La disoccupazione è rimasta stabile all’11,1% a ottobre (ai minimi da 5 anni). La buona notizia è che la disoccupazione giovanile ha ripreso a calare, a 34,7% da 35,4%. Tuttavia, indicazioni assai meno confortanti giungono dal fatto che negli ultimi mesi la creazione di posti di lavoro risulta limitata all’occupazione temporanea, nonché ai lavoratori più anziani (a discapito soprattutto della mezza età). In prospettiva, pensiamo che il tasso dei senza-lavoro possa mantenere un trend al ribasso, pur lento, sulla scia delle elevate intenzioni di assunzione delle imprese. Stimiamo una disoccupazione al 10,8% in media d’anno nel 2018 (da 11,3% nel 2017).
La disoccupazione è risultata stabile all’11,1% a ottobre. Si tratta di un minimo da 5 anni. Il dato è risultato in linea con le attese di consenso.
Anche a ottobre, come a settembre, si registra un’occupazione poco variata (-5 mila unità). Diminuisce per il terzo mese consecutivo il numero di dipendenti permanenti (-1000 unità, dopo le -27 mila precedenti) mentre i dipendenti a termine crescono ancora, per il nono mese consecutivo (+17 mila unità). L’aumento dei lavoratori dipendenti è compensato all’incirca in egual misura dal calo dei lavoratori autonomi (-21 mila unità dopo i +16 mila di settembre).
Anche il numero di inattivi è poco variato (-5 mila unità, dopo la salita significativa di settembre). In ogni caso, il tasso di inattività risulta di appena un decimo superiore al minimo storico di 34,4% toccato in luglio e agosto.
È tornato a calare, dopo qualche mese di sostanziale stabilità, il tasso di disoccupazione giovanile (a 34,7% da 35,4% di settembre). Il livello eguaglia il minimo da oltre 5 anni già toccato lo scorso marzo.
Nel mese, il gruppo di età che registra la peggior performance è quello dei 35-49enni, che fanno segnare un calo di -33 mila unità degli occupati e un aumento di 17 mila unità dei disoccupati. Viceversa, la creazione di posti di lavoro risulta ancora una volta concentrata tra i lavoratori più anziani (+31 mila gli occupati ultracinquantenni).
In sintesi, il dato conferma che il calo della disoccupazione è assai lento e graduale. Inoltre, il dettaglio dell’indagine non è particolarmente positivo, in quanto mostra che la creazione di posti di lavoro è limitata all’occupazione temporanea e ai lavoratori più anziani (il che, ancora una volta, potrebbe essere l’effetto più dell’aumento dell’età pensionabile che non di un trend genuinamente positivo per il mercato del lavoro).
In prospettiva, pensiamo che la disoccupazione possa mantenere un trend in calo, sulla scia soprattutto delle elevate intenzioni di assunzione delle imprese secondo le indagini di business confidence (in particolare nel settore manifatturiero). Anche le famiglie nei mesi più recenti sono diventate più ottimiste circa l’evoluzione del mercato del lavoro.
Pensiamo che l’anno prossimo il tasso di disoccupazione possa scendere sotto l’11%, precisamente al 10,8% in media annua 2018 (da 11,3% nel 2017).
INFLAZIONE ANCORA IN CALO A NOVEMBRE
L’inflazione ha sorpreso ancora verso il basso a novembre: i prezzi sono calati di due decimi su base congiunturale, per un’inflazione annua in calo a sorpresa di un decimo allo 0,9% sul NIC e stabile all’1,1% sull’IPCA. Il calo dei listini nel mese è dovuto interamente ai servizi ricettivi e di ristorazione (condizionati da fattori stagionali). L’inflazione di fondo è calata ancora, a 0,4% da 0,5% precedente, mentre in controtendenza si sono mossi (per il terzo mese di fila) i prezzi dei beni a più alta frequenza di acquisto (per via dei rincari dei carburanti e alimentari), il che potrebbe rendere non pienamente percepibile alle famiglie il calo del trend generale dei prezzi. In ogni caso, pensiamo che l’inflazione possa rallentare ulteriormente nei prossimi mesi, fino a un minimo di 0,3-0,4% in primavera; successivamente il CPI potrebbe tornare a salire, fino a raggiungere, nelle nostre stime, un livello di 1,6% a fine 2018.
L’inflazione ha sorpreso ancora verso il basso a novembre. L’indice dei prezzi è calato di due decimi sia secondo l’indice nazionale che in base a quello armonizzato. Su base annua, l’inflazione è scesa a sorpresa di un decimo allo 0,9% sul NIC ed è rimasta stabile all’1,1% sull’IPCA.
Il dato è risultato ancora una volta inferiore alle aspettative di consenso (che vedevano una stabilità dei prezzi su base congiunturale e un aumento tendenziale dell’inflazione), e circa in linea con le nostre attese.
Il calo di due decimi dei prezzi sul NIC è dovuto interamente alla flessione, in gran parte di natura stagionale, dei listini di servizi ricettivi e ristorazione (-1,8% m/m). Gli altri capitoli di spesa che hanno registrato un calo dei prezzi (anch’essi in parte influenzati da fattori stagionali) sono spese per cultura e tempo libero (-0,2% m/m), trasporti (-0,1% m/m) e comunicazioni (-0,1% m/m). Come il mese scorso, la diminuzione dei prezzi nei trasporti è avvenuta nonostante il rincaro dei carburanti ed è dovuta al ribasso dei servizi di trasporto aereo e marittimo, condizionata da fattori stagionali.
Viceversa, gli unici comparti che registrano un aumento dei listini sono quello alimentare (+0,3% m/m, quarto aumento congiunturale consecutivo, per via dei rincari della frutta fresca mentre sono rientrati gli aumenti dei vegetali freschi), le spese per la casa (+0,1% m/m) e l’abbigliamento e calzature (+0,1% m/m).
L’inflazione di fondo è calata per il secondo mese, a 0,4% da 0,5% su base annua (i prezzi core sono calati di ben quattro decimi per il secondo mese di fila).
Viceversa, come avvenuto negli ultimi due mesi, è rincarato il cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona): +0,2% m/m, anche se la variazione annua è rallentata a 1,5% da 1,7% di ottobre. Anche i prezzi dei beni a più alta frequenza di acquisto sono saliti (trascinati da alimentari e carburanti), il che potrebbe rendere non immediatamente percepibile alle famiglie il calo dell’indice generale.
In sintesi, i dati degli ultimi mesi sull’inflazione sono tutti risultati inferiori alle attese, anche se in parte condizionati da fattori stagionali (o da fattori “speciali” come il ribasso dell’istruzione universitaria per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni di legge registrato a ottobre).
In ogni caso, pensiamo che la tendenza dei prezzi possa rallentare ulteriormente nei prossimi mesi, fino ad un minimo di 0,3-0,4% nella prossima primavera (anche grazie all’effetto base favorevole sull’energia). Dalla primavera in poi il CPI potrebbe tornare a salire, fino a raggiungere, nelle nostre stime, un livello di 1,6% per la fine dell’anno prossimo. La media annua dell’inflazione nel 2018 dovrebbe comunque risultare inferiore a quella registrata quest’anno (0,9% da 1,2% sul NIC, 1% da 1,3% sull’armonizzato).