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Tutte le ultime baruffe fra Trump e il direttore Fbi (si dimette?)

Trump, Cina, naso sanguinante, congresso

C’è aria di strappo totale tra Donald Trump e il direttore dell’FBI Christopher Wray. Al centro della disputa c’è il vice direttore del bureau Andrew McCabe, nel mirino del presidente e dell’attorney general (ministro della Giustizia) Jeff Sessions, i quali avrebbero fatto pressioni su Wray per licenziarlo. Le indiscrezioni arrivano dai media americani che riportano fonti attendibili interne all’amministrazione.

Il problema di Trump con McCabe è duplice, e non è stato nascosto dal presidente che ha più volte twittato contro il funzionario. Prima di tutto il suo nome è legato all’ex direttore dell’FBI James Comey, al centro della bufera che si abbatte da mesi sull’agenzia di intelligence interna statunitense, coinvolto nella vicenda Russiagate. Seconda questione, la moglie Jill McCabe, che ha corso come democratica in Virginia per il seggio da senatore accettando per la campagna una donazione da ben 500mila dollari dall’associazione politica che fa capo a Terry McAuliffe, molto vicino alla famiglia Clinton.

“Se toccate il mio vice, me ne vado”, avrebbe detto Wray. Secondo Axios, il direttore, già indispettito dalle frequenti ingerenze nella sua gestione, sarebbe pronto a fare i bagagli, cosa che lascerebbe l’FBI senza direttore creando non pochi problemi all’amministrazione di Trump, appena uscita dalla difficile situazione di shutdown. A cercare di mediare è intervenuto Donald McGahn, consigliere del presidente che, riportano i media statunitensi, sarebbe riuscito ad ammorbidire la posizione di Trump e Sessions. “Sessions ha raccontato al consigliere della Casa Bianca Don McGahn di come Wray fosse preoccupato per la pressione su di lui per licenziare McCabe, e McGahn ha detto a Sessions che questo problema non valeva la pena di perdere il direttore dell’FBI”, ha scritto Axios.

Eppure, affermano altre fonti, il rapporto tra loro e Wray potrebbe essere già compromesso, come dimostrerebbe l’assenza di dialogo tra i soggetti coinvolti. Sulla vicenda è intervenuto il portavoce della Casa Bianca Raj Shah, ricordando che il presidente ha scelto Wray per la sua “integrità” anche se altri membri del bureau “motivati politicamente, hanno finito per contaminare la reputazione dell’agenzia in relazione al perseguimento imparziale della giustizia”.

L’impressione è che le parti siano per ora molto lontane da un accordo. Sessions continua a perseguire un’opera di totale housecleaning dell’FBI cercando di ridimensionare chi era vicino all’ex direttore Comey. Wray, da parte sua, cerca di tutelare il proprio margine di manovra difendendo l’autonomia decisionale sul personale del bureau. Per ora, su questo aspetto ha incassato il sostegno del suo predecessore: “È bello leggere di persone che prendono una posizione per ciò in cui credono”, ha twittato citando Martin Luther King: “La vera dimensione di un uomo non si vede nei suoi momenti di comodità e convenienza, ma in tutte le volte in cui affronta le controversie e le sfide”. Per Donald Trump è arrivata così una nuova gatta da pelare.


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