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La diplomazia di Francesco secondo Elisabetta Belloni, Andrea Riccardi e Monica Maggioni

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“L’Europa è molto più vasta rispetto ai confini geografici che la descrivono, e Papa Francesco ne parla molto, usando tre verbi: integrare, dialogare e generare. Quindi se l’Europa è un processo, possiamo anche dire che non è uno spazio ma un’identità dinamica: ciò che dovrebbe essere nella nostra ottica è allora rivolto al futuro, perché come dice il pontefice il tempo è superiore allo spazio. Bisogna cercare di ricostruire questa identità dinamica”.

È l’analisi scrupolosa e a tutto campo compiuta dal segretario generale del ministero degli Affari Esteri Elisabetta Belloni, presentando l’ultimo libro del direttore de La Civiltà Cattolica Antonio Spadaro “Il nuovo mondo di Francesco. Come il Vaticano sta cambiando la politica globale” presso la sede dell’associazione della Stampa Estera a Roma (qui l’articolo di Formiche.net sul libro di padre Spadaro edito da Marsilio).

L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE BELLONI

Il tema è l’approccio di Papa Francesco alle relazioni internazionali nel mondo globale e lo sguardo che il pontefice offre rispetto alle soluzioni del mondo, degli Stati, della politica. Una lettura, quella del pontefice, che ci parla di incontro verso l’altro, attraverso il dialogo, e soprattutto cercando la verità. “L’incontro è frutto dell’esperienza, e Sant’Ignazio ce ne spiega il valore. L’ultimo secolo dovrebbe poi insegnarci che a salvarci è stato l’internazionalismo cooperativo. Oggi dimentichiamo l’esperienza, e questa esigenza di guardare al futuro, sulla base di un’identità globale irreversibile. Essendo inoltre il dialogo la caratteristica originale del diplomatico, per noi questa è una sfida, rispetto alle competenze talvolta perse ma che dovremmo recuperare a pieno”.

Si potrebbe quindi intendere come una lezione che la Chiesa offre al mondo della diplomazia, attraverso un metodo, tuttavia congenito nella sua stessa natura universale. Nonostante i fuochi di sbarramento che da più parti, anche sul tema della diplomazia, vengono indirizzati al pontefice. “Idealista, populista, rivoluzionario: Spadaro dimostra che queste tesi sono frutto dell’ignoranza, e il libro spiega che Papa Francesco è il leader globale più credibile”, spiega il segretario generale della Farnesina. “L’unico che affronta il vero tema che caratterizza la nostra epoca, la globalizzazione, proponendo un percorso”.

IL PAPA E L’INSEGNAMENTO UTILE AI DIPLOMATICI

I fattori che concorrono a questo ritratto di Bergoglio, tratteggiato dalla diplomatica, sono molteplici. Ce ne sono però due in particolare. “È un gesuita, con un metodo che ti porta a esaminare la realtà e a immergercisi, con tutte le sue sfide e opportunità”. Indicandoci, nel caso odierno, che siamo in una fase di superamento di alcuni dei grandi momenti della storia occidentale, come ad esempio l’illuminismo, o la rivoluzione della tecnoscienza. È poi “un punto di coerenza, che affronta una realtà in evoluzione, perché i gesuiti non scelgono tra Dio e il mondo ma vedono Dio nel mondo. Questo ci dice che se vogliamo fare politica estera dobbiamo sempre affrontare la realtà”.

In cui però le crisi non sono necessariamente un termine negativo: “La parola significa vagliare, investigare, sollecita cioè anche noi a usare il discernimento per avviare processi”. Quella della misericordia è però una logica tanto esigente, full engagement la definisce la diplomatica, quanto aperta, che chiede “flessibilità”, in quanto presuppone un pensiero incompleto. “Che vuol dire che c’è la necessità di aggiungere, di integrare, di arrivare passo per passo verso una completezza che magari non si raggiunge mai. Quindi integrazione è dialogo, che come dice il greco è un percorso che ci porta alla verità. In questo il Papa è credibile non solo nella comunità cattolica e cristiana ma con tutti gli interlocutori”.

IL TEMA DELL’IDENTITÀ E LO SGUARDO AL FUTURO

Come nel caso del conflitto in Siria, dove la Belloni ha sottolineato la richiesta del Papa di non escludere alcun interlocutore, compreso l’Iran, “nell’ottica di un pensiero incompleto ma che pondera la verità, in un processo di costruzione. Che chiede di allargare il concetto di identità, che non è fatta solo di ricordi ma anche di un ottica dinamica protesa al futuro”. E rispetto all’idea che il Papa ha una visione legata solamente alla periferia, la diplomatica non è del tutto d’accordo, anzi sostiene che in realtà Bergoglio con il suo pontificato questo rapporto lo annulla .

“Nel mondo globale qualsiasi angolo da cui si guarda la verità è valido, e può cambiare la percezione della realtà”, spiega. “Il Papa, cominciando a guardare la realtà dalla periferia, sottolinea il fatto che non c’è centro né periferia. E infatti le soluzioni nel contesto della globalizzazione non possono essere individuali: qualsiasi proposta ha ripercussione non solo nello spazio vicino, ma ha effetti nel globale. Così capiamo perché il Papa si impegna sull’ambiente, o sul fatto che un accesso all’energia per tutti è necessario”.

IL PAPA, LA GLOBALIZZAZIONE E I RAPPORTI INTERNAZIONALI

La discussione si colloca perciò in un terreno articolato, multiforme, quello cioè della globalizzazione. Con tutte le questioni che pone, dalle crisi economiche alle migrazioni, dal ruolo della religione fino all’operato della Santa Sede. “La politica di Francesco non è estera ma internazionale, perché nulla è estero alla Chiesa”, spiega infatti lo storico Andrea Riccardi. E ad esempio pregando per la pace, accade che “attraverso una mobilitazione dello spirito si dà una risposta politica a un evento di guerra”. Ma ogni dossier porta con sé una particolarità differente, che richiede una apposita chiave di lettura, e provoca una conseguente risposta da parte di Bergoglio. Come nel caso della Cina, dove “c’è un grande valore simbolico, l’ultima fiamma della guerra fredda ideologica”, dice Riccardi. Mentre “con i nazionalismi il Papa è freddo: vedi la Catalogna, ma anche il caso ucraino”.

Una cosa però è certa, ovvero che “il Papa nei rapporti internazionali vuole rimettere al centro la parola, il logos, ha concluso Riccardi. Il problema allora è che “il messaggio del Papa è diverso da quello che noi media diamo di solito”, ha affermato la giornalista Monica Maggioni: “Non ci troviamo di fronte a una politica internazionale ma a un modo di essere Chiesa nel mondo, che è uno sguardo da cui si origina un metodo”. Perciò “il racconto è quello di tanti frammenti, della volontà di contrapporsi allo spirito dei tempi, degli interessi confliggenti, che vanno ricomposti non in una mediazione diplomatica ma in una ricerca costante del particolare e dell’unico di ogni situazione”.

LA QUESTIONE DEL RUOLO GLOBALE DEL CATTOLICESIMO

Il punto allora è che “la periferia diventa un luogo nel quale capire i codici delle cose”, ha concluso la giornalista. Perché “è la prospettiva di ogni singola storia che ti fa cambiare la percezione del panorama”. Però attenzione alle caricature, è il messaggio che invece sembra emergere dall’intervento conclusivo del gesuita Antonio Spadaro, autore del saggio introduttivo del libro, che precede numerosi interventi di esperti di Chiesa e di giornalisti, raccolti a partire da un incontro di due giorni svoltosi a porte chiuse nella storica sede dei gesuiti de La Civiltà Cattolica, a Roma. Perché “non è per niente un pontificato nice, simpatico. Ma al contrario è drammatico, perché spreme gli spiriti, in modo che escano quelli buoni e quelli cattivi”.

Da qui entrano in gioco anche il rapporto con i giornalisti, i favori dell’opinione pubblica, le diffidenze dei politici e le opposizioni nel mondo cattolico o persino clericale. “Stiamo assistendo ad attacchi e appoggi che arrivano da chiunque, cardinali che attaccano il Papa e laici che lo difendono esprimendosi con parole evangeliche. Abbiamo un mondo politico che lo ritiene un nemico pericoloso. Il Papa però non è un uomo politico ma un pastore: quando la Chiesa guarda veramente al Vangelo finisce davvero per cambiare la politica, mentre quando guarda troppo alla politica finisce per disfarsi”. Francesco è proprio in questa logica che si assume la “responsabilità di posizioni nette”, spiega Spadaro. “Parla con tutti ed è molto chiaro in quello che vuole dire. La diplomazia di Francesco è poi strana, potremmo dire poco diplomatica: si sposa con la parresia. E solleva la questione del nuovo ruolo globale del cattolicesimo”.



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