C’è un’amara constatazione che, nell’approssimarsi della Giornata della Memoria, si è costretti a fare. Gli anticorpi antinazisti sembrano perdere di vigore, mentre nelle viscere della società, specie nei segmenti sociali più bassi e poveri, le spinte e le simpatie verso quest’ideologia ampliano la propria capacità di presa.
Negli anni Cinquanta del secolo scorso il filosofo tedesco di origine ebraica Theodor W. Adorno (costretto ad abbandonare la Germania con l’arrivo al potere di Adolf Hitler) scriveva, con angosciata forza: “Il nazismo vive ancora”. Per lui la minaccia non era quella del ritorno del fascismo contro la democrazia, ma, piuttosto, quella della sopravvivenza del fascismo nella democrazia.
Un monito che ritorna tristemente attuale e reale oggi, non solo e non tanto per i fatti di cronaca, quanto e soprattutto per l’emergere, nell’opinione pubblica italiana, di forme di giustificazionismo e d’indulgenza verso le espressioni neo-nazi. Il 65% degli italiani ritiene importante combattere il ritorno delle ideologie naziste e fasciste, ma il 27% del Paese lo ritiene poco e per nulla importante (e a questa quota si aggiunge il restante 8% che non ha una propria opinione sul tema).
Tra i giovanissimi under 24 anni, il ripudio dell’ideologia neonazista è decisamente forte e coinvolge il 78% dei ragazzi. Situazione leggermente differente tra i 25-34enni, in cui il dato di repulsione coinvolge circa il 60% dei giovani. Il quadro più inquietante, tuttavia, giunge dai segmenti sociali. I soggetti più attratti dalle pulsioni neonaziste o neofasciste si rintracciamo tra i ceti poveri del nostro Paese: il 55% si colloca su posizioni indulgenti e contrarie a combattere le ideologie naziste e fasciste.
Molto minore è, complessivamente, l’accettabilità e l’accondiscendenza verso le azioni o i raid neonazisti: il 75% degli italiani si schiera per una repressione immediata. I settori più indulgenti verso le azioni neonazi sono i giovani tra i 25 e i 34 anni e i segmenti sociali più disagiati. Quest’ultimo dato conferma la netta separazione di classe esistente di fronte al revanscismo neonazista. Il ceto medio è, maggiormente, schierato per la repressione di qualunque raid di stampo nazista, con 77% di favorevoli, il 18% di contrari e il 5% che si dichiara indifferente. Il quadro cambia tra i ceti più poveri con il 36% di favorevoli alla repressione e il 24% di contrari e il 40% di indifferenti.
Nell’ordinamento giuridico italiano l’apologia del fascismo è un reato (art. 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645 contenente “Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”). Tra gli italiani la punibilità di quanti magnificano tali ideologie è piuttosto fredda. Il 60% delle persone è favorevole a colpire chi inneggia al fascismo e il 68% è concorde nel chiedere di perseguire quanti celebrano il nazismo. A fronte di questa maggioranza, nel Paese è presente una folta minoranza di persone che non concorda con le ipotesi repressive delle opinioni fasciste o naziste. Il 31% dell’opinione pubblica, con in testa i ceti più poveri (39%), avversa qualunque idea di impedimento dell’espressione delle idee neofasciste. Un po’ differente è la sensibilità sull’apologia del nazismo. I contrari alla repressione, di quanti inneggiano a Hitler e alle sue idee, scendono al 23%. Tra i trentenni la contrarietà alla repressione sale leggermente (25%), mentre vola più in alto tra i segmenti più poveri della popolazione (37%). Complessivamente il 51% degli italiani ritiene il neo-nazismo un reale pericolo per il nostro Paese e il 43% afferma di provare paura di fronte alle espressioni neonaziste.
La Giornata della Memoria, per non dimenticare mai la barbarie, il crimine contro l’umanità, che sono stati i campi di concentramento nazisti, è anche l’occasione per riflettere sull’Italia di oggi. Sul fatto che nella nostra società, specie nei segmenti sociali economicamente più disagiati, le spinte, le pulsioni, i vagheggiamenti neonazisti sono tutt’altro che spenti e che il monito di Theodor W. Adorno è quantomai attuale.