Mentre il nuovo imperatore dell’America veniva osannato a Davos dalla potente lobby imprenditoriale che, prima di lui aveva ospitato solo Clinton, l’Italia è scomparsa tra le braccia rassicuranti di Berlino e Parigi che se la contendono per rafforzare la loro asse franco/tedesca in Europa.
Ma a noi, tutto sommato in questo momento di incertezza politica con il trio Mattarella, Padoan e Gentiloni che cercano di tenere la barra dritta, dobbiamo essere grati di questa adozione a distanza. Alla faccia del nazionalismo e del protezionismo, l’integrazione realizzata è un bene prezioso, che ha favorito la crescita della ricchezza oltre, naturalmente, a un periodo di pace sconosciuto nel passato, consapevoli dei problemi aperti ed enormi, ma dobbiamo ricordare che vivere in Europa significa avere la consapevolezza che è la comunità più ricca, libera, sana e longeva del mondo.
Dobbiamo ricordare cosa era, la lira, ovvero una inflazione a due cifre (anche al 21%!) e pagavamo tassi d’interesse altissimi, svalutavamo, rapinando i risparmiatori, recuperavamo competitività per qualche settimana, sedimentando arretratezze tecnologiche e legislative e intanto una parte dell’Italia diventava più povera, rimediando con la spesa pubblica, facendo così crescere il debito assai più della ricchezza; per fare fronte ai costi del debito facevamo crescere la pressione fiscale, che aumenta gli effetti peggiori della recessione.
Abbiamo subìto attacchi speculativi contro la nostra moneta, che sono costati salassi agli italiani. Demenziale pensare a diventare sovranisti abolendo l’euro. La Germania si adeguò alle regole dell’euro, visse fino in fondo la nascita della valuta comune, varando riforme coraggiose e anche dolorose, ma in Italia, si pensò fosse il Paese del bengodi: tassi d’interesse bassi e l’idea che si potesse essere più ricchi lavorando meno, le colpe sono italo-italiane.
Noi abbiamo avuto governanti che reclamavano elasticità per fare regali agli elettori: soldi pubblici, senza nulla in cambio e raccontando che dando più soldi alla gente si riprendono i consumi, ma sono salite solo le tariffe e l’Italia è ancora più povera.
Abbiamo lavorato contro i nostri interessi, perdendo credibilità: sia chiaro che lo spread è cresciuto assai meno di quel che sarebbe successo, senza la provvida e ottima politica della Banca centrale europea, e non può durare. E Draghi lo ha già deciso. La nostra speranza sono i giovani che devono crescere formandosi delle loro idee e studiando la storia, responsabilizzandosi con la realtà che vivono, formando vere e proprie forze di opinione, forze politiche. E noi, più o meno maestri in cattedra, dobbiamo sostenerli.