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La Nato dalla Strategia Harmel alla Unity and Resolve

Cinquant’anni fa, il Rapporto Harmel “ha evidenziato che l’Alleanza è un’organizzazione dinamica e vigorosa in costante adattamento alle mutevoli condizioni”. I summit dei capi di Stato e di governo di Varsavia (2016) e Bruxelles (2017) hanno aggiornato la strategia di “deterrenza e difesa” di Harmel al nuovo scenario di sicurezza e un ulteriore adattamento della Nato avrà luogo con il prossimo vertice in programma a Bruxelles nel luglio 2018. Attualmente, questo processo di adattamento comporta l’aggiornamento della struttura di comando, delle sue forze e relative capacità, il cui sviluppo richiede una più equilibrata condivisione dei costi e dei rischi.

A tal fine, l’Alleanza è impegnata a definire una nuova equazione di sicurezza basata su dei parametri più equi, sia quantitativi sia qualitativi. Ciò costituisce un obiettivo fondamentale per rafforzare il legame transatlantico e continuare a garantire l’indivisibilità della sicurezza tra Stati Uniti e l’Europa. Con riferimento alla Russia, il Rapporto Harmel ci ricorda che “la sicurezza militare e una politica di distensione non sono in contraddizione ma complementari”. Mentre il “perseguimento della distensione non deve dividere l’Alleanza”, l’elaborazione di una strategia più efficace nei confronti della Federazione Russa, in grado di combinare deterrenza e difesa insieme al dialogo, rimane difficile da raggiungere.

Infine, considerando i problemi di difesa del Fianco sud-orientale e del Mediterraneo, il Rapporto Harmel afferma che “l’area del Trattato nord-atlantico non può essere considerata in isolamento dal resto del mondo. Crisi e conflitti che originano al di fuori dell’area possono avere un impatto sulla sua sicurezza sia direttamente sia influendo sull’equilibrio globale”. In tale prospettiva, la “proiezione di stabilità” della Nato verso il Mediterraneo è essenziale e la costituzione di un hub regionale per il sud, presso l’Allied joint force command di Napoli, va nella giusta direzione. Nonostante il Rapporto Harmel prefigurasse l’attuale approccio a 360 gradi della Nato, che spazia da nord fino a sud, le minacce e le sfide odierne dell’Alleanza appaiono anche di natura differente. Queste, inoltre, originano a livello globale a una velocità senza precedenti.

Il discorso formulato dal presidente Trump a Riad sul terrorismo, religione e sicurezza, così come il nuovo dominio operativo cibernetico, le nuove forme di guerra ibrida, la crisi migratoria, i cambiamenti climatici, la scarsità d’acqua in regioni critiche, evidenziano come la sicurezza non possa più essere identificata con una semplice statica difesa militare dei confini statali. Piuttosto, la sicurezza è divenuta oggi un concetto dinamico che richiede proiezione di forze, mobilità militare, adeguate capacità, così come la proiezione di stabilità attraverso misure di capacity building.

In questo nuovo ambiente di sicurezza, un approccio fondato sulla “sicurezza cooperativa” è essenziale e i recenti progressi nella cooperazione fra la Nato e l’Unione europea dovranno essere sostenuti e concretamente attuati, evitando ogni rischio di duplicazione o competizione fra le due organizzazioni. L’approccio dell’Alleanza a 360 gradi è un passo importante ma non esaustivo. Questo riguarda, difatti, la sola dimensione esterna. Guardando ai “futuri compiti”, la Nato dovrà considerare anche la sua dimensione interna, che richiede un grado ulteriore di azione e lo sviluppo di un’efficace strategia di comunicazione in grado di rafforzare il legame transatlantico e rinnovare l’impegno dei Paesi membri e delle rispettive società civili nei confronti dei valori e degli scopi fondamentali dell’Alleanza.

Dal 1954, è questo il ruolo principale del Comitato atlantico italiano e dell’Atlantic treaty association (Ata), organo di raccordo tra la Nato e le pubbliche opinioni dei Paesi membri e partner dell’Alleanza. Oggi l’Ata è molto più che un’associazione, con una media di cinquecento iniziative condotte annualmente in oltre 38 Paesi, l’Ata è in grado di tradurre le attuali esigenze di sicurezza in azioni concrete, assicurando il raccordo tra le istituzioni nazionali e internazionali, i decisori politici, la comunità imprenditoriale, le opinioni pubbliche e, in particolare, le nuove generazioni. Questa ampia e variegata attività conferisce all’Ata un ruolo cruciale a sostegno di quella “unity and resolve” dell’Alleanza, che troverà ulteriore conferma nel Summit Nato del luglio 2018.

Fabrizio W. Luciolli è presidente del Comitato atlantico italiano e dell’Atlantic treaty association (Ata)


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