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Gli italiani eccellenti e la “grande avventura”. Così nasce la Fondazione Guido Carli

Di Romana Liuzzo
carli

Devo molto a mio nonno Guido Carli. Ma non soldi, beni o proprietà. Come mi ha insegnato lui, quando si vive del proprio lavoro nell’interesse della collettività, non si accumulano fortune materiali. Al contrario, si spargono generosamente i semi del merito, dell’onestà e della competenza contro le tante e variegate forme di ignoranza e illegalità che assillano l’Italia.

La grande ricchezza di Guido Carli è tutta qui, in questo formidabile magistero culturale. Ed ecco perché la sua eredità di governatore della Banca d’Italia, presidente di Confindustria e ministro del Tesoro protagonista del Trattato di Maastricht, supera il confine sentimentale di noi familiari: idee, proposte e azioni di mio nonno costituiscono un patrimonio di respiro internazionale a disposizione dell’intero Paese.

Un patrimonio per nulla arcaico, anzi contemporaneo più che mai in un’Italia e in un’Europa che faticano a trovare ciò che egli perseguiva: crescita, occupazione e solidarietà tra gli uomini. Se ancora potessi ascoltarlo, tra una carezza a nonna Maria e una lettura di Lev Tolstoj in lingua originale, so già cosa direbbe nonno Guido del presente: che ha tradito il futuro da lui immaginato nel passato. Ma aggiungerebbe pure che gli “italiani eccellenti” possono ancora invertire la rotta, a patto che ragionino da comunità e non come individui.

Dal novembre del 201l l’Associazione “Guido e Maria Carli”, ente no profit e apolitico, ha rigenerato questo lascito ideale. E lo ha fatto anzitutto attraverso il “Premio Carli”, nato proprio per riconoscere il lavoro delle migliori eccellenze italiane, donne e uomini capaci di esaltare su scala planetaria la natura più autentica del nostro Paese: quella capace, creativa e, appunto, comunitaria.

Ora, spinta anche dalle sollecitazioni della squadra che compone la giuria del Premio – dentro la quale si respira un’aria istituzionale ma lieve, pervasa dal profumo buono delle famiglie perbene, dal presidente onorario Gianni Letta a Urbano Cairo, Mario Orfeo, Fedele Confalonieri, Barbara Palombelli e altri ancora – il 6 luglio 2017 l’associazione ha compiuto un passo ulteriore, strutturandosi nella Fondazione “Guido Carli”.

Il suo battesimo davanti a una platea selezionatissima, avverrà il prossimo 10 maggio, quando la Nona edizione del Premio Carli sarà celebrata, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio, sul palco della sala della Regina a Montecitorio. Subito dopo, come da tradizione, una cena favorirà l’incontro tra persone apparentemente eterogenee, unite però nella sostanza dal tratto comune della genialità italica, tanto cara a mio nonno. Una cena dalla natura conviviale nonostante il suo peso internazionale, convocata volutamente a Roma per contrastare la deriva chiassosa, provinciale e decadente della città.

Ma il debutto della Fondazione, che mi onoro di presiedere, permette anche di ampliare le funzioni dell’associazione. Pertanto le nostre attività in memoria del governatore non si esauriranno in quel giorno così significativo. Questa “grande avventura” vivrà tutto l’anno grazie anche al supporto di un Comitato scientifico composto da dieci persone rappresentative di ogni settore del vivere sociale ed economico. Il comitato sta già lavorando ad un calendario fitto di eventi – presentazioni di libri, convegni e incontri internazionali, dalla geopolitica alla geoeconomia – programmati in stretta collaborazione con l’università Luiss-Guido Carli.

Più in generale, sulla scia del Premio, il primo obiettivo della Fondazione è quello di incoraggiare le “eccellenze italiane” a rimanere nel nostro Paese. E non parlo soltanto delle personalità già affermate, ma anche dei giovani che possono potenzialmente spingere il “nuovo inizio” italiano. Diffondendo e praticando i valori di Guido Carli: etica, meritocrazia, competenza. E, soprattutto, impegno sociale. Facciamolo tutti insieme. Il resto verrà da sé.



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