È sempre più stretto il cerchio del presidente del Venezuela, Nicolás Maduro. Dopo le sanzioni degli Stati Uniti e l’Unione europea, arrivano anche i dispetti dei suoi vicini latinoamericani. Nonostante l’invito del Gruppo di Lima di rinviare l’appuntamento elettorale, Maduro va avanti. Il governo venezuelano ha annunciato l’anticipazione delle elezioni presidenziali per il 22 aprile. Al momento, è probita la presentazione dei candidati della coalizione dell’opposizione Mesa de la Unidad Democrática da parte del Consiglio Nazionale Elettorale. I negoziati con l’opposizione a Santo Domingo, Repubblica Dominicana, sono falliti.
LA DICHIARAZIONE DEL GRUPPO DI LIMA
La decisione di nominare Maduro “invitato non gradito” alle riunioni che si svolgeranno a Lima nel mese di aprile è stata annunciata dal presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski, sulla base della dichiarazione del Gruppo di Lima. L’alleanza è composta da 14 Paesi della regione, tra cui Colombia, Brasile, Canada, Argentina, Messico, Perù, Cile, Paraguay, Panama, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Santa Lucia e Guyana.
Secondo il documento firmato dal gruppo, le elezioni convocate dal regime venezuelano per il 22 aprile “mancano di legittimità e credibilità”, già che si svolgeranno in una situazione segnata dall’esistenza di prigionieri politici, leader dell’opposizione inabilitati politicamente e un Consiglio Nazionale Elettorale che opera sotto gli ordini del governo”. Inoltre, milioni di venezuelani sono stati impossibilitati a votare e nel Paese mancano medicine e alimenti.
Intanto, il governo di Maduro ha chiesto l’intervento di Papa Francesco nella mediazione con l’opposizione e ha schierato truppe militari nella frontiera con la Colombia e il Brasile perché – secondo loro – si sta preparando un intervento militare con bombardamenti in Venezuela da parte degli Stati Uniti.
L’ANALISI DELL’ECONOMISTA
Secondo l’economista Ricardo Hausmann, ex ministro della Pianificazione in Venezuela negli anni ’90, ex direttore della Banca Interamericana di Sviluppo, e attualmente presidente del Center for International Development dell’Università di Harvard, la crisi in Venezuela non ha precedenti nella storia dell’America latina e la storia occidentale: “Penso che oltre qualsiasi risultato che si poteva raggiungere nella Repubblica Dominicana, il panorama venezuelano per il 2018 sarà catastrofico. In Venezuela non ci sono gli approvvigionamenti per alimentare 30 milioni di persone. La produzione petrolifera, alla base del sistema economico nazionale, è al collasso”.
IL POST DE IL FATTO QUOTIDIANO
Tuttavia, c’è chi ancora crede nel modello rivoluzionario del chavismo. In un post pubblicato sul sito de Il Fatto Quotidiano, il giurista internazionale Fabio Marcelli scrive con ironia che quella venezuelana è una strana dittatura: “Sembra in effetti lo Stato al mondo con la maggiore densità di appuntamenti elettorali negli ultimi vent’anni. E il prossimo sarà davvero decisivo. Eppure, bizzarramente, i paladini della democrazia che siedono a Washington o Bruxelles, non sono affatto contenti che all’inizio di aprile il popolo venezuelano sia chiamato a decidere chi sarà il presidente del Paese nei prossimi quattro anni. Forse perché sanno che, con ogni probabilità, il prescelto sarà nuovamente Nicolas Maduro Moros”.
Con il solito discorso anti-imperialista e anti-sistema, Marcelli però non parla delle condizioni in cui si svolgerà il processo elettorale venezuelano. “Ho avuto occasione di recarmi in Venezuela l’11 dicembre per le elezioni comunali – scrive il giurista – e ho potuto riscontrare una situazione di tranquilla normalità. Ordine pubblico e pace sociale garantiti. […] Mercati aperti e situazione dell’approvvigionamento migliorata grazie alle misure messe in atto che prevedono una più precisa disciplina per gli operatori economici al fine di evitare le speculazioni”.
Basta leggere i commenti in rete per capire cosa pensano i venezuelani di questa visione alternativa della realtà.