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Maternità, i diritti mancati dall’Italia secondo l’Oms

I nuovi LEA  italiani promulgati  recentemente (livelli di assistenza sanitaria)  sono sotto osservazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità) e posti in fondo alla graduatoria dei servizi offerti per l’assistenza alla maternità. Infatti, i LEA prevedono delle novità ma lasciano ancora insoluti alcuni servizi gratuiti del servizio sanitario, sia per la diagnosi prenatale che per l’anestesia epidurale alle donne che lo chiedono al momento del parto. È sì gratuito per tutte, indipendentemente dall’età, lo screening con bitest e traslucenza nucale e solo in presenza di un risultato sospetto dello screening o di altri fattori di rischio personali, come precedenti gravidanze con anomalie cromosomiche o familiarità per malattie genetiche, si può accedere gratuitamente agli esami invasivi, amnio e villocentesi.

Cambia anche l’offerta relativa alle tre canoniche ecografie di controllo nell’arco dei nove mesi, che diventano due: una da fare entro il primo trimestre per datare la gravidanza; la seconda, la morfologica, da effettuare nel secondo trimestre. La terza ecografia, quella tradizionalmente prevista tra la 30a e la 32a settimana, ora è gratuita solo in presenza di un rischio di patologia materna o fetale. I nuovi LEA prevedono invece un’ecografia gratuita alla 41a settimana, per verificare la quantità di liquido amniotico presente nell’imminenza del parto. Ma questo cambio di passo a detta dei servizi di ginecologia è dovuto sostanzialmente ai tagli che sono apportati agli ambulatori e alla mancanza spesso di strumenti idonei come gli ecografi e soprattutto i medici ginecologi sempre meno numerosi.

Così come la prevenzione alle donne in attesa, dell’abolizione della curva glicemica  prescritta per la diagnosi precoce del diabete gravidico, che ora si è deciso di raccomandare e offrire sulla  base delle evidenze disponibili, ma solo alle donne che presentano particolari condizioni di rischio, come l’obesità o diabete nel corso di precedenti gravidanze. La qualcosa è incredibilmente irresponsabile posto che in Italia sempre più donne partoriscono a mala pena un solo figlio, in tarda età, e che la diagnosi di diabete in gravidanza è una patologia sempre più riscontrata. Ora L’OMS ha pubblicato una raccomandazione per l’applicazione dell’analgesia durante il travaglio (epidurale) e in Italia la pratica molto poco diffusa rispetto ad altri Paesi comporterà un salto e una assunzione di responsabilità  per garantire come recita il Documento OMS, dedicato a come rendere la nascita un’esperienza positiva e dunque anche applicare l’analgesia epidurale e applicare la pratica per le donne sane che chiedono sollievo dal dolore durante il travaglio.

In Italia si applica nel 18% dei parti mentre in Francia nel 75% e in Spagna nel 60% . Spesso capita che l’epidurale non sia disponibile per mancanza del medico e tutto ciò malgrado dai nuovi LEA e dunque dal 2017 sia previsto “che le procedure di controllo del dolore nella fase del travaglio/ parto siano entrate ufficialmente  e che tutte le Regioni devono assicurare”. Le donne italiane hanno diritto a partorire senza il pregiudizio ancora molto radicato che le perseguita strumentalmente, secondo il quale il controllo farmacologico del dolore anestetizza il dolore e compromette il travaglio: la salute è benessere generale e quindi anche assenza di dolore. Così le disuguaglianze aumentano anche per mettere al mondo un figlio: chi può permetterselo si assicura il medico anestesista in ospedale pagando il servizio, chi non ha la disponibilità economica continua a partorire e infelicemente con dolore.



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