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Per una nazione fintech-friendly

Di Sebastiano Barbanti
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Il fintech avanza e cresce ogni giorno che passa. Da manifestazione sporadica ormai è divenuto un fenomeno di massa che pervade l’operatività dell’intero mondo finanziario. In Italia, prima la Consob, poi Abi e Bankit, quindi il Parlamento (con l’avvio di un’indagine conoscitiva) e il governo (con l’istituzione di un tavolo di lavoro) hanno inserito nella loro agenda il tema del fintech. D’altronde, l’importanza di tale fenomeno si comprende, tra l’altro, scorrendo il primo rapporto dell’Osservatorio digitalfinance della School of management del Politecnico di Milano, nel quale si rileva che, negli ultimi sei anni, sono nate (a livello internazionale) più di 750 nuove aziende fintech che hanno raccolto ben 26,5 miliardi di dollari di finanziamenti.

A questo si aggiungono gli sviluppi interessanti provenienti dalla Cina, dove colossi tech come Alibaba e Tencent gestiscono grandi volumi di pagamento e Alipay, che conta 400 milioni di clienti. Preoccupazione invece viene espressa dai player bancari tradizionali: l’88% dei soggetti che ha partecipato a una survey di Pricewaterhouse ritiene che le società fintech possano rappresentare una sorta di minaccia in grado di erodere i propri ricavi fino a una quota del 24%.

Eppure, la percezione in merito a una possibile direttrice di sviluppo del settore da parte degli esperti è che tra banche tradizionali e fintech la strada della collaborazione sia inevitabile poiché l’una ha quello di cui ha bisogno l’altra e viceversa: le fintech hanno bisogno di clientela, reputazione, capitale; le banche di semplicità, velocità, innovazione. Tuttavia, nuovi paradigmi, mercati e canali necessitano di adeguate normative, non solo al fine di garantire la pacifica convivenza tra operatori tradizionali e start up, ma anche per la tutela dei risparmiatori, l’efficienza e l’economicità dei servizi finanziari a favore degli utenti, l’inclusione finanziaria, l’attrazione di capitali esteri, lo sviluppo di nuove opportunità imprenditoriali e, quindi, nuova occupazione, la leadership dell’Italia.

In questo percorso, la politica gioca un ruolo decisivo: una visione chiara del governo e del Parlamento porrebbe le basi per la creazione di un progetto per rendere l’Italia una nazione fintech-friendly e un coordinamento tra istituzioni, regolatori, imprese e università favorirebbe lo sviluppo di una leadership accademica e tecnologica, incoraggiando il settore privato a investire nel fintech italiano. Seguendo l’esempio di altre nazioni, è imprescindibile l’istituzione di una sandbox regolamentare in cui le aziende possano, per un periodo di tempo e con un impatto limitato sul mercato, testare il proprio business, usufruendo di semplificazioni burocratiche e normative e di requisiti autorizzativi e di vigilanza fortemente improntati sul principio di proporzionalità.

Inoltre, il supporto alle aziende deve concretizzarsi in un dialogo costante e rapido con i regolatori, i finanziatori e i fornitori di servizi, oltre che con altre aziende con cui potrebbero nascere interessanti partnership. Ciò necessita di un luogo fisico di lavoro e incontro, una Fintechtower che possa agire in sinergia con gli incubatori e gli acceleratori di impresa pubblici e privati, fornendo alle start up uno spazio in cui il delicato inserimento nel mercato venga gestito in maniera facilitata e supervisionata, incrementandone così le possibilità di successo.

La Fintechtower prevede al suo interno servizi di facility management, servizi per le aziende e tutte le sedi distaccate di regolatori, autorità e istituzioni, oltre che un pool di professionisti e consulenti a supporto delle start up fintech. Fondamentale per lo sviluppo della Tower è poter garantire alle aziende la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali: la creazione di una zona franca urbana fintech nella Tower, richiamandosi alla normativa vigente, consentirebbe di adempiere allo scopo e rispettare le rigide normative europee in tema di aiuti di Stato.

Per ottenere e mantenere un ruolo di leadership per l’Italia, sarà imprescindibile la scansione dell’orizzonte per anticipare, monitorare e gestire i rischi, le opportunità e le minacce emergenti nel fintech. Il progetto Italia fintech-friendly necessita, quindi, di una task force fintech di coordinamento con compiti di studio, ricerca e analisi costituita da rappresentanti delle istituzioni e delle autorità nella prima fase di lancio. È inoltre fondamentale l’individuazione di un referente fintech che rappresenti il promotore del fintech italiano e della costituzione, tra le altre cose, di una Innovationacademy composta da esperti, autorità competenti e organizzazioni dei consumatori al fine di condividere le pratiche e discutere i problemi regolamentari e di vigilanza.

Il treno del fintech sta passando ora: sta a noi decidere se salirci sopra da protagonisti oppure vederlo passare, condannando il nostro sistema bancario e finanziario a un’incerta lotta per la sopravvivenza e senza intercettare un’importante direttrice di sviluppo per l’intera nazione.


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