Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco all’Assiom-Forex di Verona ha cercato di spiegare agli operatori finanziari italiani che la preparazione della costituzione dei gruppi cooperativi delle Bcc va accelerata, con il pieno sostegno alle future capogruppo da parte delle affiliate con piani industriali che dovranno garantire il rapido raggiungimento degli obiettivi che la riforma si è prefissata.
In sostanza la Banca centrale europea, sta preparando una operazione di test e di controlli che si dovrebbero tenere entro il primo semestre 2018 per un esame mirato alla qualità di crediti delle banche in vista della costituzione dei grandi gruppi destinati ad assorbirli. Dunque per l’Italia la sfida è nell’apertura al mercato dei capitali, robustezza degli assetti di governo societario e di controllo interno, efficienza allocativa e operativa, riduzione dei crediti deteriorati, perché ritardi o resistenze al cambiamento finirebbero con il compromettere il successo della riforma che prevede nella UE una profonda revisione dei modelli di operatività delle banche, in Italia come in tutta Europa, et resta inevitabile.
Gli intermediari devono agire su più fronti per recuperare redditività e capacità competitiva: comprimere ulteriormente i costi realizzando operazioni di aggregazione o iniziative di tipo consortile che consentano di sfruttare sinergie di costo e di ricavo e irrobustendo il comparto tecnologico. Ma vero è che con grande fatica pare che le crisi bancarie siano per ora «sterilizzate», la ripresa economica, seppure non agli stessi livelli degli altri Paesi europei timidamente prosegue, i partiti euroscettici hanno mutato la loro posizione e dalla Commissione d’inchiesta sono arrivate critiche e comunque se non atti d’accusa espliciti. a Banca d’Italia ,con nubi e rischi dal comparto bancario e finanziario non di poco conto.
Il sistema finanziario e bancario italiano è comunque in terapia intensiva dopo avere vissuto l’incubo di una crisi sistemica a causa di Mps e delle banche venete nel 2017 e la montagna di crediti deteriorati. Certo però la vigilanza Bce, stoppata nel suo blitz di imporre tramite l’addendum coperture più elevate, non demorde nella pressione sulla dismissione dei crediti, a fronte di una Banca d’Italia più prudente. E anche il mercato e le agenzie di rating stanno sottolineando la necessità per gli istituti italiani di accelerare o ampliare i programmi di dismissione. Il ritiro graduale del Qe, le voci ricorrenti di un tetto ai titoli di stato e i tassi ancora a zero sono inoltre tutte minacce a bilanci bancari. Filiali e personale sono state pesantemente tagliati in Italia (a volte più che in altri paesi) con risparmi notevoli ma si fatica ancora in molti casi a riorientare il personale sulle nuove figure professionali ora necessarie. La redditività delle maggiori banche italiane è moderatamente migliorata.
Ma una profonda revisione dei modelli di operatività delle banche, in Italia come in tutta Europa, resta inevitabile. Gli intermediari devono agire su più fronti per recuperare redditività e capacità competitiva comprimendo ulteriormente i costi. Non dimentichiamo il recente passato in cui Renzi ha giocato una partita anomala sulle banche. Pur di non dover spiegare al Paese che sulla ricapitalizzazione di Mps sarebbe potuta intervenire una garanzia pubblica, ha dismesso un ottimo manager come Viola, ha consegnato la banca più antica del mondo a Jp Morgan, con parcelle da pagare altissime, ha rinviato i problemi addossandoli tutti al referendum. Senza l’ombrello della Bce chissà che sarebbe successo. Ricordiamoci le difficoltà su credito cooperativo, il fatto che la situazione dei crediti incagliati non sia migliorata nonostante GACS 1 e 2, come l’istituzione del Fondo Atlante 1 e 2. Bisogna mettere in chiaro che le banche non sono “ladre”, ma che dovrebbero svolgere un’attività essenziale di collegamento tra finanza, imprese e cittadini.
E che se ci sono stati errori devono essere puniti, ma che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Anche sul piano finanziario mancano le idee, la capacità di fare un discorso di verità, un progetto politico. Da una parte c’è la narrazione, falsa, in cui “va tutto bene”. Dall’altra una semplificazione che se la prende con Europa, euro, Merkel, immigrati, globalizzazione, banche e presunti poteri forti e che crede si possano risolvere solo con gli anatemi e dicendo no a tutto. E’ necessario che chi governerà il nostro paese elabori una piattaforma politica, possibilmente che possa riunire le energie migliori italiane attraverso la fusione delle migliori risposte liberali e keynesiane nel senso di un vantaggio potenziale della democrazia rispetto alla tecnocrazia ai problemi della modernità