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Il manifesto di chi è “Al lavoro”

Il lavoro sta finendo, il lavoro lo creano le leggi, conta il reddito non il lavoro: sono alcuni dei luoghi comuni più frequenti che inquinano  un dibattito spesso ideologico e astratto, nonché invariabilmente allergico ad analisi e proposte concrete. Partendo da questa premessa Francesco Luccisano, tra gli animatori dell’associazione “Al lavoro”, ha introdotto il manifesto “Idee e azioni per una Repubblica fondata sul lavoro” che è stato presentato il 15 novembre a Roma in un’affollatissima sala del Refettorio della Biblioteca della Camera dei deputati.

Al progetto di “Al Lavoro” hanno dato la loro adesione anche Marco Bentivogli, Andrea Di Benedetto, Damien Lanfrey, Dario Odifreddi, Davide Canavesio, Donatella Solda, Eleonora Faina, Emanuele Poli, Erika Munno, Francesco Cancellato, Francesco Russo, Marco Gay, Marco Taish, Michele Faioli, Piercamillo Falasca, Simone Spetia, Stefano Zorzi:  personalità provenienti da matrici culturali e politiche diverse, tenute insieme dalla convinzione che, in quest’epoca di cambiamenti straordinari, sulla paura per il futuro devono vincere la speranza e la capacità di progettare insieme un ruolo positivo del lavoro nella nostra società. Il giornalista Oscar Giannino, che ha moderato la discussione, ha sottolineato che  rimettere al centro il lavoro significa ridare speranza e prospettiva alle nuove generazioni.

La prospettiva dell’associazione “Al lavoro” muove da un’analisi di scenario che sottolinea tre aspetti.

Primo. “L’attuale generazione di trentenni/quarantenni di questa parte del mondo è la prima da oltre un secolo a vivere peggio della precedente…Per la prima volta la parola povertà assume un connotato generazionale oltre che sociale o geografico”.

Secondo. La quarta rivoluzione industriale apre scenari inediti per il lavoro. Dove si colgono le opportunità investendo in capitale sociale e umano “i sistemi produttivi si rinforzano e l’occupazione cresce”. Dove invece si lascia campo libero alla  tecnologia, lasciando ad essa in esclusiva il compito di creare valore aggiunto, si finisce per riservare agli uomini i lavori meno qualificanti.

Terzo. Il lavoro rischia di perdere valore sul piano sia economico che sociale, mentre il baricentro del valore stesso si sposta verso le rendite finanziare e la gestione attraverso gli algoritmi della gran massa di dati disseminati nel cyberspazio, controllati dalle grandi piattaforme tecnologiche. Questo pericolo può essere prevenuto con investimenti in formazione e una cultura diffusa del “fare”; il crescente ingaggio cognitivo restituisce infatti al lavoro tutto il suo valore, rafforzandone la dimensione propriamente umana.

Come ha sottolineato Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, “la tecnologia rappresenta una grande occasione di umanizzazione del lavoro”. In questa prospettiva è possibile “ riappassionare il paese con un punto di vista aperto, non ideologico”.

Per imboccare questa strada però, una volta demoliti i luoghi comuni evocati all’inizio, occorre costruire una serie di nuovi pilastri.

Welfare. Venuta meno la configurazione lineare novecentesca della vita ( nascita, formazione, lavoro, pensione, morte) il problema è quello di tenere insieme le discontinuità crescenti nella vita degli individui. Punti nevralgici sono: “Formazione, dialogo continuo con le imprese, politiche attive del lavoro e un’assicurazione individuale che accompagni il cittadino in tutti i passaggi della vita lavorativa”.

Competenze. Viviamo un disallineamento inedito tra competenze e richieste del mercato del lavoro. Occorre un “sostegno alla formazione tecnica, investimento nella formazione professionalizzante (istituti secondari superiori), alfabetizzazione digitale, alternanza scuola lavoro, governance condivisa delle istituzioni educative, longlife learning, formazione a distanza”. Ciò è tanto più necessario, come sostiene Donatella Solda del ministero dell’Istruzione (Miur), in una  prospettiva di cambiamento continuo.  Il posto fisso scompare dall’orizzonte ed al suo posto si intravede un modello in cui cambiare più volte lavoro nell’arco dell’esistenza diverrà normale. Ecco perché abbiamo bisogno di un ecosistema dell’apprendimento e  di un’estensione del periodo educativo lungo tutta la vita delle persone.

Fisco. “La leva fiscale va usata per restituire valore e competitività al lavoro come fattore della produzione e per incoraggiare investimenti in formazione che accompagnino la transizione tecnologica”.

Imprese. “Il lavoro lo creano le imprese, le imprese che creano occupazione sono le più nuove, e le nuove imprese sono quelle più capaci di innovare e dunque di creare altro valore aggiunto”. Industria 4.0 vuol dire di conseguenza “nuove imprese e nuovi modelli di business e, dunque, nuovi lavoratori e nuovo ruolo della persona nella produzione”.

Concorrenza. “Politiche e regole per la concorrenza e fiscali (a livello europeo) sono forse l’unico modo per creare un futuro equilibrato e competitivo e contemporaneamente finanziare investimenti (scuola e ricerca) e l’abbassamento del costo del lavoro”.

Giovani.  “Rappresentare le istanze dei giovani, mobilitarli e renderli protagonisti e non vittime del cambiamento del mondo del lavoro è un obiettivo centrale. E quindi formazione, informazione, orientamento, mobilità, valorizzazione del merito, strumenti per l’emancipazione giovanile e per la valorizzazione dei giovani nelle imprese. E revisione di fisco e welfare, perché la redistribuzione sia anche generazionale.”

“Al Lavoro” si propone di promuovere un dibattito incentrato su quattro linee di azione. Creare pensiero su come cambia il lavoro usando come lenti di lettura quella dello spostamento del valore dal lavoro ad altri fattori e la questione della povertà dei lavoratori, specie giovani.  Scoprire e raccontare il lavoro che cambia, attraverso iniziative di racconto (video, interviste, film) per dimostrare la grandezza, ma anche i risvolti più concreti del cambio di paradigma in corso. Formare e mobilitare i lavoratori del futuro:  conoscere e mappare lavoratori e le nuove forme di lavoro facendo advocacy per i nuovi diritti e doveri del lavoro, favorendo forme di mutualità innovativa, ripensando modalità e contenuti della formazione. Promuovere la creazione di lavoro di qualità  con iniziative concrete che facilitino investimenti, collaborazione tra attori del territorio, dialogo tra pubblico e privato.

Prossimo appuntamento a Torino presso la Piazza dei Mestieri il 15 gennaio 2018

 Info su : https://www.allavoro.eu/

 

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