Monsignor Silvano Maria Tomasi, membro del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e già Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, è una delle personalità vaticane che si è maggiormente speso sul tema delle relazioni diplomatiche, in modo particolare alle Nazioni Unite, e di un impegno delle religioni a favore di una globalizzazione che miri al benessere e alla pace. Tra questi obiettivi, rientra a pieno titolo l’impegno per il disarmo nucleare. A margine del convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, che ha luogo in Vaticano nelle giornate del 10 e dell’11 novembre, Tomasi ne ha parlato con Formiche.net.
Quali sono i risultati che ci si auspica di raggiungere con questa conferenza?
L’obiettivo è di sensibilizzare l’opinione pubblica e di allargare la cerchia delle persone che possano capire che le conseguenze umanitarie dell’uso, eventuale, della bomba atomica, per accidente o per programmazione, è totalmente inaccettabile da un punto di vista etico e umanitario. Lavoriamo in questa direzione.
Soltanto questo?
No, non si tratta solo di educare e di sensibilizzare le persone, ma anche di creare le premesse per un dialogo con tutti i Paesi che possiedono bombe atomiche, come anche con quelli che non ce le hanno. Per far capire che la sicurezza, che è un diritto di ogni Paese, è meglio garantita non quando cinque o dieci Paesi hanno la bomba atomica, ma quando tutti i Paesi non ce l’hanno.
Si tratta insomma di tracciare un cammino?
Esatto. Quella è la strada, se vogliamo più pratica ed efficace, per garantire la sicurezza. Sembra un po’ un atteggiamento idealistico e poco realizzabile, ma di fatto se guardiamo l’alternativa, o semplicemente ci guardiamo attorno, e vediamo quali sono le conseguenze dei conflitti attuali, come ad esempio in Medio Oriente o come è stato fatto con l’uso della bomba atomica che è stato fatto ad Hiroshima e Nagasaki, allora capiamo che quella strada è certamente non percorribile, insomma, poco pratica.
Pensa quindi che ci sia il rischio, da parte di alcuni Paesi, di sentirsi maggiormente isolati?
L’obiettivo nostro è di buttare giù i muri, fare in modo che ci sia la possibilità di dialogare tra tutti i Paesi interessati, che abbiano o non abbiano risorse atomiche disponibili. Dobbiamo camminare insieme per costruire un futuro che sia basato non sulla minaccia di una distruzione reciproca, ma per far sì invece che la pace diventi il risultato di una fiducia reciproca, nello sviluppare in maniera costruttiva l’uomo e rispondere alle esigenze sociali della popolazione.