Questa mattina il Parlamento europeo, a seguito della votazione favorevole in sede di commissione Industria, Ricerca ed Energia, ha approvato la sua proposta in merito al Regolamento che istituisce il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (Edidp), volto a sostenere la competitività e la capacità d’innovazione dell’industria europea. Sulla proposta presentata dalla Commissione europea a giugno 2017 si era già espresso il Consiglio, approvando la sua proposta a dicembre 2017. L’adozione da parte del Parlamento consente di dare inizio alla procedura dei negoziati interistituzionali per arrivare, entro l’estate, alla definitiva approvazione del Regolamento.
LA POSIZIONE ITALIANA
In Italia, l’evoluzione di questa iniziativa, inserita nel framework più ampio dello European Defence Fund, è stata seguita attraverso il lavoro del Tavolo Tecnico Interministeriale presso l’Ufficio del Consigliere Militare della Presidenza del Consiglio, che ha puntato a far valere interessi e posizioni nazionali in sede europea. Nodi importanti per il nostro Paese sono la definizione degli strumenti finanziari, l’allargamento da due a tre del numero minimo di paesi partecipanti, l’inclusione delle imprese europee controllate da gruppi esteri ma “garantite” dai governi dove operano, nonché il supporto alle Piccole e medie imprese. Rispetto al primo punto, l’Italia ha sostenuto la necessità di utilizzare tutta la strumentazione finanziaria europea anche nel settore della difesa in modo da evitare di sfavorire quegli stati con una minore disponibilità di risorse. In seconda battuta, un altro obiettivo perseguito è stato quello di superare le collaborazioni bilaterali (già oggi presenti in Europa, soprattutto fra Francia e Germania) e prevedere il coinvolgimento di tre Paesi. Un altro forte interesse nazionale ha riguardato la partecipazione al programma di società europee controllate da proprietari non-europei, come recentemente ribadito anche in una lettera dei presidenti di quattro regioni italiane – Piemonte, Liguria, Lombardia e Lazio – e indirizzata al Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani e ai parlamentari europei italiani, nonché al Presidente del Consiglio e ai ministri competenti. Infine, per quanto riguarda le Pmi, l’Italia ha sostenuto la necessità di fissare una quota adeguata del finanziamento complessivo da riservare alle piccole medie imprese oltre che prevedere per loro anche un certo numero di programmi che siano alla portata delle Pmi, nonché di loro interesse, in modo da incoraggiarne la collaborazione diretta a livello europeo.
IL TESTO APPROVATO OGGI DAL PARLAMENTO
Rispetto a quanto concordato in sede di Consiglio, la proposta di regolamento approvata dal Parlamento europeo appare un po’ più rigida e restrittiva, soprattutto rispetto alla possibilità per aziende del settore difesa di proprietà non europea di poter partecipare al programma. Al riguardo, l’emendamento approvato in sede parlamentare risulta ambiguo, introducendo una formula che di fatto porta ad escludere quelle società europee che siano controllate da stati o entità terze, a meno che non possano rispettare alcuni parametri che, di fatto, presenteranno serie difficoltà nell’essere verificate. Il problema, in questi casi, è che solo i governi degli Stati membri dove operano possono “certificare” che l’impresa possa partecipare ad un programma europeo senza rischiare né di danneggiarlo, né di favorire ogni indesiderato trasferimento tecnologico verso il gruppo industriale che la controlla. Non essendoci ancora un sistema europeo che controlli gli investimenti esteri nelle aziende strategiche europee, l’Unione si trova di fatto impreparata a gestire la problematica. Ma la soluzione non può certo essere quella di escludere una parte importante, a volte fondamentale, della base tecnologica e industriale europea.
In compenso la versione del Parlamento ha introdotto un elemento di maggiore inclusività, aumentando a tre il numero di stati coinvolti in un programma con la presenza di almeno una società in ciascuno. Questo risultato premia l’approccio italiano che, invece, a livello di Consiglio era rimasto minoritario. Invece, per quanto attiene a Pmi e finanziamenti la versione votata dall’Itre non si discosta molto dal testo votato dal Consiglio ed è sostanzialmente in linea con quella che è la visione italiana.
I PROSSIMI PASSI ISTITUZIONALI
A seguito dell’approvazione della proposta di regolamento da parte della commissione Itre del Parlamento europeo, il testo ha ricevuto anche luce verde per entrare direttamente nella fase di negoziati interistituzionali, ovverosia riunioni informali di “trilogo”, tra rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione. Lo scopo di queste riunioni informali sarà quello di esaminare le varie proposte di regolamento e raggiungere un compromesso su un pacchetto di emendamenti che sia accettabile sia per il Consiglio che per il Parlamento. Si tratta sostanzialmente di negoziati politici, anche se è prevista la possibilità che possano essere preceduti da incontri tecnici preparatori con esperti delle tre istituzioni. La Commissione in questa fase è chiamata a svolgere un ruolo di mediazione per facilitare il raggiungimento di un accordo. In questo specifico caso, le questioni più importanti riguarderanno, come detto, la definizione dei criteri di eligibilità, in modo da trovare un compromesso tra la flessibilità introdotta dalla proposta del Consiglio e la maggiore rigidità mantenuta, invece, nella versione approvata oggi dal Parlamento europeo. Una volta raggiunto un accordo, il testo dovrebbe venir adottato attraverso le procedure formali previste da ciascuna delle tre istituzioni entro l’estate, e in seguito si potrebbe procedere con la definizione del Work programme (Wp) dell’Edidp. Ipotizzando che la finalizzazione del Wp avvenga in autunno, con la seguente definizione dei meccanismi finanziari per fine anno, entro il primo quadrimestre 2019 si dovrebbe arrivare alla pubblicazione delle prime calls.