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È ora che la politica faccia qualcosa per le famiglie. Parla Gianluigi De Palo

GIANLUIGI DE PALO, de palo

Gianluigi De Palo usa il latino per descrivere la situazione della famiglia nel nostro Paese: “Non è più ‘mors tua vita mea’, ma mors tua uguale mors mea”. È questa la locuzione aggiornata con cui il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari riassume quello che a suo dire è il disinteresse della politica nei confronti delle famiglie italiane, a favore delle quali continuano a non vedersi i tanti auspicati sgravi fiscali di cui si parla da anni. Ma che alla fine non vengono mai approvati, neppure con questa questa legge di stabilità. Una questione che De Palo conosce bene anche dal punto di vista amministrativo – per aver ricoperto la carica di assessore alla Famiglia di Roma Capitale –  e personal: sposato da una decina d’anni, ha quattro figli, col quinto in arrivo. “Passano i governi” – ha affermato a Formiche.net in questa conversazione – “ma la situazione per le famiglie italiane rimane sempre la stessa”.

Nel 2015 scriveva sul suo sito: “Anche quest’anno la legge di stabilità non prende in considerazione le famiglie”. Due anni dopo, qual è la situazione?

Premetto che questa è la prima manovra che commento in maniera ufficiale, dato che sono stato eletto presidente del Forum il 28 novembre del 2015. Per quanto riguarda lo scorso anno, il Paese è stato bloccato dal grande bluff del referendum costituzionale. Qualunque provvedimento è stato procrastinato a dopo l’esito della consultazione.

Dopo l’avvicendamento tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi cosa è cambiato per i nuclei familiari?

Nulla. Non c’è stato un esecutivo che, sinora, sia riuscito a fare sintesi sul tema delle famiglie. Da trent’anni a questa parte le cose vanno sempre peggio. Fare qualcosa per le famiglie è come piantare un albero: all’inizio non lo vedi, ma il Paese, quando inizia a crescere, ne risente positivamente.

Difficile fare progetti a lungo termine quando, dal 2013, sono cambiati quattro governi.

Direi impossibile. Siamo schiacciati dalla logica del presente, dei prossimi tre o quattro anni, perché il consenso si valuta in questo modo. E la situazione delle famiglie, ormai, è allo sfacelo.

Nei suoi interventi parla spesso di fattore famiglia. Che cosa intende?

La proposta ideale, secondo noi, sarebbe il quoziente familiare alla francese. In Italia, però, non ci si è mai lavorato seriamente.

Perché?

I sindacati erano contrari perché andava a sostenere i redditi alti. Dall’altra parte, dicevano che disincentivasse il lavoro femminile. A quel punto, il Forum delle associazioni familiari, già prima della mia elezione, ha dovuto cercare una proposta alternativa.

Il fattore famiglia.

Esatto. Secondo l’Istat, una famiglia è non capiente se guadagna meno di 7 mila euro. Per lo Stato italiano, se tu hai 7 mila euro sei incapiente e non puoi pagare le tasse. Noi, come Forum, diciamo: se questo vale per il singolo, allora dovrà valere anche per tutti i componenti familiari. Faccio il mio esempio: ho una moglie, quattro figli e un altro in arrivo. Quindi dovrei calcolare 7 mila euro per ciascun componente del mio nucleo familiare, composto da sette persone.

Fanno 49 mila euro.

Nel mio caso, sì. Ma la somma, naturalmente, cambierebbe in base al numero dei componenti a carico. Al di là dei calcoli matematici, il concetto chiave è quello dell’articolo 53 della nostra Costituzione: le persone devono pagare le tasse in base alla loro capacità contributiva.

Il bonus bebè è stato confermato anche per il 2018, ma verrà corrisposto per un solo anno. Che cosa ne pensa?

Sono sempre contento quando viene fatto qualcosa per le famiglie. È chiaro che tra togliere il bonus e rimetterlo scegliamo la prima opzione. Il tema, però, è un altro: occorre fare delle politiche che siano utili per le famiglie. Se i soldi del bonus bebè venissero impiegati per cose più urgenti sarebbe meglio.

Tipo?

Se ci dicessero: ecco, ci sono i soldi del bonus bebè, noi inizieremmo con la prima fase del fattore famiglia. Proprio come in casa, dove si acquista una cosa per volta: prima la macchina, poi il frigorifero, a seconda delle necessità. In politica, invece, è tutto o niente. E poi il bonus, tra l’altro burocraticamente così complesso che una famiglia a un certo punto potrebbe pure lasciar perdere, segue la logica dell’elemosina. Ma le famiglie non vogliono agevolazioni. Vogliono giustizia.

Come giudica il reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni?

Ripeto: siamo felici quando un provvedimento riguarda le famiglie. L’unico problema è che queste politiche, dal Rei al bonus bebè, sono rivolte solo alle famiglie povere. In Italia, invece, sono le famiglie medie a stare peggio rispetto a quelle degli altri Paesi europei. Qui ci concentriamo sui provvedimenti assistenzialisti, senza capire che abbiamo bisogno di politiche familiari per i nuclei medi che, oggi, rischiano di diventare poveri.

Ha detto che da trent’anni la politica ignora le famiglie nel sistema fiscale: perché?

Come dicevo prima, la politica si concentra su un breve lasso di tempo: 3, 4, 5 anni. Dall’altra parte, in Italia consideriamo la famiglia come una realtà che comunque regge. La stessa cosa che facciamo col turismo. Tanto i visitatori a Roma vanno comunque: perché incentivarlo? Per quanto riguarda la famiglia, se non si corre ai ripari, e potrebbe essere già tardi, i redditi degli anziani continueranno ad aumentare rispetto a quelli dei giovani. Morale: mors tua uguale mors mea.


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