La Coalizione araba a guida saudita ha annunciato di aver intercettato oggi un missile balistico diretto contro Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Si tratta, come rivendicato dai ribelli Huthi che combattono in Yemen con il sostegno dell’Iran, di un Burkan-2, missile balistico di medio raggio (capace di superare i mille chilometri), lo stesso tipo di quello lanciato a fine luglio contro una raffineria saudita. L’obiettivo sarebbe stato il palazzo reale al-Yamama situato nella capitale saudita. L”utilizzo di missili di tale portata nella guerra che ormai da anni imperversa in Yemen pone interrogativi importanti sulla proliferazione di tecnologie missilistiche. Riportiamo, a tal proposito, l’analisi, pubblicata sulla rivista Airpress, di Michele Nones, consigliere scientifico dello Iai, e Stefano Silvestri, direttore editoriale di AffarInternazionali, in occasione dei trent’anni del Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (Mtcr).
Ogni riflessione sul futuro del regime di controllo delle tecnologie missilistiche deve partire dal riconoscimento che si tratta di uno strumento importante, perché rende più difficile e lenta la proliferazione dei missili balistici e dei missili da crociera a lungo raggio; stabilisce una base di consenso e cooperazione tra i principali Paesi produttori di questi missili; serve come test per discriminare i “buoni” dai “cattivi”, così ad esempio facilitando il raggiungimento del consenso nelle sedi multilaterali, come le Nazioni Unite; complementa il Tnp e gli altri trattati per il controllo degli armamenti di distruzione di massa; può contribuire a suonare l’allarme nei confronti dei Paesi che lo violano quando ancora c’è qualche speranza di riprendere il controllo della situazione; e infine obbliga a mantenere un alto livello informativo multilaterale e di controllo sugli sviluppi delle tecnologie missilistiche.
Esso però non ha impedito la proliferazione missilistica, come sta clamorosamente dimostrando la Corea del Nord. Al meglio, l’ha solo rallentata e circoscritta. Tra le sue principali debolezze si possono indicare: la distinzione che opera tra missili a uso militare (controllati) e missili a uso civile (permessi), legata alla volontà di non intralciare lo sviluppo di capacità di lancio civili per lo sfruttamento dello spazio extra-terrestre; l’incapacità di adeguarsi alla crescita tecnologica dei singoli Paesi legata alla globalizzazione, a più elevati standard di istruzione e culturali, alla disponibilità sul mercato di tecnici e scienziati disposti a espatriare; la mancanza di meccanismi coercitivi o quanto meno ispettivi in grado di verificare rapidamente eventuali violazioni. Inoltre, l’evoluzione tecnologica può ulteriormente fragilizzare questo regime:
- Il crescente sviluppo dei droni va molto al di là delle capacità dei missili da crociera;
- Gli aerei militari acquisiscono nuove capacità di penetrazione dello spazio aereo nemico, in particolare attraverso le tecnologie stealth;
- L’importanza crescente dello sfruttamento dello spazio extra-terrestre moltiplica i Paesi con legittime aspirazioni in materia di lanciatori;
- La tecnologia dei missili balistici è ormai più che matura ed è sostanzialmente di facile apprendimento. Ci si concentra piuttosto su alcune caratteristiche a più alta tecnologia come i sistemi di guida, la propulsione e la miniaturizzazione dei carichi bellici, ecc. Tuttavia in questo caso bisogna anche fare i conti con i grandi sviluppi della tecnologia civile, con possibili usi duali, molto più difficili da controllare;
- Lo sviluppo delle cosiddette stampanti tridimensionali che rendono più difficile impedire l’accesso a specifiche componenti nella misura in cui possono essere prodotte senza doversi dotare di grandi impianti.
Con il nuovo millennio vi è già stata una radicale trasformazione del mercato internazionale sul piano economico e su quello tecnologico e questo fenomeno si accentua ogni giorno di più. Sul primo piano, la globalizzazione ha aumentato a dismisura l’interscambio e questo rende molto più difficili i controlli sui trasferimenti di prodotti e componenti. Ma ha anche fatto crescere il numero dei Paesi dotati di capacità industriali, un fenomeno favorito da delocalizzazione, crescita dei mercati interni, accordi sull’offset anche in settori tecnologicamente avanzati. Sul secondo piano, quello tecnologico, il cambiamento è ancora maggiore.
È sempre più spinto lo sviluppo di tecnologie utilizzabili in modo duale che nascono e si sviluppano per far fronte a esigenze civili, soprattutto in campo elettronico, spaziale e aeronautico. Da queste si può facilmente passare alle parallele applicazioni militari. Vi è poi un facile accesso alle informazioni tecniche legato a Internet (oltre che un più facile trasferimento di informazioni sensibili) e una maggiore libertà di trasferimento delle tecnologie attraverso la formazione di tecnici, spesso provenienti da Paesi non sviluppati, o l’assunzione di tecnici di Paesi tecnologicamente avanzati (o che hanno già sviluppato capacità nella missilistica). Nel complesso bisogna, quindi, prendere atto che il regime Mtcr sta perdendo colpi. Tuttavia rinunciare alla sua esistenza sarebbe un grave errore, in primo luogo politico, perché significherebbe anche la rinuncia a ogni forma di controllo della proliferazione missilistica: una sorta di “liberi tutti” di cui è difficile prevedere le conseguenze, ma è facile ritenere che sarebbero pericolose. È quindi necessario avviare una riflessione su come rafforzare e migliorare tale regime, o su quali alternative siano a nostra disposizione per ottenere migliori risultati.