I giovani del ‘99 sono la prima fascia della generazione Z (nati nella seconda metà degli anni Novanta). Le loro caratteristiche rendono i ragazzi di fine secolo abbastanza differenti dai millennials, dai figli della televisione e del disimpegno degli anni Ottanta. Più attenti all’equità e alla giustizia sociale; più comunitari, reticolari, ambientalisti e antisistema dei primi millennials, i neodiciottenni guardano alla politica con un mix di disincanto e rabbia, di voglia di partecipare e scetticismo. Critici verso il Paese, i giovani di oggi si dividono fra quanti ritengono necessario riformarlo dalle fondamenta (60%) e quanti (26%), si collocano su posizioni radicali e contestatarie.
I giovani del ‘99 convivono con il senso d’incertezza ed esprimono una visione corta del futuro. Si sentono forti, grazie alle competenze acquisite, ma sono, al contempo, consci che questo non è sufficiente, che per loro, rispetto ai loro genitori, la strada è in salita. Sanno che la precarizzazione lavorativa ed esistenziale non sarà facile da superare e che dovranno fare i conti con essa per molti anni. I diciottenni di oggi, tuttavia, guardano con una certa serenità alla società 4.0, alla robotica e ai cambiamenti di modello economico che la quarta rivoluzione industriale comporta. La maggioranza dei giovani di fine secolo (65%) è poco o per niente spaventata di fronte ai mutamenti che si stanno preparando, anche se, per il 72%, l’uso dei robot non dovrà significare più profitti per pochi, ma dovrà rappresentare un’opportunità per tutti, per migliorare la qualità della vita e del lavoro di tutte le persone.
Il profilo personale e valoriale dei nati nel ‘99 è un bricolage complesso, i cui tratti si delineano lungo sei direttrici principali. Il 31% si descrive come persona “precisa e attenta”, mentre il 28% sottolinea il proprio tratto romantico, senza nascondere una certa timidezza. Persona “impegnata e acculturata” si autodefinisce il 27%, mentre il 26% non nasconde il proprio essere pigro. Le ultime due tipologie di giovani si suddividono fra quanti si avvertono come “dinamici e sempre aggiornati” (23%) e quanti pensano solo a gustarsi la vita (22%). I valori di riferimento sono la famiglia (48%), il rispetto (42%), l’onestà (41%), l’amore (41%), la libertà (32%) e il lavoro (29%). Come per tutte le diverse generazioni di giovani che si sono susseguite nel tempo, anche per i ragazzi di fine secolo, è importante avere buoni amici (38%), ma, per loro, è fondamentale anche “essere forti e sicuri di sé” (36%), avere senso del dovere (34%), essere aperti (34%), possedere una cultura (32%) ed essere persone equilibrate che non esagerano (32%).
Nati alla fine del secolo breve, gli under20 di oggi, sono diventati adolescenti negli anni della crisi nera e hanno avvertito il peso delle guerre, del terrorismo e la paura di perdere il lavoro che ha aleggiato e, purtroppo, colpito molte famiglie. Per loro la politica è, certamente, disincanto e rabbia, ma è anche strumento per cambiare lo status quo. Un tratto, quest’ultimo, che differenzia i giovani di fine secolo dai millennials. Per i nati negli anni Ottanta l’attenzione alla politica era marginale e coinvolgeva il 26% delle persone. La percentuale di giovani che, oggi, si appassiona alla politica è considerevolmente superiore e raggiunge il 34% (8 punti percentuali in più rispetto ai nati negli anni Ottanta).
Per completare il quadro descrittivo del profilo dei giovani del ‘99 è utile soffermarsi sul firmamento della fiducia. Una costellazione parca e ristretta, in cui incontriamo, al primo posto, le Forze dell’ordine (69%), seguite dalla magistratura (44%). La Chiesa riveste un ruolo ridotto (39% di fiducia), mentre le stelle più lontane e fredde sono quelle di partiti (9%), sindacati (15%), Confindustria (25%) e banche (26%). Entrando più direttamente nella visione politica che esprimono i giovani del ‘99, ci troviamo di fronte a una deflagrazione post-ideologica dei riferimenti. Un processo che ha generato un interregno politico, in cui l’abbandono dei vecchi ancoraggi non è stato ancora sostituito da nuovi punti di riferimento.
Le identità politiche mixano elementi nuovi con quelli di datata memoria e spesso mutano il senso stesso di alcune appartenenze identitarie. Cosi il clan politico-identitario più numeroso è quello dei progressisti (22%), anche se, come vedremo, non tutti si schierano a sinistra, optando anche per i Cinquestelle. Il secondo clan è quello dei moderati (20%), mentre gli ambientalisti arrivano al 17%. Il quarto clan è quello dei riformisti (16%), mentre il quinto è incarnato dagli anti-casta (13%). Tra i giovani troviamo anche nuclei minori, come antifascisti (11%), apolitici (10%), berlusconiani doc (7%), socialdemocratici (8%) e fascisti (3%).
Il rapporto con il fascismo e il nazismo è, per i neodiciottenni, un tema aperto: per il 61% è prioritario combattere il ritorno di queste ideologie, mentre per il 28% è sbagliato avversarle (la restante quota non si esprime). Di fronte agli episodi neonazisti che hanno costellato il 2017, gli under20 sono piuttosto cauti. Il 45% si esprime per la repressione immediata, mentre la restante parte si suddivide fra chi non ha un’opinione precisa sul tema (12%), tra chi bolla le azioni neo-nazi come semplici ragazzate (9%), tra chi ritiene errato creare facili allarmismi (25%) e fra quanti riconoscono ai neo-nazisti il diritto di esprimere le proprie idee (9%). L’agenda dei temi su cui i giovani del ’99 vorrebbero vedere maggiori cambiamenti sono le politiche per il lavoro (80%), la giustizia (60%), il fisco (58%), la scuola (57%), la classe politica e dirigente (42%).
I flussi di migranti di questi anni hanno inciso sulla visione della società e della solidarietà di parte dei giovani di oggi. Per il 57% dei neodiciottenni, infatti, è giusto mettere al primo posto la difesa degli italiani e per il 48% dire “prima gli italiani” non è una scelta egoistica, ma un’opzione politica da prendere in considerazione. Il profilo dei neoelettori è utile per decodificare le scelte politiche e di voto. I ragazzi e le ragazze che si apprestano, per la prima volta, ad andare alle urne, non hanno le idee chiare. Metà di loro, il 48,8%, è indeciso o pensa di astenersi (la media nazionale degli indecisi è al 36,3%). Il dato mostra quanto sia difficile, per i ragazzi, orientarsi nella politica di oggi, ma anche la difficoltà dei partiti a dialogare con i segmenti giovanili. I diciottenni che hanno già deciso per chi votare (51,2%), sono orientati, soprattutto, verso i partiti antisistema.
Così il 38% dei neodiciottenni potrebbe votare per i pentastellati, mentre il 18,4% potrebbe scegliere la Lega di Matteo Salvini. Per il Partito democratico si schiera il 20,8% dei giovani del ‘99, mentre per Berlusconi simpatizza il 10%. La sinistra di Liberi e Uguali raccoglie il 2%, mentre la destra di Fratelli d’Italia il 2,2%. La partita elettorale è certamente aperta e la sfida, per tutti i partiti, è quella di conquistare il voto di quel 48,8% di indecisi. E… dalle promesse elettorali di questi giorni, non sembra emergere una particolare capacità di dialogo con i giovani.