Al Bookcity Milano si è parlato anche dello scacchiere libico e della necessità di restituire un futuro a un Paese cruciale nel Mediterraneo non solo per le sue risorse naturali, ma anche per la sua posizione geografica che lo rende il porto da cui salpano i migranti diretti in Europa.
In poche parole, si è parlato di Incognita Libia. Cronache di un Paese sospeso, il nuovo libro di Michela Mercuri (per un ulteriore approfondimento), docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei ed editorialista. Presenti all’incontro anche l’ambasciatore Sergio Romano e il ricercatore dell’ISPI Arturo Varvelli, moderati dal giornalista Giuseppe Acconcia.
IL LEGAME TRA LIBIA E ITALIA
“La Libia – ha esordito l’ambasciatore Sergio Romano – è il nostro bacino petrolifero privilegiato. L’Eni ha fatto un ottimo lavoro nel formare un ceto sociale libico con il quale successivamente ha continuato a mantenere i rapporti. Dunque per noi è un Paese che rappresenta interessi nazionali e privati, insomma, benessere economico. Eppure, ha anche un volto minaccioso: quello del flusso incontrollabile dei migranti. Oggi in Libia si è creato un ceto sociale che vive sulla tratta dei clandestini e, come abbiamo appreso recentemente, degli schiavi”.
LA STORICA FRAMMENTAZIONE DEL PAESE
“Il Paese oggi è nel caos – ha dichiarato Mercuri – per colpa della Francia che, dopo aver defenestrato Gheddafi, è corsa a firmare i contratti per Total senza preoccuparsi di accompagnarla nella difficile transizione post-dittatoriale”. “Storicamente – ha aggiunto Varvelli – la Libia non è mai esistita. Ma, più che la sua storica frammentazione, più che le divisioni tra laici e musulmani, a spaccare il Paese sono state le potenze estere che hanno cercato in tutti i modi di plasmare a propria immagine e somiglianza la Libia post-Gheddafi, smontando di volta in volta i piccoli progressi compiuti dall’Onu. L’Unione europea stessa – ha ricordato il ricercatore – non ha parlato con una unica vox sulla questione libica, spaccandosi tra la posizione francese e quella italiana. Forse per il bene della Libia tutti noi dovremmo fare un passo indietro e permettere ai libici di trovare un accordo”.
LE INCOGNITE DEL DOPO-GHEDDAFI
“Gheddafi – ha ricordato Romano – si rese subito conto di avere a che fare con un Paese che di fatto non esisteva. Riuscì però a mantenerlo unito con astuzia, radunando tutti attorno a un mito artificiale rispetto al quale si professava il pontefice, brandendo il suo Libro Verde come un Vangelo”. “La Francia – ha continuato l’ambasciatore – nel Mediterraneo è un Paese ‘schizofrenico’: non si potrebbe immaginare una Unione europea senza Parigi, eppure, quando si parla di Nord Africa, riscopre la propria indole colonialista: si pensi al recente sgarbo istituzionale che il presidente Macron ha fatto all’Italia nell’ospitare Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar. Non sarà con simili atteggiamenti che risolveremo la delicata questione libica”.
LA SOLITUDINE ITALIANA
“Solo l’Italia – ha spiegato l’autrice di Incognita Libia. Cronache di un Paese sospeso – oggi sostiene Fayez al-Sarraj mentre la Comunità internazionale se ne è via via disinteressata. E, aspetto ancora più grave, la Francia nel frattempo continua a vendere armi a Khalifa Haftar. La solitudine – ha fatto notare Mercuri – con la quale la diplomazia italiana sta gestendo la delicata situazione libica è la medesima che caratterizza la regolamentazione dei flussi migratori, lasciati all’Italia e alla Grecia. Roma si è ritrovata quasi isolata e gli egoismi nazionali continuano a spaccare la politica estera europea, rendendola debole”.
IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE INCONTROLLATA
“Personalmente – ha dichiarato Varvelli – ritengo che sia innegabile che il lavoro del ministro dell’Interno Minniti abbia notevolmente ridotto i flussi migratori. Di certo dobbiamo essere consapevoli che è una situazione temporanea, perché prima di chiederci che tipo di accordi in merito dovremmo stringere con la Libia sarebbe meglio interrogarsi con chi prenderli, visto che la situazione è in continua evoluzione ed è tutt’altro che stabile”. “Bisognerebbe però affrontare la questione con la dovuta serietà anche in seno all’Europa– ha concluso – perché è innegabile che l’Unione europea ha bisogno di immigrazione, dunque dovrebbe gestire i flussi con attenzione, selezionando chi entra e soprattutto ammettendo le figure delle quali ha bisogno. L’attuale processo di selezione si basa invece sul diritto di accoglienza che guadagna chi sopravvive a viaggi disumani”. “Il problema – ha chiosato Mercuri – è che qualunque leader europeo oggi pronunciasse un discorso simile, si ritroverebbe assediato dai movimenti xenofobi”. “Lo aveva infatti affrontato la Merkel e ne ha pagato le conseguenze” ha aggiunto amaramente l’ambasciatore Romano.