Nel Vangelo di Luca, nella traduzione originale della frase pronunciata da Gesù nell’ultima cena e recitata durante la liturgia, in cui si dice “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”, la parola sacrificio non c’è, afferma lo psicologo Massimo Recalcati nel suo libro “Contro il sacrificio. Al di là del fantasma sacrificale” (Raffaello Cortina Editore). “Questo è il mio corpo, dato per voi”, è la versione corretta propugnata dallo psicologo. Il problema di Gesù, afferma infatti Recalcati, non è vivere nel sacrificio ma liberare l’uomo “dall’ombra triste del sacrificio”. Fatto che sfugge a Nietzsche nella sua fervente critica della morale cristiana, espressa in testi ben noti come “Genealogia della morale” o “Così parlo Zarathustra”.
Questo perché il problema di Gesù è quello di portare a compimento la legge, non di opporvisi, spiega Recalcati: “Non sono venuto ad abolire la legge ma a darne compimento”, si legge infatti in Mt 5,17-19. Non la legge come oppressione della libertà quindi, ma come condizione della libertà. Lettura che si separa dal fariseismo, che è “interpretazione piatta e patibolare della legge”, con un’etica fondata sul rispetto del culto, sulla base “delle stesse pratiche rituali che caratterizzano l’Antico testamento”. Gesù infatti porta “la legge oltre la legge”: se la vecchia legge non conosce il perdono, Gesù porta “l’eccezione”, la grazia. Dalla logica dell’equivalenza si passa alla logica della “sovrabbondanza” di cui parla san Paolo, e la legge dell’amore vince sulla legge della giustizia.
Tutto questo viene portato alla luce da Massimo Recalcati nella sua ultima pubblicazione, in cui viene messo in atto un confronto in cui, da una parte, c’è la logica umana del sacrificio, incarnata nel fantasma sacrificale e in quell’economia di scambio descritta da Nietzsche, per la quale ci si sacrifica in attesa di una ricompensa nell’aldilà. Cuore della soggettività nevrotica che lo psicologo afferma di incontrare nella sue sedute, oltre che oggetto indagato dalla riflessione psicologica e psicoanalitica fin dalla sua nascita, in particolare nella sua matrice freudiana, e perno allo stesso modo di una tradizione di “cattolicesimo penitenziale”, aggiunge e sostiene Recalcati, citando l’esperienza monastico penitenziale di san Bernardo di Chiaravalle condannata però in seguito da san Tommaso d’Aquino. E dall’altra quella propriamente evangelica di Gesù, che è appunto “venuto non a opporsi alla Legge ma a portarla a compimento”, e che Recalcati afferma essere presente anche nel fulcro del pensiero di fondamentali figure della psicologia come il francese Jacques Lacan.
Etica di Lacan, spiega lo psicologo, che si condensa nella domanda: “Avete agito in conformità al desiderio che vi abita?”. Il desiderio viene così identificato alla legge, e in questo modo il desiderio freudiano per Recalcati diventa “il voto”, “la vocazione”. La propria via “da non abbandonare”, come dice Lacan, pena il “tradimento”: ovvero la depressione, lo spegnimento, la sofferenza di cui si occupa la psicanalisi. Nella riflessione dello psicologo c’è, ancora meglio, un “dovere” di essere coerente con il proprio desiderio, perché altrimenti la vita non ha senso, e in questo passaggio “l’azione etica si conforma al desiderio che abita l’inconscio”. In una legge che “sostiene il desiderio invece che distruggerlo”.
Centrale è così la vicenda del profeta biblica Giona, svegliato dalla voce di Dio che gli dice “Alzati!”, oppure anche “Talità Kum!”, e il cui dramma sta nel fatto che questa voce non lo lascia dormire. Ancor più fondamentale è la scena del sacrificio di Isacco, dove il “disarmo assoluto” di Abramo, che rispondendo alla chiamata di Dio ottiene la sospensione dell’obbligo del sacrificio, lo pone “al di là del fantasma sacrificale”. Quest’ultimo, il fantasma sacrificale, concetto centrale della riflessione di Recalcati, è uno strumento morale che “fin dall’origine della storia dell’Occidente” vive nella forma di regolatore dell’inconscio. Esprimendo però una sorta di rapporto “masochistico” nei confronti del peso della libertà, e della sua vertigine, come la descriveva Kierkegaard, nel momento in cui la si rifiuta, scegliendo le “catene” del sacrificio. Nella psicanalisi, tutto questo corrisponde al super-Io di cui parla Freud: “aberrazione e deformazione della legge”, “rappresentazione super-egoica”, “pura oppressione della vita” e tiranno della personalità nevrotica, lo definisce lo scrittore. Carattere di un dio che non è misericordia ma “sguardo severo” e “voce feroce”.
Oggi, spiega Recalcati, tutto questo ritorna in auge nel terrorismo di matrice fondamentalista, asservito a un dio folle che esige lo sterminio degli infedeli. O attraverso la regola del “godimento illimitato” a cui si assiste nel nostro tempo, anch’essa paradossalmente fondata su questo stesso fantasma, dove la dimensione “neo-libertina” del super-Io impone il godimento come alternativa al dovere, in una logica parricida. Ma è anche lo stesso fantasma che si presentava ieri al cospetto delle masse totalitarie, dove lo spirito di sacrificio cementava l’identificazione nella causa con la maiuscola, vedi il nazismo di Hitler, in opposizione all’istinto di autoconservazione della famiglia, realizzato in nome dell’utile, tipico della figura associata all’ebreo. Dopo la morte di Dio proclamata da Nietzsche, ecco perciò come al “nulla che è a fondamento della nostra libertà”, di una libertà senza Dio, si finisce per adorare “l’ombra di Dio”, spiega ancora Recalcati. Che “può assumere le spoglie dell’ideologia che afferma una verità assoluta, del culto scientista dell’oggettività dei fatti, dell’infatuazione narcisista per il proprio Io, del nazionalismo fanatico”.
Questo fantasma del sacrificio, che si incontra nell’esperienza psicanalitica, ha quindi a che fare con un orizzonte che si restringe e che “scatena l’ira di Gesù” verso il venire meno della natura “generativa” e “affermativa” della vita e del talento, per fare spazio a una vita “malata”, prosegue lo psicologo. La legge, in quanto tale, salva il soggetto dal sacrificio, perché senza di essa non si accede alla civiltà. Se la parola, il Logos, è infatti il “luogo dell’umanizzazione della legge”, la legge del super-Io è la sua “disumanizzazione”. E se la legge non sa ospitare la grazia, scrive Recalcati, “non può essere considerata umana”. È l’assassino di Dio di cui parla Nietzsche: una legge che non contempla assoluzione, redenzione e salvezza, e che si radica nel terreno della pulsione di morte concepito da Freud. Che non conosce alleanza col desiderio ma che “lotta contro di esso”, che “non è l’erede ma la distruttrice della parola del Padre”. Mentre già il filosofo Jacques Derrida spiegava che la nozione di responsabilità trova la sua istituzione solo nel cristianesimo, proprio nel dramma di Abramo e di Isacco, nel suo passaggio dalla generalità alla singolarità. In Gesù che si fa agnello sacrificale “non per incarnare il fantasma ma per liberare l’uomo dal peso del sacrificio”.
Vivere nel sacrificio è infatti, dice Recalcati, la malattia del nevrotico che si manifesta in molteplici forme, per quanto di per sé sembri una contraddizione in termini: “dall’ozio al lamento, dall’aggressività all’iperattività, sacrificando sempre la realizzazione del proprio desiderio per far viver l’altro”. Il lavoro dell’analista è invece proprio quello di “disarticolare il fantasma sacrificale per porre il paziente di fronte alla verità del suo desiderio e alla responsabilità di fronte a esso”. Passaggio che obbliga a ripensare la legge del padre “in alleanza” con il desiderio, liberata dall’ombra oppressiva del super-Io. Qui Recalcati arriva a un punto centrale, o meglio, a “una fitta serie di domande che non possiamo evitare”: “Come posso assumere una forza che mi supera? Come posso decifrare correttamente la legge del mio desiderio? Come posso abitare il desiderio che a sua volta mi abita?”. E ancora, in chiave prettamente psicanalitica: “Siamo responsabili dei nostri sogni, come si chiede Freud? Di un desiderio che mi abita ma che allo stesso tempo mi trascende e mi supera?”.
In conclusione, per Recalcati la legge “non è castrazione ma esposizione alla potenza del proprio desiderio”, che pone l’uomo davanti alla propria scelta, “conscio della propria mancanza”, e in cui il regno escatologico di Dio che viene è sempre “evento” in atto. È “l’ultima ora che è giunta”, in cui “decidere adesso se vivere con lui o contro di lui”. “Radice ultima dell’obbedienza che ci insegna la predicazione cristiana”, scrive ancora Recalcati: “Fedeltà alla chiamata della parola che è chiamata della trascendenza interna del nostro desiderio”, nel “bene generativo capace di lievitare e dare frutti”, e in cui “il giusto è colui che sa essere fedele alla legge del suo desiderio”. Passaggio, chiosa Recalcati, di “massima convergenza” tra psicoanalisi ed etica cristiana.
Perché Gesù parla di una legge, che lo psicologo riconosce essere la stessa di Lacan, dominata “non dalla morte ma dalla vita”, “non morale ma extramorale”, “non repressiva ma generativa”. Resta però, infine, la croce: “simbolo più alto del sacrificio”, come storicamente indicato dalla tradizione cattolica particolare dell’Imitatio Christi, e “apoteosi della cultura colpevolizzante”, affonda lo psicologo, oppure “momento estremo” di questo passaggio “al di là del fantasma sacrificale”, cioè dell’abbandono del sacrificio? “La legge dell’amore è nuova forma della legge, di dono totale verso l’altro”, conclude Recalcati. E la salvezza “risiede nella potenza del desiderio” che “allarga gli orizzonti della vita”, nell’incontro con l’alterità che è anzitutto “quella ignota che ci abita”, “forza in grado di moltiplicare i pani e i pesci dando forma nuova al desiderio”, perché “per chi ha fede tutto è possibile”. Ai teologi l’ultima parola.