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Verso le elezioni con le proposte su giovani e lavoro dei leader dei partiti

Durante il discorso di fine anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto ai partiti “programmi realistici” e Avvenire ha colto la palla al balzo domandando ai leader dei gruppi che si sfideranno il 4 marzo “proposte concrete” sul rapporto tra giovani e lavoro, uno dei più problematici per la nostra economia e tra i più rischiosi per il futuro del Paese.

Procedendo in rigoroso ordine alfabetico, iniziamo con Renato Brunetta, capogruppo alla Camera di Forza Italia, il quale annuncia che la riforma del mercato del lavoro sarà uno dei punti chiave dei primi cento giorni del governo di FI e del centrodestra “dopo i disastri della sinistra”. Secondo il deputato azzurro occorre più crescita, attraverso investimenti pubblici e privati, e più elasticità dell’occupazione nei confronti della dinamica del Pil da attuare con l’abolizione del Jobs act e con la reintroduzione dei voucher “strumento utile per famiglie, imprese e lavoratori che, se usato in modo intelligente, può supportare un disegno più ampio di buona flessibilità”. Il partito di Silvio Berlusconi punta poi a un ritorno della legge Biagi, “riformata e adeguata ai tempi in cui viviamo”, che fornisca nuovi tipi di contratto per conciliare lavoro ed esigenze personali. Tra questi, Brunetta elenca i contratti a tempo parziale, a progetto, a coppia, di formazione per le neomamme, di inserimento per i disabili.

Luigi Di Maio, candidato premier del Movimento Cinque Stelle, accanto alla crisi occupazionale dei giovani rileva un altro problema centrale ovvero il calo della natalità. Per questo a suo modo di vedere bisogna fornire sostegno economico alle famiglie con uno o più figli e portare la spesa per il welfare familiare dall’attuale 1,5% al 2,5% come accade in Francia. Secondo il leader pentastellato per creare occupazione “di qualità” si devono rilanciare gli investimenti produttivi nei settori più promettenti. Nella fase di transizione, che può durare anche alcuni anni, diventa fondamentale il reddito di cittadinanza, battaglia storica del M5S. Successivamente, arriva il momento per lavorare a un “piano ambizioso”: ridurre il rapporto debito/Pil di 40 punti percentuali nell’arco di due legislature con un “mix intelligente” di investimenti e razionalizzazione della spesa e con l’eliminazione di sprechi e privilegi per ridurre le tasse.

Per Raffaele Fitto, leader di Noi con l’Italia, spesso la politica ha fatto “scelte killer” per le giovani generazioni ma ora occorre invertire la rotta e porta due esempi. A livello pensionistico bisogna mettere in discussione il monopolio dell’Inps, fornendo una maggiore possibilità di scelta su dove destinare i propri contributi e incoraggiando fiscalmente chi punta anche su un trattamento integrativo. Altro elemento portante per facilitare il rapporto giovani-lavoro è quello della detassazione stabile delle nuove assunzioni da attuare grazie al taglio degli sprechi e della spesa pubblica “eccessiva e improduttiva”.

Pietro Grasso, di Liberi e Uguali, non ha dubbi: per ridare dignità e stabilità al lavoro bisogna superare il Jobs Act e aumentare il sistema delle tutele partendo dalla riduzione della disparità di retribuzione tra uomini e donne. Basta casi come quelli verificatisi ad Amazon o a Foodora, puntualizza il presidente del Senato in carica, che hanno rivelato “le condizioni e i ricatti cui sono sottoposti i lavoratori”. Si deve poi mirare a incentivare gli investimenti di medio e lungo periodo delle imprese, favorire la riconversione ecologica delle aziende e mettere in sicurezza il territorio, gli edifici scolastici e la rete idrica

Il capo di Civica Popolare e attuale ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, tiene a sfatare un tabù: chi crea lavoro non è un nemico. Anzi bisogna premiare chi punta sull’innovazione per “rafforzare vecchie e nuove produzioni di eccellenze del made in Italy per esempio nei settori dell’agroalimentare, del manifatturiero, del turismo, del care ovvero dei servizi alla persona. Insomma, bisogna puntare alla crescita mettendo al centro le persone e il loro futuro. Fra le proposte concrete elaborate da Civica Popolare ci sono gli interventi di decontribuzione per i neo-assunti, di tassazione “0” per il salario accessorio e di produttività, di riduzione del cuneo fiscale, e poi l’introduzione del Fattore famiglia, la semplificazione e la riduzione della burocrazia.

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sposta un po’ il piano della discussione: “La priorità assoluta – a suo modo di vedere – resta un vero piano per la natalità”. Un progetto da attuare secondo due linee d’azione: avviare una rivoluzione del welfare che metta la famiglia al centro dello Stato sociale; mettere in cantiere il “più imponente piano di incentivo alla natalità che si sia visto nella storia italiana”. Gli obiettivi concreti che FdI intende raggiungere vanno dagli incentivi alle aziende che assumono donne in età fertile, agli asili nido gratuiti per tutti, all’istituzione del “reddito bimbo” (400 euro al mese per i primi 6 anni di vita che si estendono fino a 18 anni dal secondo figlio), alla deducibilità del lavoro domestico alla progressiva eliminazione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia. Interventi che verrebbero finanziati con un “programma di revisione dell’intero welfare nazionale”.

Il responsabile del programma elettorale del Pd, Tommaso Nannicini, fa una promessa: “Il lavoro sarà la nostra ossessione nella prossima legislatura”. Se è vero infatti che il Paese “è appena uscito da una delle più gravi crisi economiche della sua storia recente e che gli occupati sono amentati di quasi 1 milione dal 2004 a oggi”, adesso bisogna raddoppiare i risultati raggiunti e continuare lungo il percorso avviato. Come? Per esempio aumentando il divario di costo tra lavoro stabile e lavoro temporaneo e completando il Jobs Act con più servizi alla persona. A tal proposito Nannicini spiega che servono servizi personalizzati costruiti intorno a un “conto personale” di attivazione che unifichi strumenti di orientamento, garanzie di reddito e formazione. Il Pd punta poi su un salario minimo legale che combatta i contratti “pirata” e tuteli la funzione di garanzia del contratto nazionale e sul continuare ad attirare gli investimenti e ad accompagnare le imprese.

Il lavoro si crea con la crescita, gli investimenti, la scienza, l’innovazione e con la scuola e l’università che si aprono ad esso secondo Stefano Parisi, leader di Energie per l’Italia. Per far tutto questo si rende necessario tagliare la spesa pubblica, ridurre il deficit e le tasse, creare le condizioni di competitività per le imprese. Senza dimenticare le politiche fiscali per i figli, le famiglie, le donne che lavorano ricordando che per ringiovanire la popolazione serve lo sviluppo. Parisi sottolinea: il Paese vuole che i giovani siano protagonisti e non osservatori annoiati e sfiduciati.

Il rapporto giovani-lavoro sarà uno dei primi “punti d’azione” anche della Lega. Matteo Salvini elenca i suoi obiettivi: riformare il sistema fiscale con una Flat tax al 15% per famiglie e imprese perché “il lavoro cresce se la gente torna a spendere e le aziende tornano a investire”; stabilire una paga minima oraria di 9 euro, al di sotto della quale nessun contratto va considerato legale; garantire il riposo per almeno due domeniche al mese; riformare la scuola e abolire la legge Fornero. Secondo Salvini occorre “ripensare nel complesso la scuola e ripristinare l’accesso a gran parte del mercato del lavoro con le qualifiche di scuola secondaria superiore”.


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