Domenica sono stato invitato a partecipare all’Assemblea costituente della lista unitaria di sinistra “Liberi e Uguali” e sono andato con piacere. Sono stato un osservatore. Ho fatto un po’ quello che sarebbe il mio lavoro: il sociologo. Mi sono guardato attorno. Ho osservato le persone, ho ascoltato i commenti ai vati interventi delle militanti e dei militanti. Ho poi ascoltato con grande attenzione quanto ha detto Pietro Grasso. Qui voglio condividere l’idea che mi sono fatto.
Arrivo con un po’ di ritardo a Roma, perché il frecciabianca che partiva da Viareggio arriva con i consueti 20 minuti circa di ritardo e tra una cosa e l’altra, raggiungo via Oceano Atlantico un’ora dopo il previsto. Non è un problema: non è ancora iniziato niente. Ai cancelli della sala convegni c’è una massa di persone in attesa. Non so dire in quanti fossero ancora lì, ad aspettare, forse 200 o 300 persone, mentre altre centinaia si muovevano già lentamente verso la seconda entrata, per accreditarsi. Insomma, tante e tanti. Dentro hanno già preso posto 1500 delegati e gli spazi per gli invitati sono già tutti occupati, tanto che devo farmi spazio tra una calca serrata di persone. L’organizzazione a fine giornata stimerà circa 5000 persone. Tra quelle arrivate e quelle rimaste fuori.
Osservando le persone, capisco che è una platea composita. Ci sono persone di ogni tipo e, con mia sorpresa, tante e tanti giovani, anche se poi sui giornali si leggerà che erano tutti anzianotti. Non è così. Inoltre, a differenza di quanto ho sentito dire in qualche trasmissione televisiva all’indomani dell’iniziativa di “Liberi e Uguali“, non c’era la parte snob e borghese della sinistra, anzi, c’era un popolo semplice. Una differenza notevole rispetto a tante altre iniziative a cui ho partecipato, per vari motivi, negli ultimi anni. C’è una differenza, sempre più chiara, anche rispetto alla platea a cui si rivolge il PD.
Ascolto gli interventi di Civati, Fratoianni e Speranza. Ci leggo una spinta interessante. Un tentativo di andare insieme, malgrado le chiare e profonde differenze. Tuttavia, è palese: ci sono tre leader, e ci sono tre partiti. Parlando con alcune ed alcuni nello spazio invitati trovo conferma della mia sensazione: “qui ci sono tre partiti” mi dice un ragazzo “oggi facciamo una lista unitaria per le elezioni, tutto qua”. Ed io annuisco. Interviene Grasso ed è un’esplosione di emozioni in platea e fuori. Vedo negli occhi delle persone una sincera soddisfazione e una voglia di riscatto. Applaudono, si guardano attorno per vedere se i militanti dei vari schieramenti sono compatti o meno.
Qualcuno intanto protesta ferocemente con le guardie di sicurezza: vorrebbero entrare dentro, sono delegati, ma non possono, la capienza massima della sala è raggiunta e devono restare fuori anche loro. C’è un po’ di amarezza perché in tanti sono venuti per contribuire, invece si sentono esclusi. 1500 delegate e delegati sono un’enormità. Inoltre, l’assemblea non era chiamata a lavorare su alcunché. Diciamo che questo faceva parte della scenografia e va bene così.
Arrivo però alle considerazioni politiche.
Credo che Pietro Grasso sia un ottimo candidato, che contenderà al PD molti voti, ma anche alle formazioni centriste, a dispetto di quello che qualcuno può pensare. Il termine quasi dispregiativo “cosa rossa” che alcuni usano per definire questo percorso politico è sbagliato. All’incontro era presente anche il Presidente delle ACLI, ossia delle associazioni cattoliche dei lavoratori. Non può sfuggire il significato di questa partecipazione. L’apertura di questa formazione di sinistra è ampia, dalle frange più radicali, che individuo nell’area di Sinistra Italiana, tanto che già ieri un gruppo di dirigenti locali si è autosospeso in disaccordo con la scelta presa da Fratoianni, all’associazionismo e “centro” del cattolicesimo sociale. Inoltre, diverse volte è stato citato Papa Francesco. Ecco, sarebbe inusuale per una “cosa rossa”.
Il PD in questi anni, è inutile far finta che non sia vero, ha perso molto consenso. Nel risultato delle elezioni europee, usato con tanta enfasi per sottolineare un successo, c’erano anche i voti di Bersani, D’Alema e Civati. E non erano pochi, a differenza di quel che la retorica degli ultimi tempi raccontava. E nelle elezioni amministrative successive abbiamo visto, in modo chiaro, che il PD vinceva, bene, solo se unito. Solo se entrambe le sue anime cooperavano. Sui perché, le responsabilità, e altre questioni, non mi dilungherò in questo articolo.
Credo quindi, onestamente, che la scelta di mettersi insieme, alla sinistra fuori dal PD, sia una cosa importante che fa bene anche al PD. In vista delle prossime elezioni, una fetta consistente di elettorato di sinistra che votava PD sarebbe scivolato senza dubbio nell’astensione perché, che ci piaccia o meno, non votano più “questo PD” e non vogliono Matteo Renzi. Mentre il M5S si consolida e cresce, il centro destra si riunisce e scivola pericolosamente verso un pensiero di destra radicale con Salvini e Meloni, il PD rischia di rimanere schiacciato, isolato e quindi impotente. Nei sondaggi la parabola discendente continua e dunque sarebbe bene riflettere sugli scenari post voto, che non implichino, di nuovo, un’alleanza che snaturerebbe ulteriormente questo partito.
Tuttavia, quello che ho visto a Roma il 3.12 non è stata l’occasione per creare un soggetto politico nuovo, sulla scia di quanto era accaduto in Germania, con la creazione di Die Linke. Restano le divisioni, che poi si materializzano di giorno in giorno, dovute alla co-esistenza di tre movimenti distinti, due dei quali (Possibile e MDP) guardano alla socialdemocrazia europea, e uno, Sinistra Italiana, alla formazione GUE/NGL. Un’ambiguità che dovrà essere risolta, prima o poi.
Un partito di sinistra unito forse era auspicabile, prima di fare una lista (unica). Il rischio è che il collante lo faccia Grasso come figura di leader in vista delle elezioni. Un logica di brevissimo termine. Ma il giorno dopo? Il percorso continua, od ognuno andrà, di nuovo, per la sua strada? Alcuni si dicono fiduciosi, mi dicono “i tempi purtroppo sono stretti” e “confido che questo soggetto politico dopo le elezioni si farà”.
Dal punto di vista elettorale, credo che Liberi e Uguali potrebbe raggiungere senza difficoltà l’8-9%. Se sarà capace di mobilitare un pezzo di astensione o se si limiterà a drenare i voti del PD, è da vedere. Intanto, la formazione di Giuliano Pisapia collassa, e un alleato potenziale del PD viene meno. Ciascun schiaramento dovrà fare di tutto, quindi, per mobilitare gli astenuti, piuttosto che cercare di strapparsi pezzetti di consenso reciproco. Altrimenti non ci sarà un aumento della forza del centro-sinistra, ma solo un travaso di voti e dunque un gioco a perdere per entrambe le formazioni politiche.
Lo scenario è comunque drammatico. Si dovrà arrivare, a un certo momento, a una scelta. O il centro-sinistra si ricostituisce attorno a un progetto progressista, socialdemocratico, oppure il Paese è consegnato alla destra, quella più becera, con un blocco centrale consistente, che è il M5S, impegnato solo a battere i pugni contro quello o quell’altro, ma impotente e incapace di produrre effetti sulle attività del governo prossimo. Anche loro dovranno cambiare e scegliere che percorso seguire. In democrazia, ciascuno deve fare la sua parte e ciascuno ha il suo ruolo. Sarebbe bene che ci preoccupassimo anche di cosa accade in casa d’altri.