I movimenti, secondo il pontefice, devono superare la tentazione di sostenere acriticamente coloro che sono al potere, finendo per essere soltanto amministratori delle esigue risorse esistenti, anziché favorire la crescita per tutti. Non raramente, i cattolici – dall’Azione cattolica a Comunione e liberazione, dalla Confcooperative alla Coldiretti – sono per lo più inseriti nel Partito democratico. Non si intende qui negare la legittimità di collocarsi politicamente da una parte o dall’altra, di scegliere un partito piuttosto che un altro, evidentemente a certe condizioni. Si desidera solo sottolineare la necessità che la scelta partitica sia sempre vissuta con intelligenza, con senso critico, in modo da non assegnare il primato al colore dell’appartenenza rispetto ai beni-valori in cui si crede.
Concedere il primato alle direttive dei partiti conduce talora a esiti infausti. Quando si parli di libertà di educazione e, ad esempio, di tassazione della scuola cattolica paritaria mediante aliquote Ici o Imu penalizzanti; quando si parli di altri temi sensibili, come l’obiezione di coscienza da parte dei medici nei confronti dell’aborto, o come l’eutanasia, molti cattolici, che fanno riferimento al Partito democratico attualmente al governo, sembrano rimanere inerti, mettendo a tacere ogni obiezione. Non si pronunciano contro gli ordini di scuderia del partito rispetto a decisioni che finiscono per smantellare lo stesso modello di famiglia e il concetto di lavoro, quali sono codificati nella Costituzione italiana. Credo che sia legittimo domandarsi per quale ragione si comportino in tal modo. Non possiedono, forse, una loro identità, che non dovrebbe permettere di rassegnarsi a che i beni-valori fondamentali siano platealmente disprezzati o negati? Non sono dotati di una cultura e di un patrimonio valoriale che li renderebbe rivoluzionari rispetto agli orientamenti esistenti?
Per rispondere a simili interrogativi, sarebbe sufficiente pensare a un breve elenco delle prospettive di cui sono portatori: la vita come dono di Dio; la fraternità; la libertà responsabile; la solidarietà; la famiglia, come culla della vita e dell’educazione della persona; il lavoro, come bene fondamentale, antidoto alla povertà e titolo di partecipazione, che sollecita a politiche del lavoro per tutti; un’economia sociale, implicante una imprenditorialità plurivalente e una finanza a servizio dell’economia reale; l’ecologia integrale; il bene comune; la giustizia sociale; la pace.
Possibile che, in forza della loro identità, della dimensione sociale della loro fede, delle alte motivazioni evangeliche che li animano, della ricchezza della loro tradizione sociale più nobile, in un contesto di smantellamento del valore della vita e della famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, nonché dello Stato sociale, della crisi ecologica, della tratta di esseri umani, di una terza guerra mondiale a pezzi, della crescita delle povertà e delle diseguaglianze, di migrazioni umane dalle proporzioni bibliche, i cattolici non riescano a trovare un sussulto di dignità, il desiderio di un servizio indomito e responsabile al bene comune, un minimo di unità innanzitutto tra loro e, poi, con gli uomini e le donne di buona volontà, per reagire ai mali che stanno portando l’umanità alla rovina? Perché non incontrarsi, parlare, dialogare e costituire insieme nuovi movimenti sociali e culturali, una nuova massa critica tale da poter incidere sulle attuali dinamiche di distruzione e di disumanizzazione delle nostre città, delle nuove generazioni?
In diverse occasioni ho avuto modo di sollecitare le varie organizzazioni, associazioni e aggregazioni cattoliche o di ispirazione cristiana – considerato che non esiste più il vecchio Movimento sociale cattolico –, a compattarsi, a formare nuovi movimenti, quali luoghi di elaborazione di una nuova cultura, di una nuova progettualità, di una nuova rappresentanza e di una nuova partecipazione. Prima ancora di avviare precipitosamente la nascita di nuovi partiti – che qualcuno vorrebbe “cattolici”, cosa che già don Luigi Sturzo ha mostrato essere incongruente –, occorre impegnarsi nell’unire le forze, lavorando alla compattazione di una nuova piattaforma valoriale e culturale, sulla cui base elaborare una nuova progettualità.
Al riguardo, può servire come modello l’azione di quei cattolici che nel secolo scorso hanno provveduto alla stesura del noto Codice di Camaldoli. Si potrà allora giungere, attraverso ulteriori passaggi, a un progetto politico. Fate bene, in questa fase storica, ad unirvi in un movimento, al fine di individuare un nuovo pensiero, una nuova visione della società e, conseguentemente, un nuovo progetto sociale!