Apprezzano molto la famiglia, sono piuttosto scettici nei confronti degli altri e abbastanza soddisfatti del proprio lavoro, in particolare le donne. La fotografia scattata dall’Istat sulla soddisfazione degli italiani nel 2017 per la propria condizione di vita conferma in sostanza l’immagine tracciata l’anno precedente. “La sensazione è che siano dati i quali segnalano l’importanza nella vita quotidiana anche di aspetti non economici e la coesistenza di meccanismi di conservazione”, commenta con Formiche.net Mauro Magatti, docente di Sociologia della Globalizzazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “La nostra – spiega – è una società che non ha tanto il senso del futuro e lo si vede proprio dal rapporto con la famiglia che ha un doppio volto: quella di appartenenza e quella che costituiamo. La prima ha un ruolo di protezione e talvolta addirittura di conservazione, ha una funzione di stabilità, di rassicurazione, di costruzione dell’identità personale mentre quella che si costruisce, in diverse forme, è indicatore di spinta verso il futuro. Elemento che mi pare oggi manchi”.
Neppure la sfiducia verso gli altri stupisce il sociologo. “Il rapporto con gli altri è da sempre problematico; si tratta di un dato strutturale nel nostro Paese – evidenzia Magatti -. La fiducia nelle società avanzate si coglie quando le istituzioni funzionano e vengono rispettate, quando si ha la sensazione di essere in un contesto in cui si osservano le regole e in Italia tradizionalmente questa fiducia è a un livello basso. Non si tratta di un discorso valido solo oggi”. Il fatto che si confermi – nota l’Istat – come la soddisfazione per la propria vita diminuisca con l’aumentare dell’età porta il docente della Cattolica a un’altra riflessione: “In Italia le fasce anziane tendono a essere più protette di quelle giovani eppure il dato dimostra che gli elementi strutturali delle condizioni di vita pesano più della condizione economica: nei giovani giocano a favore energie, forze, aspettative di vita”. Se ne deduce quindi che “gli aspetti economici sono importanti ma non esauriscono la nostra condizione”.
L’alto tasso di disoccupazione giovanile non incide sulla sfiducia dei ragazzi? “È probabile che tra i giovani italiani l’assenza del lavoro non sia percepita come una condizione problematica perché la famiglia svolge un ruolo di ammortizzatore sociale. Del resto, sappiamo che tante posizioni lavorative risultano scoperte nonostante l’alto tasso di disoccupazione”.
La buona notizia – una conferma rispetto al 2016 – è che ben il 76,2% degli occupati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro, soprattutto le donne (77%). “Noto un certo dinamismo femminile in ambito professionale, ricordo che la percentuale di donne occupate – mediamente con un livello d’istruzione più alto rispetto agli uomini – è oggi intorno al 50%. Si tratta però – osserva ancora Magatti – di un dinamismo che si colloca in un contesto squilibrato che non le aiuta a conciliare la vita professionale con la creazione di una nuova famiglia. E bisogna porre attenzione su questo tema al più presto per cercare di risolvere questo squilibrio”.