Francia e Germania potrebbero avere trovato il modo per risvegliare “la bella addormentata del Trattato di Lisbona”: la cooperazione strutturata permanente (Pesco). Un diffuso senso di insicurezza ha recentemente aumentato la volontà politica di approfondire la coesione della difesa europea, e questo ha spinto la Commissione europea a presentare, negli ultimi 18 mesi, una serie di iniziative tese a rafforzare la cooperazione nel settore. L’articolazione del Rapporto annuale comune sulla difesa (Card), della Pesco e del Fondo europeo di difesa (Edf) sarà determinante: mentre il Card identificherà i gap di forze e capacità a livello dell’Unione, e mentre l’Edf sosterrà i progetti tesi a colmare tali gap, la Pesco sarà il fondamento politico del triangolo. Essa fornirà un orientamento per attivare un approccio coordinato alle altre due iniziative; dal suo successo dipenderanno i risultati reali di ogni progetto. La buona riuscita del lancio della Pesco – atteso per la fine del 2017 – dipende soprattutto dalla volontà e capacità che Francia e Germania avranno di radunare un numero di Stati abbastanza ampio intorno alle loro proposte su ciò che la Pesco dovrà essere. Come definita dal Trattato di Lisbona (2009), la Pesco è un framework inclusivo, output-oriented e giuridicamente vincolante di cooperazione in materia di difesa, che ha l’ambizioso obiettivo di rivolgersi “alle missioni più impegnative”. Le conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2017 hanno dato agli Stati membri tre mesi per stilare “una lista comune di criteri e impegni, con una tabella di marcia precisa e con meccanismi di valutazione speci- fici”. In risposta, Francia e Germania, con il supporto di altri sei Stati membri, hanno presentato a luglio la propria visione comune della Pesco: un primo passo incoraggiante per un programma molto ambizioso ma anche flessibile. Così, Parigi e Berlino stanno lavorando per trovare un compromesso che accontenti i rispettivi, e apparentemente incompatibili, desideri per una struttura di difesa ambiziosa (Parigi) e inclusiva (Berlino), trasformando la Pesco in un processo. Con un approccio a fasi, gli Stati Ue potrebbero aderire alla cooperazione e sviluppare nuove e comuni capacità senza dover risolvere le grandi differenze legate a un obiettivo fi- nale. Tale novità, insieme all’attuale ambiente politico e strategico, diffonde un senso di ottimismo a Bruxelles e in alcune capitali europee. Nondimeno, un po’ di cautela è necessaria, dato il numero di tentativi falliti in passato nello sviluppo di un serio progetto di cooperazione sulla difesa. Anche con l’estromissione delle maggiori divergenze – legate alle diverse culture strategiche e alle priorità di lungo periodo –, restano alcuni ostacoli tecnici e politici all’implementazione della Pesco nel breve e medio termine. Specificatamente, le questioni su membership, progetti e adattamento avranno bisogno di risposte se si vorrà davvero risvegliare la cooperazione in materia di difesa dal suo lungo sonno.
LA PESCO COME UN PROCESSO A IMPEGNI
La vittoria di Emmanuel Macron è stata accolta con sollievo e speranza da Berlino, dato che il nuovo presidente francese aveva promesso ambiziose riforme interne e mostrato il desiderio di lavorare a stretto contatto con la leadership tedesca per “ricostruire” il progetto europeo. In tale contesto, i temi di difesa sono stati all’apice dell’agenda bilaterale: il 13 luglio, il Consiglio franco-tedesco su difesa e sicurezza e l’annuncio di un piano di lavoro comune su “una nuova generazione di velivoli da combattimento” hanno mostrato la rinnovata aspirazione per una più profonda cooperazione nel settore. Entrambi i Paesi hanno inoltre riaffermato il supporto al pacchetto difesa dell’Ue, così come il desiderio di vederne rapidamente i risultati. Due differenti visioni della Pesco sono state però promosse da Parigi e Berlino: mentre i francesi si focalizzano sul potenziale dell’iniziativa, su ambizione ed efficienza, premendo per esigenti criteri di ingresso e forti impegni operativi, i tedeschi insistono sull’inclusione, temendo che l’imposizione di standard troppo elevati possa creare divisioni interne all’Ue e alienare un alto numero di Stati membri. Tale dicotomia ha fissato il dibattito e, almeno fino alla fine di giugno, è stata la ragione del serio disaccordo tra i due Paesi. Passi in avanti ci sono stati quando Francia e Germania hanno convenuto sulla trasformazione della Pesco in una “macchina a impegni”. In altre parole, per entrare nel framework, gli Stati membri non dovranno possedere e fornire dapprima un alto livello di capacità e risorse operative, ma piuttosto dovranno impegnarsi a raggiungere obiettivi ambiziosi. La Pesco diventerebbe così un processo invece che un framework, e l’obiettivo finale – incoraggiare un gruppo di Paesi europei ad aumentare i propri impegni in difesa e rafforzare il coordinamento delle loro politiche – potrebbe essere raggiunto mantenendo un approccio inclusivo. Tale cambio di rotta è stato tradotto nella proposta di una lista di impegni, stilata prima dell’estate da Francia e Germania, che ha offerto una base per la successiva definizione di criteri nel Consiglio europeo di ottobre. Ottenuto il supporto di altri sei Stati membri con caratteristiche strategiche differenti, il testo franco- tedesco presenta una posizione condivisa da un gruppo relativamente rappresentativo di Paesi europei. La proposta, che tiene conto anche delle ben note preoccupazioni dei membri dell’Europa centrale, si sviluppa intorno alle due visioni della Pesco. Obiettivi ambiziosi – cioè rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa e compiere il primo passo verso un pacchetto di forze a pieno spettro – sono combinati con un rassicurante “approccio a fasi” che permette agli Stati di specificare la propria tabella di marcia per gli obiettivi di capability.
ESTROMETTERE LE QUESTIONI DI LUNGO TERMINE
Le discussioni relative alla cooperazione in materia di difesa a livello europeo spesso iniziano e si bloccano sulle divisioni fondamentali tra le culture strategiche di Francia e Germania, viste come limiti persistenti alla coesione. Sebbene tali differenze siano reali, non ostacolano la costruzione della Pesco o la sua implementazione nel breve periodo. Il primo limite riguarda l’impossibilità di un’equa ripartizione delle responsabilità di sicurezza tra Parigi e Berlino. In tale ottica, per storia e cultura strategica, la Germania non acconsentirebbe agli stessi impegni e interventi militari a cui acconsentirebbe la Francia, e ciò potrebbe risultare problematico quando si dovranno definire le operazioni che la difesa europea potrà condurre. Eppure, Parigi sa bene dei notevoli sforzi che la Germania ha fatto negli ultimi anni per accrescere le proprie capacità militari e, cosa più importante, per essere più direttamente coinvolta negli interventi militari fuori dall’Europa come in Mali. La divisione del lavoro nel Sahel conferma dunque che le truppe tedesche e francesi continueranno ad assumere ruoli differenti, ma mostra anche che una cooperazione costruttiva è possibile e già in atto nonostante le suddette differenze. La seconda questione culturale riguarda la percezione ambivalente che i Paesi europei hanno delle crescenti capacità militari tedesche. I vicini della Germania, e specialmente la Francia, hanno spesso mostrato di preferire che Berlino resti una potenza militare limitata. Per la sua storia, la politica di difesa tedesca dovrebbe essere contenuta in modo tale da non esacerbare l’insofferenza della altre potenze continentali. Tale argomento, usato per lo più in Germania per giustificare il timido aumento delle spese per la difesa, non è convincente. Il desiderio francese di vedere Berlino prendersi maggiori responsabilità di sicurezza mette con ogni pro- babilità in ombra qualsiasi paura di una Germania militarmente dominante, quantomeno nel breve e medio periodo. Infine, la possibile leadership francese nella difesa europea è messa in discussione da quei Paesi che sono più dipendenti dalla sicurezza garantita dalla Nato. Infatti, la tradizionale cultura strategica francese, che promuove autonomia strategica e diversità dei formati di cooperazione – così come testimonia la sua travagliata storia nell’Alleanza atlantica – potrebbe non apparire rassicurante agli occhi di chi interpreta la difesa Ue come un potenziale indebolimento della partnership di sicurezza transatlantica. In realtà, la posizione francese sulla leadership è stata chiara, riaffermata dalle proposte di luglio sulla Pesco: la difesa territoriale dell’Europa continuerà a poggiare sulla Nato, e lo sviluppo di iniziative targate Ue significherà anche il rafforzamento dell’Alleanza connesso all’aumento delle capacità di difesa collettiva di molti alleati. Nonostante i frain- tendimenti, autonomia strategica non significa indipendenza. Essa al contrario è connessa alla complementarietà dei ruoli Ue-Nato. Nel lungo termine, dopo che gli europei avranno riempito, sepa- ratamente e collettivamente, tutti i gap di capacità che sia la Nato, sia l’Unione vogliono colmare, si passerà a stabilire quali future capacità dovranno essere guidate dalla Nato o dall’Ue. Così, la possibilità che l’Ue possa eventualmente diventare un competitor dell’Alleanza non dovrebbe prevenire il processo nel breve periodo. Al fine di rassicurare chi è preoccupato da tale eventualità, le proposte franco-tedesche per la Pesco specificano comunque che i progetti di capacità devono riguardare un pacchetto di forze “full-spectrum”, e non essere legati solo alle missioni di Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) che non necessitano di forze a pieno spettro. Le divergenze culturali e strategiche e il loro impatto sullo sviluppo della difesa europea non sono un mito. Esse dovrebbero essere prese in seria considerazione in quanto argomenti di lungo periodo. Così come Nato e Ue offrono due approcci alla sicurezza europea compatibili ma potenzialmente competitivi, allo stesso modo Francia e Germania presentano due differenti e oppo- sti modelli per la politica di difesa che potrebbero essere di difficile conciliazione quando le forze e le industrie europee saranno più strettamente integrate. Questi argomenti sono conosciuti da tutti gli attori, discussi in Francia come parte della revisione strategica nazionale. Tuttavia, data l’attuale situazione della spesa europea per la difesa, tali considerazioni non rappresentano il problema maggiore. E nemmeno devono essere definitivamente risolte per fare progressi significativi. Infatti, l’approccio dovrebbe essere focalizzato su argomenti tecnici e politici di breve periodo, lasciando che il dibattito su argomenti più ampi resti aperto. Questo pragmatismo potrebbe essere implementato attraverso la Pesco, e per questo il focus immediato dovrebbe essere posto sulla sua realizzazione.
Alice Billon-Galland, research fellow presso l’European leadership network
Martin Quencez, fellow e senior program officer presso il German Marshall Fund of the United States