Come affrontare oggi la questione del dialogo religioso, o dei rapporti tra persone di fede diversa che vivono però all’interno di una stessa società, senza gli strumenti conoscitivi necessari per farlo? O ancora peggio, carichi di pregiudizi e di preconcetti che stimolano la paura della diversità piuttosto che tenerla a freno, fino ad arrivare al punto di sentirsi minacciati o attaccati, creando di riflesso atteggiamenti di diffidenza, e infine di conflitto? È quello che devono essersi domandati i membri della Pontificia Università della Santa Croce e dell’associazione ISCOM, organizzando, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e con il PISAI, un corso sul tema de “Le grandi tradizioni religiosi”.
IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI E LA CONOSCENZA RECIPROCA
Il dialogo fra le religioni è infatti un argomento di primaria importanza nella complessità dell’attuale panorama globale, ha spiegato durante la tavola rotonda monsignor Miguel Angel Ayuso, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. “È importante sconfiggere l’ignoranza e i pregiudizi nei confronti degli altri, per giungere a una conoscenza libera da stereotipi e da interpretazioni errate”, ha meglio affermato. Sono infatti tre gli orientamenti indicati da Papa Francesco, ricordati dallo stesso monsignore: il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità, la sincerità delle intenzioni.
L’INTERVENTO DI MONS. MIGUEL ANGEL AYUSO
“Fin dal Concilio Vaticano II la Chiesa si è interrogata sul rapporto con i rappresentanti delle altre religioni. Il dialogo, come dice Papa Francesco, è importante perché favorisce rapporti di pace. Ed è esigente, perché richiede di avere una identità”. L’atteggiamento di fondo che si deve tenere quindi, ha spiegato il prelato, chiede una “identità chiara, volta a comprendere quella dell’altro”. Assieme a una “solida conoscenza della propria e un’adeguata informazione su quella degli altri”. E chiede inoltre di “ascoltare con un atteggiamento di apertura, a partire dalla propria identità, con interesse verso il patrimonio spirituale di ogni religione”, per “creare ponti di amicizia fondamentali per l’umanità intera”, ha concluso.
IL CORSO SULLE DIVERSE TRADIZIONI RELIGIOSE
Il corso intende fornire informazioni di base sulle principali tradizioni religiosi, con l’obiettivo di approfondire e di far riflettere a partire dai fondamenti delle varie culture, e su quelli che sono i loro riflessi sociali, politici, giuridici ed economici. Cercando di operarne una sintesi, per poterla poi declinare anche nell’attualità e nelle nuove sfide che le società stesse di trovano ad affrontare. Il tema è cioè il “senso del dialogo per come vissuto nella quotidianità”, non “nella pretesa di un dialogo dalle religioni”, ma di un approccio che le osservi “dal punto di vista dell’esperienza umana”, ha spiegato l’onorevole del Pd Khalid Chaouki, nella sua prima uscita pubblica da presidente della Grande Moschea di Roma e del Centro islamico culturale d’Italia, con il segretario generale Abdellah Redouane seduto in prima fila ad ascoltarlo.
LE NUOVE SFIDE SECONDO KHALID CHAOUKI
L’oggetto che tuttavia merita attenzione è anche quello delle “nuove sfide”, a partire “dal senso di Dio e della donna, o anche dell’ecologia”, ha proseguito Chaouki. In particolare, “la nuova sfida è quella della radicalizzazione”, ha affermato ancora il deputato. E non necessariamente di una “deriva della violenza”, ha precisato, ma di una strada che può prendere forme di un “aggrappamento fondamentalistico”, o di “ritorno alla propria identità”. Il punto è dare articolazione a una “conoscenza interpretata come vissuto quotidiano della propria tradizione religiosa, nel senso immediato di come la si vive”, per “ragionare insieme su cosa offrire a un mondo che guarda alle religioni come una possibilità che ha perso occasioni e che non riesce a dare risposte”. In un confronto che riguarda cioè la contemporaneità, ha concluso Chaoki: “il cuore dell’Europa, le tragedie del Mediterraneo, l’integrazione dei migranti, il terrorismo, l’islamofobia. Dobbiamo cogliere le opportunità per rappresentare un esempio di convivenza. Una possibilità di luce, nella libertà di tutti, per avere fiducia nel futuro”.
PERCHÉ CONOSCERE LE VARIE TRADIZIONI RELIGIOSE?
Ma per quale fine, o meglio, perché è rilevante conoscere le tradizioni religiose, come indicato nel titolo dell’evento? “Dipingere insieme questo quadro cui doverosamente siamo chiamati”, è la risposta data dalla presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni. “Perché si vive e si convive tra persone di fede diverse”, ha spiegato con ancor più naturalezza. “L’ebraismo ha vissuto in queste terre, è antico ma vivente. E le sue tradizioni sono parte di un insieme più ampio. Dentro una società che vive il vuoto esistenziale, senza la possibilità di alzare gli occhi al cielo e pregare, questo è importante”, ha chiosato la Di Segni. “Ci sono valori che danno spessore umano anche alla parte non religiosa. E nel momento in cui si va verso nuove elezioni, porre attenzione a questi temi deve essere una responsabilità forte da assumere. Dobbiamo realizzare un passaggio dove si va dalla legittimazione dell’odio alla tutela contro ogni forma di odio”.
L’EBRAISMO E LE PAROLE DELLA PRESIDENTE UCEI DI SEGNI
I docenti del corso, che si articola con una sezione specifica per ogni religione, saranno esperti delle diverse tradizioni, che ne presenteranno la concezione dell’immagine di Dio, della donna e dell’uomo, della loro relazione, del rapporto tra fede e politica e con il tema ecologico, come si legge nell’opuscolo di presentazione. Per fare un esempio, ebraismo non è solo fede, ha spiegato ancora la presidente Ucei. Ma “popolo, terra, ordinamento giuridico, e un’insieme che ci da indicazioni per vivere in tutte le dimensioni della vita”. Come nei “processi didattici e nelle metodologie che derivano dal modo in cui si studia la Torah”. “L’odio, il razzismo e l’antisemitismo oggi sono sfide”, ha così concluso Di Segni. “Ebraismo non è Shoah o Medio Oriente, ma vita, famiglia, festa, studio, sapienza e pace. Se si è insieme, si dà senso a una lingua comune”.