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La Russia ipoteca la Siria e l’Iran avanza verso l’esercito israeliano

Il Natale non ferma le manovre di Russia e Iran in Siria a fianco del regime di Bashar Al Assad. Mosca ha annunciato di voler stabilire una presenza militare permanente presso le basi navali e aeree della Siria. La struttura navale di Tartus, unica base navale della Russia nel Mediterraneo, sarà ampliata e garantirà alle navi da guerra russe l’accesso alle acque e ai porti siriani.
La base aerea di Hmeimim, da cui la Russia ha lanciato numerosi attacchi aerei a sostegno del presidente Bashar al-Assad durante la sua guerra con i ribelli, potrà ora essere utilizzata dalla Russia indefinitamente, secondo l’accordo stabilito con il governo di Damasco e di cui ha dato conto l’agenzia stampa Ria.

Sul campo intanto le forze fedeli al governo di Damasco e i miliziani loro alleati, sostenuti dall’Iran, avanzano nel sud della Siria, spingendosi “sempre più in profondità” nell’ultima enclave ribelle di un’area strategica al confine con Israele e Libano. A riferirlo fonti di gruppi armati ribelli, secondo cui l’esercito di Damasco e le forze sciite, accompagnate da milizie druse locali, stanno avanzando sul bastione ribelle di Beit Jinn, a nord ovest delle alture del Golan, occupate dall’esercito israeliano. L’enclave di Beit Jinn è infatti l’ultimo bastione ribelle rimasto nel sud-ovest della Siria, noto come Ghouta occidentale.

Sarà per queste ragioni che decine di gruppi ribelli siriani hanno respinto l’appello di Mosca a svolgere un vertice con il regime il prossimo mese a Sochi, per trovare una soluzione al conflitto che imperversa in Siria. Russia e Iran – alleati del presidente Bashar al Assad – e la la Turchia, che sostiene i ribelli, hanno proposto di organizzare un “congresso di dialogo nazionale” nella località turistica russa, il 29 e 30 gennaio. Un appello che arriva mentre l’ago della bilancia pende largamente a favore del regime, che controlla ormai il 55 per cento del territorio siriano dopo aver inflitto una serie di sconfitte ai ribelli, presenti ormai in poche “sacche” in questo Paese martoriato. “Respingiamo in toto il tentativo della Russia di aggirare il processo di Ginevra”, hanno indicato in un comunicato quaranta gruppi ribelli, alludendo ai negoziati di pace che si sono tenuti a più riprese nella città svizzera sotto l’egida delle Nazioni Unite ma che non hanno mai portato risultati. Tra le numerose fazioni firmatarie figurano il movimento islamista Ahrar al Sham e gruppi armati da Washington, come le Brigate al Motassem.

A dare ragione all’opposizione siriana è il rapporto della Syrian Network for Human Rights, un gruppo a tutela dei diritti civili con sede a Londra, secondo cui, soltanto nei primi 11 mesi del 2017, il governo di Damasco ha sganciato 5,913 bombe in aree controllate dai gruppi armati dell’opposizione. Nel 2012 questo numero era pari a 2.314, seguito dalle 14.976 bombe del 2013, alle 14.837 sganciate nel 2014, alle 17.318 del 2015 e alle 12.958 del 2016. Secondo quanto riferito, i sobborghi di Damasco sono stati i piu’ colpiti, con oltre 22mila tra raid aerei e colpi di artiglieria sparati. Tra il luglio 2012 e il novembre 2017 – è il drammatico bilancio – le forze armate fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad hanno sganciato sul paese mediorientale almeno 68.334 bombe in aree popolate da civili.


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