In Siria le forze che si contendono il terreno sono tante, le armi pure, i combattenti non di meno e le linee divisorie alquanto confuse. Può capitare pertanto qualche scontro a fuoco inavvertito, non voluto, non desiderato, ma che può tornare utile come deterrente in caso di futuri sconfinamenti.
È quanto è accaduto ieri a Khusham, a otto chilometri dalla linea di “de-confliction” nei pressi dell’Eufrate che separa da un lato la zona in cui operano gli americani e i loro alleati curdo-arabi SDF e dall’altra il territorio in cui si muovono le truppe del regime di Bashar al-Assad insieme ai russi e agli iraniani. Zone in cui è facile confondersi, ma soprattutto dove è forte la tentazione di mettere le mani su ciò che l’avversario ha sottratto allo Stato islamico nel periodo in cui le due formazioni hanno combattuto lo stesso nemico, in parallelo e in zone ravvicinate, rispettando quella linea di confine – da una parte dell’Eufrate gli uni, dall’altra gli altri – in onore ad un accordo preso ai massimi livelli.
Ebbene, in uno di questo punti anonimi che sorge a pochi passi dal letto dell’Eufrate si è consumato ieri lo scontro. La coalizione americana ha dovuto bombardare una formazione di truppe del regime che aveva iniziato, secondo gli Usa, “un attacco non provocato”. Si trattava di circa cinquecento uomini, probabilmente tutti siriani (anche se la coalizione “non può fare speculazioni sull’esatta composizione delle forze siriane pro-regime che hanno condotto l’attacco”, per dire che potevano esserci anche miliziani sciiti o iraniani), dotati di una trentina di tank. La dichiarazione della coalizione precisa che “dopo che una ventina o una trentina di colpi di artiglieria e di carro armato sono atterrati a cinquecento metri dal quartier generale dell’ SDF”, quest’ultimo “supportato dalla coalizione ha preso di mira gli aggressori con una combinazione di strike aerei e di artiglieria”. Secondo quanto riferisce un ufficiale americano. “le forze siriane pro-regime manovravano tank T-54 e T-72 con fuoco di artiglieria di appoggio in ciò che appariva come un attacco coordinato contro le Forze Democratiche Siriane”.
Gli americani, dunque, non avrebbero avuto altra scelta che operare “un’azione presa in auto-difesa”. Non si conterebbero morti nel campo americano, ma un ferito tra i membri delle SDF, secondo quanto riferito da Col. Thomas Veale, della Combined Joint Task Force Operation Inherent Resolve. Un centinaio invece i morti tra le fila dei governativi.
Come accade in queste circostanze, gli americani hanno notificato tutto ai russi per tempo attraverso l’hotline predisposta per la circostanza. “Ufficiali della coalizione hanno avvisato gli ufficiali russi della presenza delle truppe SDF a Khusham attraverso la linea di de-confiction prima dell’attacco dei governativi”, si legge in una dichiarazione rilasciata dalla coalizione. “Gli ufficiali della coalizione sono stati in regolare comunicazione con la controparte russa prima, durante e dopo lo sventato attacco dei governativi. Ufficiali russi hanno assicurato ufficiali della coalizione che non avrebbero attaccato le forze della coalizione nelle vicinanze.”
Resta da capire cosa intendessero fare i siriani. Secondo un ufficiale americano sentito dalla CNN, la loro intenzione era di impossessarsi di territorio che le SDF hanno liberato a settembre dallo Stato islamico, in una zona particolarmente interessante dal punto di vista petrolifero. “Hanno molto probabilmente tentato di prendere possesso di pozzi petroliferi a Khusham che sono stati una fondamentale fonte di reddito per Daesh dal 2014 al 2017”.
Le spoglie dell’ISIS fanno gola a molti ed è questa una ragione in più per accelerare un processo di pace che consenta di evitare un ulteriore avvitamento della crisi. Chissà se anche di questo Papa Francesco ha parlato con Erdogan.