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Mps, ecco mosse e dossier del Tesoro sul Monte dei Paschi di Stato

Mentre davanti alla Commissione parlamentare sulle banche si continua a parlare di Monte dei Paschi di Siena, si chiude l’offerta di scambio che riguarda gli ex obbligazionisti subordinati della banca.

L’OFFERTA

In particolare, la banca ha comunicato in via definitiva che è pari all’83,52% la quota di adesioni alla proposta di scambio promossa dal Tesoro, che ritira alla clientela al dettaglio (retail) le azioni Mps risultato della conversione delle obbligazioni subordinate (burden sharing), consegnando in cambio meno rischiosi bond senior dell’istituto di Rocca Salimbeni. Il dato è in linea con quello preliminare che era già emerso. All’offerta risultano apportate oltre 198,5 milioni di azioni. Come era atteso, si andrà al riparto. “Sulla base delle suddette adesioni – scrive Mps in una nota – il coefficiente di riparto definitivo è pari a 92,275041%, per cui l’offerente, in nome e per conto del Mef, acquisterà il 92,275041% delle azioni portate in adesione e restituirà, nei termini indicati nel documento di offerta, le rimanenti azioni”.

L’ESBORSO PUBBLICO

Il Tesoro acquisterà, quindi, da ciascun risparmiatore il 92,27% delle azioni portate in adesione dell’offerta: quasi l’intero ammontare. La scorsa settimana, nella movimentata audizione che si è tenuta davanti alla Commissione banche che lo ha anche accusato di reticenza, il direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, tirando le somme sull’operazione, ha spiegato che il ministero dell’Economia con questa operazione salirà dal 52% attuale, ottenuto a seguito della ricapitalizzazione precauzionale, al 68% del capitale. In questo modo, saliranno circa a quota 5,5 miliardi i costi pubblici per il salvataggio del Monte dei Paschi.

NUOVE ACCUSE

Nel frattempo, nella complessa questione dei derivati della banca, tornata al centro della questione con i lavori della Commissione banche, è emerso un nuovo contenzioso. Il fondo inglese Alken ha infatti notificato a Mps un atto di citazione con cui chiede 434 milioni di euro di danni per le perdite subite per i suoi investimenti finanziari. L’accusa è di falsa rappresentazione in bilancio dei derivati con cui sono state ristrutturate le operazioni Santorini e Alexandria. Il fondo aveva acquistato nel 2012 azioni che l’avevano portato a detenere il 2% della banca senese, seguendo poi gli aumenti di capitale nel 2014 e nel 2015 prima di liquidare i suoi investimenti nel settembre del 2016, ossia poco prima che partisse l’aumento di capitale della banca senese, poi fallito con conseguente ingresso in forze nel capitale del Tesoro.

NODO FRESH

L’atto di citazione si aggiunge a quello depositato a metà novembre in Lussemburgo con cui alcuni obbligazionisti titolari del prestito Fresh (obbligazioni convertibili con cui era stata finanziata parte dell’acquisizione di Antonveneta, nel 2008) hanno contestato la conversione forzosa in azioni (il burden sharing collegato alla ricapitalizzazione precauzionale) chiedendo un miliardo di euro di danni. Rispetto a questa richiesta, la banca guidata da Marco Morelli ha opposto “assoluta tranquillità”, ricordando che la conversione del Fresh è stata avallata dalle Authority. A ogni modo, con le ultime cause sale a quasi sei miliardi il “conto” complessivo chiesto, in termini di danni, in sede civile a Mps.

LA BORSA

Intanto, a Piazza Affari, le azioni Mps hanno risentito sia di questi fattori specifici sia delle generali turbolenze che negli ultimi giorni hanno riguardato il settore bancario italiano, con l’aumento di capitale di Banca Carige in corso e quello del Creval che dovrebbe partire con l’anno nuovo. Così, dopo essere rientrate in Borsa il 25 ottobre scorso a una valutazione di 4,28 euro e dopo avere toccato un minimo il 16 novembre in area 3,34 euro, venerdì 24 novembre hanno chiuso a 3,998 euro, con un rialzo giornaliero di quasi l’1,5% e a un soffio dalla soglia dei 4 euro. Da ricordare che il Tesoro paga 8,65 euro l’una le azioni che compra dagli ex obbligazionisti frodati, con una perdita secca immediata rispetto ai valori di Borsa di oltre il doppio. Già le azioni che hanno condotto il Mef al 52% attuale erano state pagate 6,49 euro l’una.

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