio di essere agli arresti domiciliari, facendosi vedere mentre incontrava esponenti politici e diplomatici, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, che ha deciso di fare un volo fuori programma a Riad per stemperare le tensioni. Ieri, Hariri ha ricevuto il capo della delegazione della Chiesa Cristiana Maronita, il Patriarca Beshara al-Rai, che gli ha espresso la propria solidarietà, appoggiandone le motivazioni avanzate per giustificare le dimissioni. Nel riferire dell’incontro, Al Arabiya ha citato il Patriarca sostenendo che avrebbe confermato che Hariri sarebbe prossimo al ritorno in Libano.

In un’intervista andata in onda domenica a Future Tv, emittente che è espressione del suo partito politico, Movimento Futuro, Hariri ha ribadito di non essere stato affatto limitato nei suoi movimenti. “Qui nel Regno dell’Arabia Saudita sono libero”, ha detto. “Ho libertà assoluta”. Quanto al suo ritorno, Hariri ha sottolineato che “non si tratta di mesi, si tratta solo di giorni e tornerò in Libano”.

Sempre domenica, il premier ha detto inoltre di temere possibili sanzioni dei Paesi del Golfo contro il Libano, paventando inoltre ritorsioni verso i 3-400 mila cittadini libanesi che vivono in quell’area, le cui rimesse rappresentano una preziosa boccata d’ossigeno per la disastrata economia libanese. Da Parigi, il ministro degli esteri libanese Gebran Bassil, membro del partito del presidente Aoun, ha detto che ipotetiche sanzioni saudite avrebbero un duro impatto sul Paese, e comprometterebbero in particolare l’accoglienza del milione e mezzo di rifugiati siriani presenti in Libano. Bassil ha anche incontrato Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, la quale ha detto di attendersi un ritorno di Hariri e della sua famiglia nei prossimi giorni.

Alte fonti politiche libanesi sentite da Reuters ritengono che il presidente Aoun darà di nuovo mandato ad Hariri di formare un governo. Si aprirebbe così una fase di serrate consultazioni tra i partiti libanesi, simile a quella che ha preceduto la nascita dell’attuale governo undici mesi fa. È probabile che scaturiranno intense discussioni su temi chiave come la riaffermazione della tradizionale politica libanese di distanza dalle contese della regione e il ruolo di Hezbollah nei conflitti che si stanno consumando fuori dal territorio nazionale, in particolare quello in Siria. È proprio qui, d’altro canto, che può essere rinvenuta una delle fonti dell’ostilità saudita nei confronti di Hezbollah, che in questi anni ha fornito un sostegno militare decisivo alle operazioni condotte dal presidente Bashar al-Assad e dai suoi alleati iraniani – nemesi dei sauditi – per sconfiggere i ribelli.


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