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L’omicidio del sindaco di Misurata in Libia è un forte segnale politico. Parla Mercuri

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Ieri sera il sindaco di Misurata, Mohamed Eshtewi, è stato rapito e assassinato al suo ritorno da un viaggio a Istanbul. Il corpo è stato ritrovato fuori da un ospedale con almeno tre proiettili nella schiena. Anche il fratello che era con lui è gravemente ferito. Eshtewi ultimamente aveva ricevuto minacce e pressioni scrive il Libya Herald. Per comprendere le motivazioni del delitto, i possibili assassini e gli scenari che si aprono in Libia, Formiche.net ha sentito Michela Mercuri, docente di Storia dei Paesi mediterranei all’università di Macerata e autrice del libro “Incognita Libia”.

Il sindaco di Misurata, Mohamed Eshtewi, è stato assassinato. Questo omicidio cosa significa oggi per la situazione della Libia?

È un momento molto complicato per la Libia. Sono passati esattamente due anni dall’accordo politico di Skhirat che è considerato da alcuni attori interni oramai “scaduto”. Recentemente proprio Haftar ha detto che lo considera non più valido e che, dunque, Fayez al-Serraj non avrebbe più alcuna legittimità. Sono state poi indette elezioni politiche (probabilmente) a marzo 2018. Tutto questo ha causato una sorta di “rimescolamento delle carte” negli equilibri interni riportando a galla gli appetiti delle varie fazioni che vogliono accreditarsi come interlocutori indispensabili per il dibattito politico interno e, dunque, per il futuro del Paese.

In che contesto è maturato l’omicidio?

È probabile che l’uccisione di Mohammed Eshtewi, favorevole agli accordi, vicino a Fajez al-Serraj e che spesso si è detto propenso al dialogo con Haftar, sia stata perpetrata da gruppi contrari alle sue posizioni all’interno delle varie fazioni di Misurata, città nevralgica per gli equilibri del Paese e possibile ago della bilancia per il risultato delle future elezioni libiche. Possiamo comunque considerare anche altre ipotesi, come ad esempio gruppi vicini ad Haftar. Ma la prima tesi mi sembra la più probabile.

Eshtewi tornava da un viaggio da Istanbul quando è stato rapito e ucciso. Che rapporti ci sono tra la Libia e la Turchia?

La Turchia ha sempre appoggiato il governo di Tripoli. La visita di Eshtewi ad Instanbul era forse finalizzata a rafforzare i rapporti tra Ankara e le fazioni di Misurata fedeli a Serraj, anche in vista delle elezioni del 2018. La chiave di volta sono proprio queste elezioni . Non è un caso che alcuni giorni fa il redivivo Saif al Islam Gheddafi, il figlio dell’ex rais libico, abbia dichiarato di volersi candidare. Il panorama è dunque piuttosto composito e instabile e la comunità internazionale, che fin qui sembra appoggiare unanimemente i tentativi di mediazione dell’Inviato Onu Ghassan Salamè, dovrà lavorare ancora moltissimo per trovare un accordo comune per le elezioni nazionali.

Come si porranno gli organi internazionali di fronte a questo delitto?

Questo omicidio è un segnale politico forte non solo per Serraj ma anche per l’Onu. Salamè si è speso molto per un dialogo inclusivo con molti gruppi locali e ora deve fronteggiare questa sorta di “strategia della tensione” , operata da alcuni attori del territorio , che ha visto una decisa escalation in questi ultimi giorni. Questo omicidio politico è utile a tutti quei gruppi locali (probabilmente esclusi dalle trattative politiche) che vogliono accrescere ulteriormente il livello della tensione per far saltare il possibile dialogo. Letta da questa prospettiva, la barbara uccisione del sindaco di Misurata è un ulteriore ostacolo per la pacificazione della Libia e per l’operato dell’Onu.

E la posizione dell’Italia?

Misurata è una città che ha forti legami con l’Italia. Qui dal 2016 abbiamo dato il via alla missione Ippocrate: 300 uomini e un ospedale da campo proprio a sostegno delle milizie di Misurata che avevano combattuto per sconfiggere l’Isis a Sirte. La missione è a tutt’oggi operativa e la presenza dei militari italiani è chiaramente un segnale del nostro sostegno politico alla città e dunque al suo sindaco che, come il governo italiano, sosteneva la necessità di un dialogo politico inclusivo in Libia. Non c’è dubbio, dunque, che questo omicidio e le sue possibili conseguenze ci riguardano da vicino.

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