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Come sono state aggredite le banche popolari. Parola di Assopopolari

Veneto Banca

Un atto di orgoglio del sistema delle Banche popolari dopo la riforma Renzi del 2015. Così può essere definita la pubblicazione che Corrado Sforza Fogliani, (in foto), presidente dell’Associazione che raggruppa le Banche popolari, ha scritto per l’editore Rubbettino, Siamo molto popolari-Controstoria di una riforma che arriva da lontano e porta all’oligopolio bancario.

Il sottotitolo del libro dice già quale è la tesi che in esso si sostiene: la riforma del 2015 viene “da lontano” (e cioè, dagli ambienti della finanza internazionale) e porta all’oligopolio bancario avendo eliminato un sistema che (oltre che per la sua tradizionale vicinanza ai territori) si è da sempre caratterizzato, e per questo veniva nell’800 difeso dalla Banca d’Italia, come il mezzo più certo per assicurare la concorrenza nei mercati territoriali del credito. Eliminata la concorrenza, il mercato italiano finirà in mano (questa la previsione del presidente Sforza Fogliani) a poche grosse banche.

In effetti, il libro reca in appendice una documentazione preziosa, mai sinora sistematizzata e diffusa, tanto più al livello di grande stampa. 11 tabelle di banche spa italiane (con dati aggiornati al 13 settembre 2017) che indicano i principali azionisti delle banche stesse. Al proposito, basti dire questo: che, per leggerle, bisogna sapere l’inglese. Sono nelle tabelle indicati i fondi di investimento europei e statunitensi che hanno ormai preso il sopravvento in tutte queste banche.

In particolare, si evidenzia che i risparmiatori sono stati espulsi dalle banche popolari (di cui erano i proprietari) che per il diktat del governo Renzi hanno dovuto convertirsi in spa e sono tutte oggi governate dalla finanza internazionale a mezzo dei fondi di investimento speculativi (nel volume, sono riportate anche le ordinanze, nel loro testo integrale, del Consiglio di stato che hanno rimesso alla Corte costituzionale la questione della legittimità o meno della normativa varata da Renzi).

La storia delle Banche popolari (narrata dall’autore con molta precisione) viene da lontano: sono nate negli ambienti del liberalismo democratico, molte da atti di solidarietà compiuti nelle Mutue operaie o nelle Borse del lavoro (come si chiamavano allora le Camere del lavoro).

Oggi nel mondo sono attivi oltre 200 mila istituti, con 435 milioni di soci, 700 mila clienti, 9 mila miliardi di euro di raccolta e 7 mila di impieghi.

Assopopolari rappresenta (dati al 31 dicembre 2015) 63 banche associate, 52 società finanziarie e 152 banche corrispondenti, per un complesso del sistema di un milione e 300mila soci, 16 milioni 400 mila clienti, 80 mila 700 dipendenti, 450 miliardi di attivo per una quota di mercato di più del 25% sia nella raccolta che negli impieghi. Se questi sono, come sono, i numeri delle Banche popolari nel mondo e anche in Italia perché mai nel nostro paese la riforma Renzi ha colpito un sistema che per 150 anni ha finanziato le imprese?

Perché questo sistema è stato colpito in Italia e mantenuto altrove? A chi faceva comodo (magari in Europa) indebolire il nostro apparato industriale già messo a dura prova da dieci anni di crisi economica e dalla moneta unica? Sono questi gli interrogativi di fondo che si pone il presidente Sforza Fogliani nel suo libro rispondendo con quanto all’inizio abbiamo indicato: è una riforma ispirata dal pensiero unico internazionale, che spinge alle fusioni e alla ricerca di grandezza, anche se (e anzi, nonostante che) le piccole-medie banche hanno una patrimonializzazione che le contraddistingue, ampiamente superiore a quella delle grosse banche, e con un carico di sofferenze, invece, assai inferiore proprio perché le banche di territorio conoscono lo stesso, conoscono le famiglie, si distinguono anche nel microcredito a favore dei meno agiati.

Al termine del libro, Sforza Fogliani formula anche due proposte per una specie di progetto di autoriforma, per studiare la quale Assopopolari aveva del resto già costituito un apposito gruppo di studi prima che vedesse la luce il decreto legge Renzi: il modello duale e il modello holding. Due mezzi per valorizzare ulteriormente le banche di territorio e, attraverso di esse, il tessuto delle Pmi oltre che delle famiglie. Sono banche che, nonostante alcuni casi di cattiva gestione, peraltro oggetto di una speculazione mediatica ben finalizzata, sono oggetto di interesse da parte di gruppi speculativi proprio per il loro radicamento nei territori.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi) 



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