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Che cos’è il Jobs App

Possiamo dare tante definizioni, questo è il prezzo che dobbiamo pagare per comunicare attraverso i social, strumento certamente interessante, veloce ma non adatto agli approfondimenti. L’ho fatto anch’io, ma credevo di aver dato comunque le indicazioni per comprenderne i contenuti. Perlomeno per comprendere le differenze tra cottimo – forma di retribuzione – ed contratto.

Non adatto alle persone propositive ed educate poiché certamente sul web sono più efficaci gli slogan, insulti e populismi. Cosa significa: “occorre il Job’s App”?

Significa che in Italia, nonostante 4 e più rivoluzioni industriali, nonostante cambiamenti epocali relativi all’organizzazione del lavoro, all’erogazione della prestazione, alla configurazione industriale, nonostante il progresso abbia messo in crisi il sinallagma del contratto di lavoro, nonostante tutto questo non vi è stato un adeguamento normativo che consentisse di mantenere equilibrio tra imprese e lavoratori, tra imprese e mercato del lavoro. Non solo. Ciò che più è mancato è l’incapacità di comprendere nuove attività d’impresa capaci di generare occasioni di lavoro proprio in ragione della copertura di servizi fino ad ora non immaginati. Imprese che se assoggettate alla normativa pensata per il secondo dopoguerra non durerebbero un giorno.

Come si è lavorato nel nostro Paese fino ad oggi? Attraverso provvedimenti straordinari, adattamenti, percorsi giurisprudenziali che non assicurano proprio ciò che vorrebbero i cittadini: la stabilità! Sì, la stabilità però riferita all’impresa, perché è inutile parlare di “contratto di lavoro stabile” se non abbiamo “imprese capaci di immaginare stabilità”. Attraverso il “Job’s App” intendo la creazione di un modello contrattuale di lavoro non certo universale. Un modello diretto unicamente a quella parte di economia – c’è chi la definisce “gig economy” – povera, un’economia i cui margini sono minimi e soprattutto l’impresa si realizza in un sistema completamente “on demand”.

Insomma l’impresa di questa settore è impossibilitata ad immaginare un’occupazione secondo le regole del vecchio impiego, un salario secondo le regole del vecchio sinallagma tempo/retribuzione. Occorre costruire un “contratto” – non il cottimo che, come dicevo e ricordavo, è solo una modalità retributiva – che sia in grado di assicurare i diritti imprenditoriali e lavorativi. Il “Job’s App” si differenzia anche a livello sociologico, poiché è riferito ad attività, lavori che non rappresentano quel “lavoro in grado di rendere il cittadino in grado di avere un’esistenza libera e dignitosa” (Cfr. Costituzione). Sono lavori che si affiancano nel percorso di vita nel momento in cui si sta facendo altro, magari costruendo il proprio percorso professionale. Oppure è lavoro “ibrido”, accostato ad altro lavoro diverso che magari in quel momento non è in grado di soddisfare le esigenze del momento. Oppure è un lavoro che può consentire l’acquisto di qualcosa che ha il sapore del “straordinario”, non assolutamente necessario (auto – moto – ristrutturazione etc).

Ma al di là di tutto questo, è comunque un “contratto” che deve essere in grado di intercettare un’economia esistente che può fornire occupazione – giovanile o meno non importa – e fornire “servizi” che la Società attuale comunque richiede. Ignorare e/o affossarli non mi pare la soluzione. Quanto descritto è oggettivo ed apartitico, è la volontà di costruire qualcosa, un’idea che non lascia spazio a sfruttamento ed incertezza.

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