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Legge di stabilità, pregi e difetti secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio

stabilità

L’ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente che vigila sulla finanza pubblica per far rispettare i termini del Fiscal Compact, ha passato ai raggi x la Legge di stabilità presentata dal governo di Paolo Gentiloni. In un documento di 50 pagine, presentato nel corso di un’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente Giuseppe Pisauro (in foto) non ha risparmiato critiche evidenziando come si tratti di una “programmazione di corto respiro che inficia la trasparenza dei conti pubblici nonché la prevedibilità del quadro macroeconomico”. (leggi qui il testo completo)

PRIMA PICCONATA: SI SPENDE TROPPO, A RISCHIO I SALDI

Secondo i tecnici il recente scambio di lettere tra la Commissione europea e il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha evidenziato come vi sono dei “rilevanti fattori d’incertezza” che devono essere presi in considerazione. In particolare la manovra delineata evidenzia per il 2017 “un forte rischio di deviazione significativa per quanto riguarda sia il sentiero di aggiustamento del saldo strutturale (in termini annuali e biennali), sia il rispetto della regola sulla spesa, a causa del maggior tasso di crescita della spesa totale indicato”. Tutto questo potrebbe portare la Commissione a fare un richiamo al Governo e testimonia come “l’evoluzione dei saldi di finanza pubblica al netto delle clausole di salvaguardia determinerebbero un aggiustamento di finanza pubblica molto più limitato”. Infatti il deficit del 2019 rimarrebbe sullo stesso livello previsto per il 2018 (1,6% del Pil) e si ridurrebbe solo modestamente nel 2020 (1,2% del PIL). Tutto questo porta i tecnici a ricordare che “a livello europeo, se venissero confermate a consuntivo deviazioni significative dalle regole numeriche sul saldo strutturale o sulla crescita della spesa, è prevista una valutazione complessiva da parte della Commissione per verificare il rispetto o meno della parte preventiva del Patto di stabilità e crescita”. E in caso di mancato rispetto, è “prevista una procedura per deviazione significativa”.

SECONDA PICCONATA: PENSATO PIÙ A CLAUSOLE SALVAGURDIA CHE CRESCITA

Per il terzo anno consecutivo l’intervento più cospicuo messo in atto dall’esecutivo – annotano i tecnici – riguarda l’eliminazione della clausola di salvaguardia (per 15,7 miliardi) relative alla sterilizzazione dell’Iva e delle accise mentre le risorse restanti “sono distribuite su un numero elevato di interventi riferito a un folto gruppo di settori”. In pratica per il 2018, a fronte di una correzione dell’indebitamento netto pari allo 0,6% del Pil, la dimensione della manovra ammonta a circa 28 miliardi (1,6% del PIL) e di questi destina poco alla crescita e lo farebbe sparpagliando le poche risorse in molti rivoli. In particolare i principali interventi riguardano sostanzialmente il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, il rilancio dell’occupazione giovanile, il sostegno degli investimenti pubblici e privati e il contrasto alla povertà. Vengono inoltre rifinanziate le missioni internazionali e il bonus per i diciottenni. Sul versante delle coperture finanziarie- scrivono gli esperti dell’Upb – “la parte preponderante è ascrivibile alle entrate, circa il 70% delle risorse (quasi l’84% nel 2019), infatti, proviene da incrementi di gettito”.

TERZA PICCONATA: PRIVATIZZAZIONI SÌ, MA COME?

Altro tema evidenziato riguarda il tema delle privatizzazioni che potrebbero essere un buon metodo anche per ridurre il deficit. Solo che il documento di programmazione del bilancio “conferma gli obiettivi degli introiti da privatizzazioni (0,3% del Pil) senza fornire però informazioni sufficienti per valutare se il programma sia realizzabile e configurando quindi un altro elemento di rischio del quadro programmatico”. Insomma, senza specificare bene il percorso delle privatizzazioni dalle Poste alle  Ferrovie dello Stato – a cui comunque il ministro Piercarlo Padoan più volte ha detto di non voler rinunciare  – anche questa rischia di essere una misura sterile, più una bandiera da sventolare che una pratica d’effettiva realizzazione. E non solo. La mancanza di indicazioni sulle privatizzazioni, anche con riferimento all’anno in corso, metterebbe in dubbio “la credibilità stessa dei conti pubblici e, di conseguenza, anche la prevedibilità del quadro macroeconomico, ma soprattutto determinano incertezza sulle aspettative, e quindi sulle scelte e i comportamenti, degli operatori economici”.

NON SOLO SPINE: BENE LA DECONTRIBUZIONE E REDDITO D’INCLUSIONE

Il documento dell’Upb non contiene solo critiche, anzi per certi aspetti mette in evidenza gli sforzi fatti dall’esecutivo ed elogia in particolare gli interventi di decontribuzione per favorire l’occupazione giovanile. Nel complesso, l’operazione funge da accompagnamento alla fine delle decontribuzioni del 2015 e del 2016, che andranno a esaurimento proprio nel 2018. Ma l’elemento positivo è “il carattere permanente dello sgravio che, da un lato, interrompe la sequenza di interventi di corto respiro e favorisce la normalizzazione del mercato del lavoro, dall’altro appare coerente con il percorso di graduale riduzione del cuneo sul lavoro”. Ma non solo tra le misure indirizzate al sostegno del reddito e al contrasto della povertà spicca “il rafforzamento del reddito d’inclusione che contribuisce a rendere questo strumento più coerente con la definizione di misura a carattere universale”, anche se condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione lavorativa e inclusione sociale.

Non solo bocciature, quindi, anche se nel complesso l’Ufficio parlamentare di bilancio esprime preoccupazione per una legge di stabilità che sembra muoversi senza una visione d’insieme e soprattutto condizionata dalla zavorra delle clausole di salvaguardia e delle poche risorse rimaste che invece di essere concentrate in un piano organico di sviluppo sembrerebbero essere diluite in troppe voci di spese che non è detto che possano trasformarsi in quella robusta crescita che consentirebbe al nostro prodotto interno lordo di continuare a crescere al ritmo almeno dell’1,5% l’anno come stimato dall’esecutivo.


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