Le proteste in Iran mettono in evidenza un paradosso: il Paese vive un momento di crescita economica, in termini macroeconomici, ma le tasche degli iraniani soffre non poco. Il Pil cresce, l’inflazione scende, ma il costo della vita soffoca così tanto le famiglie al punto di farle scendere di nuovo per strada. E poco importa se si rischia la pena di morte.
Come ha spiegato Ahmed Rafat, giornalista iraniano, in una conversazione con Francesco Bechis pubblicata su Formiche.net, sicuramente le manifestazioni sono iniziate per il carovita. Ma non bisogna dimenticare che “sono nate a Mashad, la più santa delle città iraniane, dove il governo non ha potere, sono i religiosi a governare, tanto che è considerata alla stregua di una repubblica autonoma”. Anche se dietro ci sono sicuramente motivazioni anche di carattere politico, ideologico e religioso, il fattore economico c’è e ha un peso significativo.
Da quando il presidente Hasan Rohani è arrivato al potere nel 2013, la situazione economica dell’Iran è cambiata. Con la firma dell’accordo nucleare, lo Stato ha avuto accesso a un fondo che era bloccato nelle banche all’estero ed è riuscito a ricollocarsi nel mercato petroliero internazionale. L’inflazione è scesa dal 40% a meno del 10% e il Pil è cresciuto del 12,5%.
Secondo Rana Rahimpour, editor della BBC Persiana, a scatenare la protesta è stata forse una misura molto terrena: l’aumento del 40% del prezzo delle uova. “Il fatto che le protesta sono nate dal basso le rende molto imprevedibili – spiega Rahimpour -. Non c’è un leader chiaro. Le manifestazioni sono alimentate dall’inflazione, la disoccupazione e la corruzione dell’élite politica”.
IL FLAGELLO DELLA DISOCCUPAZIONE
Il Pil del Paese è cresciuto grazie alle esportazioni petrolifere e ancora non si riflette in più posti di lavoro. Secondo il ministro degli Interni iraniano, Abdolreza Rahmani Fazli, in alcune zone del Paese l’indice di disoccupazione supera il 60%. La media ufficiale della disoccupazione è del 12%, ma nel caso della disoccupazione giovanile arriva al 29%. La promessa di Rohani di migliorare le condizioni economiche degli iraniani è stata vincente nelle elezioni a maggio del 2017, ma ancora non è stata compiuta. Il governo si è concentrato nella riduzione della spesa pubblica e l’inflazione e poco in materia di lavoro.
L’AUMENTO DEI PREZZI
Nonostante la riduzione dell’indice d’inflazione, i prezzi di molti prodotti di prima necessità, soprattutto alimentari, hanno provocato lo scontento popolare. Oltre all’aumento del 40% del prezzo delle uova e del pollo, è aumentato del 50% il prezzo della benzina, con il conseguente rincaro su altri prodotti. Il motivo: la fine di politiche di sussidio e la svalutazione della moneta iraniana.
LA CRISI DELLE BANCHE
Anche la crisi delle banche sta colpendo i conti dello Stato iraniano. Durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad sono nate molte istituzioni bancarie senza l’autorizzazione della Banca Centrale dell’Iran. Sono diventate concorrenti delle banche autorizzate con interessi molto alti (fino al 30%). Negli ultimi anni molte di queste istituzioni sono fallite, sfumando il denaro dei risparmiatori, per cui anche loro sono scesi in piazza per protestare contro il governo e la negligenza finanziaria, secondo l’agenzia France Presse.
Secondo la Banca Centrale dell’Iran, nel 2013 le istituzioni bancarie irregolari gestivano il 25% de denaro degli iraniani. Nel 2016, 12 banche sono fallite e non hanno potuto ridare i soldi ai risparmiatori. Una delle più grandi banche era la Fereshtegan, con 450mila clienti, molto operativa nella regione della città Mashad, dove sono nate le proteste.
LA CORRUZIONE IN POLITICA
In Iran lo stipendio minimo è di circa 170 euro, mentre alcuni membri del governo sono pagati circa 3mila euro. Negli ultimi mesi, movimenti oppositori al governo hanno pubblicato online diverse critiche su nomine del governo, retribuzioni, banche e malversazioni di fondi di pensione. Il caso della banca Sarmayeh scatenò particolare scandalo.
Gli effetti delle proteste in Iran sono ancora da vedere. Un report di Stratfor sostiene che il fatto che molti manifestanti protestano contro l’appoggio iraniano a organizzazioni straniere, e chiedono riforme nella politica estera di Rohani, dimostra che potrebbero esserci conseguenze a livello interno.