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Intesa Sanpaolo, ecco che cosa pensano i dipendenti di Popolare Vicenza e Veneto Banca

intesa, vicenza

Sono giorni intensi per Intesa Sanpaolo, alle prese con il processo di acquisizione di Popolare Vicenza e di Veneto Banca. Per giovedì 23 novembre è attesa la chiusura – slittata dal 15 novembre – della due diligence insieme al Tesoro e ai commissari sui conti dei due istituti che, dopo il decreto del governo, consentirà di trasferire i 17,7 miliardi di crediti lordi dalle liquidazioni coatte amministrative alla Sga. La settimana scorsa è stato siglato l’accordo con i sindacati per il futuro dei dipendenti delle ex popolari che confluiranno in Ca de’ Sass. Nel frattempo buone notizie sono arrivate anche dai conti trimestrali, oltre le attese: tra giugno e settembre l’utile netto è stato pari a 650 milioni (+3,5% su anno), che diventano 910 milioni escludendo gli oneri derivanti dai salvataggi delle banche venete e di altre. Nei primi nove mesi del 2017 l’utile netto è arrivato a 5,88 miliardi, comprensivi dei 3,5 miliardi di aiuto statale, e le commissioni nette sono cresciute del 6,4%, a 5,6 miliardi. Un dato interessante riguarda poi i crediti deteriorati che negli ultimi 24 mesi si sono ridotti di 11 miliardi “senza oneri straordinari per gli azionisti”. Inoltre, nel solo terzo trimestre dell’anno il flusso lordo di Npl ha segnato il picco più basso dalla fusione tra Sanpaolo Imi e Banca Intesa, dieci anni fa.

E mentre prosegue il lavoro della commissione d’inchiesta sulle banche, che dopo il capitolo di Bpvi e Veneto Banca è passata a Montepaschi – ma non è detto che non si accolga la richiesta di Enrico Zanetti (Scelta Civica) di convocare gli ex manager dei due istituti -, si staglia all’orizzonte l’ombra di un “BpVi leaks”: documenti visionati dal “Sole 24 ore” con l'”estratto conto” della Presidenza del Consiglio e dei Servizi segreti nazionali.

L’ACCORDO PER IL PERSONALE DELLE EX VENETE

L’intesa siglata il 15 novembre con tutte le principali organizzazioni sindacali di categoria si rivolge agli 8.320 dipendenti rimasti dopo le 4.000 uscite volontarie per pensionamento o accesso al Fondo di Solidarietà di Settore, di cui 1.000 tra i dipendenti delle due ex popolari. L’accordo sancisce l’estensione del contratto di secondo livello e riguarda l’applicazione delle norme in materia di prestazione lavorativa e orario, straordinario e banca delle ore, part time,
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; ruoli e figure professionali e percorsi di sviluppo professionale; assetto retributivo; welfare: previdenza e assistenza, circolo ricreativo e condizioni agevolate; mobilità professionale e territoriale; formazione e riconversione/riqualificazione; accesso al fondo di solidarietà per i dirigenti ex Banche Venete.

Soddisfatte tutte le parti in causa: Intesa Sanpaolo ha sottolineato di aver confermato “l’attenzione alle persone che le hanno permesso di raggiungere l’attuale posizione di leadership in Italia e all’estero” mentre i sindacati hanno evidenziato il “forte valore sociale” dell’intesa (Fabi), le “certezze economiche e normative” offerte a lavoratori che “non potevano essere penalizzati” (Fisac Cgil) e l’importanza di aver distribuito “i benefici, in una logica di equità coerente con i valori confederali, a tutta la platea dei lavoratori” (First Cisl). Nel quadro dell’accordo peraltro il gruppo bancario si è impegnato ad assumere, entro il 31 dicembre 2018, i circa 200 giovani delle ex venete con contratto di lavoro a tempo determinato e in servizio al 25 giugno scorso, quando il consiglio d’amministrazione ha dato il via libera all’acquisizione di BpVi e Veneto Banca. Sulla questione il segretario generale First Cisl, Giulio Romani, aveva formulato un’esplicita richiesta.

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