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Sell American. Ecco il piano della Casa Bianca per sostenere l’export militare made in Usa

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Donald Trump ha un piano per sostenere l’export della difesa americano, affidando a diplomatici e a attaché un ruolo maggiore nel supportare le vendite militari. L’indiscrezione arriva da Reuters, che cita fonti senior dell’amministrazione che preferiscono però restare anonime. Si tratterebbe di una rivisitazione complessiva delle regole per le esportazioni del comparto, un approccio “whole of government” che ri-orienterebbe il processo decisionale focalizzandolo sui benefici economici per i produttori americani, a scapito dell’attenzione al rispetto dei diritti umani degli acquirenti che verrebbe così ridotta (senza però scomparire, promettono le stesse fonti).

IL RUOLO DEI DIPLOMATICI

Punto centrale della nuova strategia, che dovrebbe essere lanciata già a febbraio, è il maggior coinvolgimento dei diplomatici, ai quali verrà richiesto un ruolo più proattivo nelle trattative sulle vendite di armamenti a sostegno dell’industria Usa. Nonostante sia ancora poco chiaro quali saranno le direttive di tale approccio, l’obiettivo sembra essere quello di permettere ai diplomatici di agire in rappresentanza dell’industria, diventanto dei veri e propri venditori di prodotti made in Usa in ogni Paese del mondo. Orientare l’azione dei diplomatici e degli addetti di settore, civili e militari, rientra tra i poteri del presidente. Oggi, i “security assistance officer” stanziati nelle ambasciate americane svolgono ruoli di supporto alla gestione degli aiuti militari statunitensi all’estero, e compiti informativi nei confronti dei governi stranieri in merito all’acquisto di armamenti Usa.

LA MODIFICA DELL’ITAR

Il piano ha però anche una seconda parte, che consiste nella modifica delle norme relative alle esportazioni militari, in particolare del regime Itar (International trafficking in arms regulations), datato 1976 e mai sottoposto a una generale revisione. Pensato per il confronto bipolare, l’Itar pone vincoli importanti all’export militare, richiedendo il severo controllo del dipartimento alla Difesa e basandosi su un rigido schema di nemici/amici. Chiaramente, considerando la logica da businessman adottata da Trump nei rapporti internazionali, tale schema non può essere valido. Non esistono amici e nemici ma solo competitor e potenziali partner; e non è detto che il competitor di oggi non possa essere il partner di domani (e viceversa).

UNA STRATEGIA ANTI-CINESE

Eppure, un competitor è più evidente di altri, abbondantemente riconosciuto nella Strategia di sicurezza nazionale (Nss) presentata da Trump prima di Natale, quale principale avversario “revisionista”: la Cina. Pechino, da tempo particolarmente attiva nell’export della difesa (soprattutto in Medio Oriente), non si fa problemi in termini di diritti umani, alleanze, e valori condivisi. Il rischio per gli Stati Uniti, notato e riportato dall’industria nazionale, è perdere fette importanti di mercato lasciando campo alla decisa avanzata dei cinesi. Per la stessa ragione, Washington sarebbe a lavoro anche sul fronte internazionale, nel tentativo di modificare alcuni regimi di controllo alle esportazioni per favorire il comparto americano. Prima di Natale, era stata DefenseNews a riportare l’indiscrezione secondo cui sarebbe pronta lo proposta americana per cambiare il Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (Mtcr) e rendere molto più semplici le vendite di droni militari.

DA OBAMA A TRUMP

Nonostante il piano sembri di chiara impronta trumpiana, bisogna riconoscere che già la presidenza Obama cercò di rendere più semplici le procedure per le esportazioni militari, sebbene con un approccio più stringente in tema di controllo della proliferazione. Secondo i dati dell’autorevole Sipri, l’export Usa è cresciuto mantenendo con un trend pressoché costante durante i mandati di Obama, coprendo il 33% di tutte le esportazioni militari mondiali nel periodo 2012-2016 e confermandosi primo esportatore al mondo. Secondo l’Us Defense security cooperation agency, nell’anno fiscale 2017 (che comprende anche i mesi finali del mandato di Obama), le vendite di armamenti hanno raggiunto i 42 miliardi di dollari, contro i 31 dell’anno precedente. L’obiettivo è confermare la crescita.

LE TAPPE DEL PIANO

Secondo le fonti di Reuters, un team congiunto dipartimento di Stato-Pentagono-dipartimento del Commercio (coordinato dal Consiglio di sicurezza nazionale) avrebbe così già redatto una bozza del piano generale, che attende ora la firma di un membro senior del gabinetto prima di arrivare sulla scrivania del presidente. Dopo l’annuncio, ci saranno due mesi di dibattito pubblico durante i quali si dovrebbero conoscere i dettagli. Nel frattempo, la certezza è che l’attuale presidenza americana non ha alcuna attenzione di abbandonare la competizione globale lasciando spazio alle ambizioni cinesi. Anzi, Washington ha pronto un piano che mira a soddisfare l’industria nazionale, rinsaldare i rapporti con i partner e creare posti di lavoro mantenendo fede a quello che per Trump è stato un mantra elettorale. Altro che arretramento; gli Stati Uniti intendono riaffermare la propria leadership globale.



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