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Così la Cia lavora con Germania (e Italia) per sventare attentati terroristici

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Il terrorismo non si combatte solo sul piano militare. E infatti la sconfitta dello Stato Islamico non può dirsi compiuta nonostante i successi ottenuti sul campo di battaglia. Una parte rilevante della sfida si gioca sul piano dell’intelligence e in una dimensione di stretto collegamento fra le diverse agenzie nazionali. La Cia e gli altri servizi segreti americani giocano un ruolo primario anche per la capacità di dialogare con le omologhe strutture straniere.

E se, non senza polemiche, è stata resa nota la collaborazione con l’agenzia russa Fsb (l’ex Kgb) proprio sul piano del contrasto al terrorismo (l’intelligence Usa aveva dato un contributo decisivo per sventare un attentato a San Pietroburgo), viene ora resa pubblica la notizia della operazione Gallant Phoenix cui, sotto la guida Usa, ha partecipato la Bnd, il servizio esterno tedesco.

Obiettivo della missione è stato contrastare il fenomeno dei foreign fighters, i terroristi dello Stato Islamico che tornano da Siria ed Iraq. Ne ha dato notizia il quotidiano Der Spiegel in un articolo in cui pubblica nuovi dettagli sul lavoro svolto dal centro di comando congiunto delle operazioni speciali Usa in Giordania avente l’obiettivo di scambiare informazioni con i 22 Paesi che partecipano all’operazione. In particolare, le forze americane trasferiscono alle altre intelligence documenti, altri dati, tracce di Dna ed impronte raccolte dalle forze speciali nelle varie roccaforti dello Stato Islamico cadute nei mesi scorsi, con l’obiettivo di poter rintracciare i movimenti ed localizzare i foreign fighters ritornati in Europa o altri Paesi d’origine.

Si stima che siano 950 gli estremisti islamici che sono partiti negli anni scorsi dalla Germania per unirsi allo Stato Islamico. Almeno 145 di questi foreign fighters sono rimasti uccisi in battaglia o in attacchi kamikaze. Mentre sono circa 705 al momento le persone considerate dalle forze di sicurezza tedesca potenziali terroristi, un numero cinque volte maggiore di quello registrato nel 2013. Analoga collaborazione naturalmente esiste con il nostro Paese. Il lavoro dell’intelligence italiana di collegamento e scambio di informazioni con le agenzie straniere, a partire da quelle americane, ha consentito e consente di garantire un significativo monitoraggio della minaccia terroristica costituita dai foreign fighters che sono rientrati o sono di passaggio nel nostro Paese.


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