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M5S è un partito piglia-tutto. Parola del prof. Corbetta

Quando l’elettore Roberto Spada ha incautamente pubblicato il suo endorsement per la lista di Casapound alle elezioni del X Municipio di Roma in molti sono andati a ripescare un suo endorsement precedente, di un paio d’anni fa, in cui affermava che non solo avrebbe votato ma si sarebbe volentieri candidato con il Movimento 5 Stelle, l’unico partito che “ha dimostrato di essere pulito”.

In pochi però si sono interrogati sulla qualità del suo voto e del suo impegno politico e soprattutto sulla qualità dell’offerta politica delle due formazioni politiche che – in momenti diversi – avevano attirato la sua attenzione. Sulla loro ideologia, insomma.

Nel caso della scelta di Spada dal M5S ai Casapound un riferimento generico può essere quello del populismo, non solo perché entrambe queste formazioni politiche fanno appello al popolo nella sua accezione più generica, organica e indivisa, ma anche perché accomunati dalla esigenza di “fare pulizia” o di smetterla con il “bla bla bla” dei politici.

Poiché comunque è importante capire la politica non solo sul lato della domanda – quello che chiedono i cittadini – ma anche dell’offerta – quello che i partiti propongono – ci soffermeremo in questo articolo sul M5S, grazie al lavoro di uno dei pochi studiosi che da tempo analizza il funzionamento del partito di Grillo.

Il libro si chiama appunto “M5S, come cambia il partito di Grillo” ed è curato da Piergiorgio Corbetta, che ha messo insieme il lavoro di una decina di studiosi che hanno analizzato il Movimento nel corso di tre anni della sua esistenza, a partire dall’ingresso in Parlamento nel 2013 fino all’esito del referendum costituzionale del dicembre 2016. Il lavoro è basato  sulle rilevazioni Ipsos sul voto elaborate dall’Istituto Cattaneo o su dati dello stesso Cattaneo, fonte di prima mano per capire tendenze e movimenti dell’elettorato italiano.

Formiche.net, grazie a  uno dei capitoli del libro di Corbetta, ha analizzato e in buona parte contribuito a ridimensionare il mito del M5S “partito votato dai giovani e dalle vittime della crisi economica”, ovvero maschi diventati più poveri o disoccupati. Non è così: il Movimento, e questo lo rende meno effimero di quel che si pensa, pesca dappertutto e anzi – secondo gli autori – ha un indice di dissimilarità tra i suoi elettori basso rispetto agli altri partiti: i suoi elettori in altre parole sono più simili alla media nazionale di quanto non lo siano gli elettori di altri partiti.

Ma veniamo a questo punto all’offerta politica del M5S. Non è un movimento ideologico nel senso – scrive Corbetta – descritto da Michael Freeden nel suo saggio sul nazionalismo: è ideologico un partito in grado di “fornire risposte a un ragionevole – se non completo – numero di domande che la popolazione pone alla politica”. Su questo, come sappiamo, è costruito l’asse sinistra-destra che caratterizza il discorso politico da almeno due secoli e che è condiviso da tutti gli studiosi di politica.

Non solo il M5S sfugge a questa divisione, ma spesso non è collocabile da nessuna altra parte, come notano con sconforto analisti e intellettuali che scrivono sui giornali.

I comportamenti dei suoi elettori d’altra parte confermano in maniera lampante questa lettura, come si legge nel capitolo dedicato ad “atteggiamenti e opinioni”: alla domanda se “ci vorrebbe la pena di morte per i crimini più gravi” il 40 per cento dell’elettorato M5S si dice d’accordo, contro il 26 per cento dell’elettorato di centrosinistra e il 64 dell’elettorato di centrodestra. E ancora: il 48 per cento degli elettori M5S è per l’adozione del figlio del partner per le coppie omosessuali. Nel centrodestra solo il 23 per cento, nel centrosinistra il 51. E tuttavia 63 elettori del M5S pensano che gli immigrati stiano diventando una minaccia (contro i 32 di centrosinistra e l’83 del centrodestra).

Insomma: gli elettori del M5S sembrano più immuni degli altri alle “scorciatoie cognitive” usate normalmente quando formuliamo i nostri giudizi, come scrive Corbetta: semplici regole di decisione che consentono di esprimere opinioni senza approfondire troppo: se so che la Camusso è contro i voucher e io penso che la Camusso sia di sinistra, chi vuole i voucher è di destra, sintetizza.

Gli elettori del M5S non hanno questi punti di riferimento. E non li ha neppure il vertice del Movimento, se si giudicano gli “sbandamenti, anche su temi politici fondamentali”, come si legge nel libro di Corbetta, osservati negli anni, a partire dalla posizione su Europa ed euro e persino sulla scelta del gruppo con cui sedersi a Bruxelles.

Il M5S è terzomondista e (ma?) saluta l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, è filopalestinese è filoisraeliano, è contro il reato di clandestinità e contro i clandestini.  Su un punto non ci sono contraddizioni: è con il popolo e contro l’élite. Con gli onesti, contro i corrotti.

Il vantaggio per il Movimento stesso è che si caratterizza con un catch-all party, un partito in grado di raccogliere consensi sempre, perché “l’area della scontentezza e dell’insoddisfazione è infinita” e le differenze di classe, di reddito, di età, di cultura non contano tra i suoi elettori.

Lo svantaggio, o meglio il rischio, è che una troppo accentuata disomogeneità culturale e ideologica – perché il popolo è una entità astratta dentro la quale ci sono interessi, culture, bisogni molto diversi –  crei continue tensioni all’interno. E, visto che il partito cresce nei consensi, gli ingressi di nuovi militanti “hanno assunto una connotazione sociale, politica, culturale sempre meno omogenea. I partecipanti sono spesso estranei tra loro, privi di background comune e caratterizzati da un grado di coinvolgimento occasionale”, come si legge nel volume. Inevitabilmente dunque ci saranno uscite, radiazioni, scomuniche. Ma non sembrano esserci rischi reali per la vita del Movimento. Un altro dato: oltre 6 elettori del M5S su 10 non prendono in considerazione l’ipotesi di votare per un altro partito. Al confronto quelli fedeli alla  Lega sono solo 3.

Quel che si evince, leggendo il libro curato da Corbetta, è che il M5S ha negli anni normalizzato il suo elettorato e si è normalizzato a sua volta su molti aspetti, a partire da quello della comunicazione politica: dal no netto a qualsiasi presenza televisiva alla vera e propria invasione non solo nei tg ma anche nei talk show.  Anche perché se è vero che il M5S ha “l’elettorato più connesso a internet e più propenso a utilizzare il web per informarsi”, rimane vero che la televisione rimane centrale, “più centrale del web” per la maggioranza dei simpatizzanti del Movimento. Anche questa è in fondo una profezia fallita da parte del partito di Grillo, fondato sulla critica ai media tradizionali. Ma l’impressione è che poco importi, è pur sempre ideologia, e che conti quel che il popolo vuole, che i vari popoli elettori vogliono, di volta in volta.

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