Se un gruppo di persone, un’associazione o un’azienda vogliono far ascoltare una propria istanza al decisore politico, devono passare necessariamente per i partiti? La risposta è no, o meglio ancora, non più. I partiti politici non hanno l’esclusiva sulla rappresentanza degli interessi. Quelli bravi definiscono questa situazione ‘la crisi dei corpi sociali intermedi’. Sembra essersi vaporizzata la rappresentanza non solo dei partiti, ma anche di sindacati, associazioni industriali o commerciali.
È quanto ha sottolineato Fabio Bistoncini, fondatore e direttore generale della società FB & Associati. Lo abbiamo intervistato per la rubrica di Telos A&S Lobby Non Olet, che ospita i punti di vista dei professionisti del mondo del lobbying. “I partiti, pur perdendo una forte capacità aggregativa degli interessi, hanno mantenuto – o hanno cercato di mantenere, insieme ad altri corpi sociali intermedi – il monopolio della rappresentanza. Ed è per questo che la lobby viene vista ancora con un certo sospetto”.
La verità è che i cittadini o le aziende possono rappresentare i propri interessi in autonomia, senza necessariamente attaccarsi sul petto la spilletta di un partito. Il caso delle unioni civili che Bistoncini cita nella sua acuta intervista è emblematico. La legge è stata approvata nel maggio 2016, dopo uno scontro acceso tra gli attivisti cattolici e le associazioni che si battono per i diritti degli omosessuali. Non è escluso però che i componenti dei due schieramenti, nelle urne, votino allo stesso modo. E non è nemmeno escluso che possano essere dalla stessa parte della barricata su altri temi sensibili della nostra società, come ad esempio lo ius soli.
In altre parole, oggi i gruppi sociali si aggregano e si disaggregano a seconda degli argomenti oggetto di discussione e le alleanze sono temporanee, funzionali e tematiche. Sì, perché la lobby è questione di interessi, non di spillette.